L’Appennino, unità olistica che comprende gli appennini locali, è un’immagine con un’identità complessa e multipla, indescrivibile a priori nelle sue generalità ma certamente presente nella nostra geografia personale.
E’ un’immagine indescrivibile astrattamente perché è fatta di una molteplicità di ingredienti, come il piatto di verdure cucinate che nel Mediterraneo si declina tra ratatouille e ciambotta, tra caponata e briami: ingredienti riconoscibili e sempre compresenti, ma in proporzioni e trattamenti diversi a seconda delle tradizioni locali. Così per l’Appennino: ci sono alcuni aspetti e modalità di sguardo presenti comunque e dovunque, ma dosati in misura per ciascuno diversa in base alle sue storie e alle sue competenze (insider o outsider, settentrionale o meridionale, indirizzato alla natura o alla storia, operativo o riflessivo etc.). Così ognuno arriva a una sua propria sintesi di riferimento che configura non solo un’immagine ma anche un peculiare criterio valoriale riferito all’idea di Appennino. E’ un senso che si usa sistematicamente nei giudizi e nelle scelte, anche senza rendersene conto: un senso dell’abitare (e dell’essere) “appenninico” .
Dunque, per esplorare la vision dell’Appennino dobbiamo ascoltare la descrizione di chi se la sente di dire:
IO SONO APPENNINO
Proponiamo quindi di avviare una riflessione sulle sintesi soggettive del senso generale dell’Appennino che ciascuno ha elaborato, per conto proprio, nella sua vita.
Per rendere confrontabili le sintesi ricorriamo ad un modo molto schematico e semplificato, gestibile come un gioco: sulla base di una traccia organizzata come una ricetta si richiedono a ciascuno le personali dosature di ingredienti prestabiliti (salvo aggiunte, sempre benvenute).
D’altra parte ciascuno di questi ingredienti dell’idea generale che abbiamo dell’Appennino, alimenta qualche sfaccettatura della nostra visione strategica della qualità della vita, almeno se siamo tra quelli che vogliono abitare la compresenza (di passato e futuro, di nord e sud, di città e campagna, di comune e di personale,…).
Dunque accreditare una visione multipla e complessa del senso dell’abitare a partire dall’Appennino può diventare un buon modo non solo per rafforzarne il valore, ma anche per dare spazio e luogo a chi cerca una qualità della vita più etica ed estetica di quella che ci passa il normale modello metropolitano.
Il primo campione cui chiedere di giocare è costituito dai partecipanti alla giornata dell’incontro di Treia dedicata all’Appennino: ovviamente son benvenuti tutti gli altri disponibili a compilare il test in agosto.
Partecipa all’indagine compilando il test: quota in % ciascuno dei temi qui sotto proposti
secondo la sua incidenza nella tua vision personale dell’Appennino
1. Una schiena abituata ai carichi |
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2. Il ponte verde tra le città |
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3. La terra del nostro pane quotidiano |
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4. La resilienza che si inventa ogni giorno |
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5. La civildiversità come bene comune |
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6. Piccolo è bello, se è in rete |
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7. Si passa perché c’è chi resta |
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8. Esperienze primarie per la qualità della vita |
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9. Altro: Descrizione |
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Il tuo nome e un tuo motto di sintesi |
100 |
tema |
1 Una schiena abituata ai carichi |
2 Il ponte verde tra le città |
3 La terra del nostro pane quotidiano |
4 La resilienza che si inventa ogni giorno |
5 La civildiversità come bene comune |
6 Piccolo è bello, se è in rete |
7 Si passa perché c’è chi resta |
8 Esperienze primarie per la qualità della vita |
risorsa |
struttura profonda |
riserva di naturalità |
modello di territorio rurale preindustriale |
luogo di equilibri produttivi sostenibili |
terra dei Liberi Comuni e della Resistenza |
reti consolidate nell’uso di servizi e filiere produttive |
insediamento aperto al transito abituale degli altri |
paesaggio del silenzio e dell’arcano |
Indice del racconto |
La spina dorsale della penisola: una tettonica molto antica che si assesta ogni giorno, resistendo all’impatto sismico di placche continentali |
Un sistema quasi naturale in quota che fa sentire i suoi effetti sino al mare e al piano. Il mediatore del global change nel Mediterraneo. |
L’anticittà come modello vitale: un territorio adatto all’integrazione dell’innovazione nei sistemi rurali tradizionali |
Il senso del luogo e della continuità contro gli strappi dell’azienda produttiva autocentrata e sradicabile: si innova per resistere alle crisi e non per una ubris di cambiamento |
Il sentimento partecipato e diffuso di autonomia e di indipendenza. Modelli gestionali del territorio, impliciti, basati su solidarietà locale e sobrietà |
Piccoli poli specializzati (università, centri di ricerca, produzioni innovative) resistenti perché in un territorio storicamente ricco di reti tra i centri |
Abitare sugli incroci impossibili: la transumanza in quota, i passi in valle, in mezzo gli abitanti resilienti anche ai terremoti |
Piaceri dell’anima ormai rari: la solitudine, la vista vasta, i siti e i cammini del sacro, |
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