Bologna, Italia
Parte del Piano strutturale di Bologna che, tra l'altro, definisce le strategie per la permeabilità ecologica in ambito urbano, in particolare per i fiumi Reno e Savena. Si identifica il paesaggio del fiume come legante di una parte di città discontinua, prevalentemente residenziale, che ha bisogno di identità e di una strutturazione di connessioni trasversali, ciclopedonalii, per relazionarsi alle fasce della Ferrovia e della Tangenziale. La strategia operativa prevede l'acquisizione (o accordi per l’utilizzazione) delle porzioni indispensabili, per le "porte" e la continuità dei percorsi verdi con le reti urbane, una gestione differenziata degli spazi liberi e un impegno a mettere in relazione le diverse situazioni presenti lungo le sponde fluviali: tessuti edilizi, parchi, emergenze storiche e naturalistiche, spazi pubblici attrezzati, recenti opere di mitigazione naturalistica delle strade.
Île de France, Francia
Dossier sulla Senna, con indicazioni integrate rispetto a 4 connotati strategici: componente dell'ecosistema metropolitano, mezzo via di trasporto, asse principale di rinnovamento urbano e di rafforzamento dell'identità locale. Ricco di esempi di pianificazione degli interventi su fiume: la gestione delle zone umide, la riqualificazione dei territori legati all'acqua, il trasporto turistico fluviale, la valorizzazione spondale.
link: www.iau-idf.fr/...
Il problema metodologico della esportazione dei progetti: tra colonialismo per modelli e progettazione ad hoc; Sviluppo di Torino e sviluppo di Valencia: le ragioni per un parallelismo; Una metodologia di indagine sulla morfologia urbana torinese; Un approfondimento: il tema del modello di sviluppo per viali e per piazze; Casi tipo e situazioni nella città attuale
Sino ad ora dello sviluppo della città si è occupata, con alterne fortune, l'urbanistica. Nell'ultimo secolo questa tecnica, che rischia sempre di apparire cugina dell'architettura ha tenuto il tema della forma e dell'aspetto della città in un ruolo secondario, privilegiando la funzionalità delle attrezzature e la gestione dei rapporti giuridici tra territorio e intervento pubblico e privato. Oggi, settant'anni di sviluppo urbano improvviso e prepotente hanno generato la banalizzazione generalizzata degli spazi, la perdita di identità delle periferie (che ormai si spingono fino alle soglie dei centri storici), e anche le ultime iniziative, volte al rinnovo di parti obsolete e degradate della città esistente mostrano la incapacità a rimettere mano e soprattutto a dare un senso alla forma urbana.
L’evidente attenzione che esperti e specialisti delle più diverse discipline nonché, in misura crescente, politici ed operatori sociali e culturali riservano da qualche anno al tema del paesaggio, merita un tentativo di spiegazione. Il fatto che questa problematica rifletta preoccupazioni, attese ed esigenze che si riconoscono di comune e generale interesse, il fatto che il paesaggio non è, non può essere considerato un affare privato di singole accademie od elites culturali o categorie professionali. Il fatto cioé che esista una “questione del paesaggio” che interessa la società contemporanea e che investe l’azione politica, con acutezza e complessità non molto diverse da quelle che hanno caratterizzato da trenta o quarant’anni la “questione urbana”.
Il territorio intorno a Torino offre un paesaggio di transizione, che solo in pochi casi va assumendo quella facies semistabile con cui la grande periferia metropolitana normalmente si distingue, nell'immagine collettiva, sia dalla città che dalla campagna. La tesi che percorre questo contributo è che nella percezione collettiva la "periferia" di Torino non esista come entità autonoma distinta dalla “città” e dalla “campagna”, ma che il rapporto strutturale tra città e campagna, pur in trasformazione e talvolta in dialettica, quasi ovunque permanga nella identità delle sue parti, indipendenti e diverse caso per caso.
Una specifica semiologia del paesaggio può proporsi soltanto partendo da un dato antropologico preciso: l’atto umano generatore di nuovi ordini ecologici e territoriali si associa generalmente alla ricerca, da parte dell’uomo, di imprimere il segno di sè nella natura, di generare effetti semiotici. Ciò comporta una ridefinizione del concetto di paesaggio, che andrebbe inteso come il risultato, colto percettivamente, di un momento autoriflessivo dell’agire umano nella natura, trovando la sua giustificazione nella diversità delle società umane. Così inteso il paesaggio diventa per l’uomo ricerca di sè, atto squisitamente culturale, distinto perciò dall’ agire bruto, non riflessivo, puramente animale.
[Capitolo 4 della mostra Per il paesaggio|For Landscape]
L’indagine sui luoghi, condotta con criteri di ricerca scientifica, di analisi e di successiva sintesi, non basta a riprodurre il quadro informativo e valutativo che si adotta ogni giorno nel senso comune del paesaggio.
Il sentire diffuso fa tesoro di un altro tipo di informazioni, che derivano da relazioni metaforiche, da connessioni semantiche non insite nelle cose ma nello sguardo, nella cultura, nella memoria e nella sensibilità di chi guarda le cose. E certi modi di vedere sono illuminanti: rivelano un fil rouge che tiene insieme e dà un senso complessivo all’intero percorso di esplorazione di un luogo.