La gran parte degli europei e molti altri nel resto del mondo oggi abitano rovine, cioè si muovono quotidianamente in contesti segnati da tracce di manufatti storicamente sedimentati, che hanno per lo più perso il loro rapporto con gli utilizzi e i comportamenti originari. Vale questa situazione per chi abita i centri urbani o la gran parte della “campagna urbanizzata” e in genere per chi si muove lungo le strade di maggiore traffico. Gli abitanti contemporanei non sono compiutamente consapevoli dello spessore storico che calpestano e in cui trovano riparo ogni giorno: la figura archetipica dell’abitante le rovine è in larga misura incosciente, l’aspetto tragico sta proprio nella coincidenza tra distanza culturale e prossimità fisica dell’abitante con i segni della “sua” storia sconosciuta.
In quali dinamiche del nostro equilibrio interiore fluisce il rapporto paesistico? Abbiamo provato a sintetizzarle in tre azioni: abitare, esplorare, contemplare. Abbiamo anche ipotizzato che ciascuno possa ottenere l’integrazione del “benessere paesistico” solo soddisfacendo i requisiti di tutte e tre le azioni, in tempi e spazi anche diversi, comunque in un cocktail, anche se le proporzioni fra le tre parti variano a seconda delle biografie culturali e sentimentali e delle situazioni personali. Dunque, ad una valutazione ingenua si direbbe che il paesaggio terapeutico sia quello che reintegra il benessere di ciascuno, alterato e scomposto per la domanda insoddisfatta di paesaggio da abitare, o da esplorare, o da contemplare.
Le indagini sul paesaggio e la pianificazione territoriale; Ipotesi metodologiche per le indagini e il progetto in Valle d'Aosta; Un'applicazione dei paradigmi della semiotica; L'organizzazione geometrica; L'indagine sulla percezione del paesaggio; L'organizzazione segnica; Tipologie delle strutture segniche nel paesaggio alpino; Valutazioni della qualità segnica e delle condizioni del paesaggio; Le unità di paesaggio e il sistema del paesaggio regionale
1. Convergenze - un quadro di riferimento per l’integrazione delle politiche per la conservazione della natura con quelle per la tutela e la valorizzazione del paesaggio. 2. Principi e valori - l’evoluzione del principio di conservazione, dilatato nei suoi significati (la conservazione come luogo dell’innovazione) e nel suo campo d’applicazione. 3. Nuovi paradigmi - I nuovi paradigmi per le “aree naturali protette” proposti dall’Unione Mondiale della Natura. 4. Relazioni e reti - I nuovi paradigmi spostano l’attenzione dagli oggetti alle reti di relazioni dinamiche ed evolutive. 5. Interpretazioni e progetti di territorio - Una nuova idea di territorio che mette al centro il rapporto uomo/natura implica nuove rappresentazioni, e viceversa. 6. Pianificazione e politiche di governo - Il luogo privilegiato per integrare le diverse intenzioni di cambiamento è il progetto di territorio: un progetto collettivo che vada oltre la sommatoria incoerente di singoli atti amministrativi, mettendo in rete le diverse azioni pubbliche e private volte a raggiungere gli obiettivi strategici condivisi e mettendone “in scena” le implicazioni paesistiche.
L’evidente attenzione che esperti e specialisti delle più diverse discipline nonché, in misura crescente, politici ed operatori sociali e culturali riservano da qualche anno al tema del paesaggio, merita un tentativo di spiegazione. Il fatto che questa problematica rifletta preoccupazioni, attese ed esigenze che si riconoscono di comune e generale interesse, il fatto che il paesaggio non è, non può essere considerato un affare privato di singole accademie od elites culturali o categorie professionali. Il fatto cioé che esista una “questione del paesaggio” che interessa la società contemporanea e che investe l’azione politica, con acutezza e complessità non molto diverse da quelle che hanno caratterizzato da trenta o quarant’anni la “questione urbana”.
Se ci si pone nel quadro dei criteri e dei principi della Convenzione europea del paesaggio (CEP) emerge immediatamente la mancanza di paradigmi consolidati di riferimento per ricostruire le distinzioni dei paesaggi, nel merito, cioè nei contenuti di significato attribuito, soprattutto in situazioni come la periferia metropolitana. Questa difficoltà aumenta se si vuole ragionare alla scala d'area vasta, data la notoria dimensione ridotta dei paesaggi identitari per ciascuna comunità, soprattutto dove, come in Italia, il paesaggio è riccamente caratterizzato a livello locale.
Il territorio intorno a Torino offre un paesaggio di transizione, che solo in pochi casi va assumendo quella facies semistabile con cui la grande periferia metropolitana normalmente si distingue, nell'immagine collettiva, sia dalla città che dalla campagna. La tesi che percorre questo contributo è che nella percezione collettiva la "periferia" di Torino non esista come entità autonoma distinta dalla “città” e dalla “campagna”, ma che il rapporto strutturale tra città e campagna, pur in trasformazione e talvolta in dialettica, quasi ovunque permanga nella identità delle sue parti, indipendenti e diverse caso per caso.
Costruire il valore: il paesaggio come risorsa - Quale valore d'uso e quale valore di scambio per il paesaggio - Progettare la valorizzazione del paesaggio? - Quali valori per il progetto di paesaggio? - Sensibilità (o coinvolgimento fisico) - Inerzia (o diacronia) - Sguardo da fuori (o riflessione identitaria) - Stupore (o serendipity) - Dissipazione (o valore della perdita del valore)
Una specifica semiologia del paesaggio può proporsi soltanto partendo da un dato antropologico preciso: l’atto umano generatore di nuovi ordini ecologici e territoriali si associa generalmente alla ricerca, da parte dell’uomo, di imprimere il segno di sè nella natura, di generare effetti semiotici. Ciò comporta una ridefinizione del concetto di paesaggio, che andrebbe inteso come il risultato, colto percettivamente, di un momento autoriflessivo dell’agire umano nella natura, trovando la sua giustificazione nella diversità delle società umane. Così inteso il paesaggio diventa per l’uomo ricerca di sè, atto squisitamente culturale, distinto perciò dall’ agire bruto, non riflessivo, puramente animale.
Dopo essere stati alla ricerca del territorio perfetto come dimostrano, dall'Antichità al Novecento, tutti i lavori sull'utopia, siamo oggi alla ricerca del paesaggio perfetto. L'espressione importante è "far paesaggio" che non è, certamente, recente ma che si è sostituita a quella "far territorio". Perché e come è avvenuta la sostituzione del paesaggio al territorio ? Se la domanda è facile da fare la risposta è un po' meno facile da dare. Ciò che è certo è che non risiede nelle cose stesse ma nella trasformazione di ciò' che crea le cose, il territorio, che non è il paesaggio ma che è all'origine del paesaggio poichè questo è rappresentazione del territorio.