Se ci si pone nel quadro dei criteri e dei principi della Convenzione europea del paesaggio (CEP) emerge immediatamente la mancanza di paradigmi consolidati di riferimento per ricostruire le distinzioni dei paesaggi, nel merito, cioè nei contenuti di significato attribuito, soprattutto in situazioni come la periferia metropolitana. Questa difficoltà aumenta se si vuole ragionare alla scala d'area vasta, data la notoria dimensione ridotta dei paesaggi identitari per ciascuna comunità, soprattutto dove, come in Italia, il paesaggio è riccamente caratterizzato a livello locale.
Quindi per il caso di Corona verde è risultata d'obbligo una impostazione metodologica sperimentale. Si è provata l’applicazione di uno schema interpretativo che tiene conto delle trasformazioni in corso considerandole non come una perturbazione di un assetto archetipico ordinato, ma come un sistema di relazioni contestuali e dinamiche entro il quale l’abitante metropolitano si è abituato ad assumere le proprie informazioni e valutazioni.
Quindi l’indagine è stata mirata a comprendere quali elementi e quali relazioni sono assunti abitualmente come segni delle trasformazioni paesistiche e quindi quali dinamiche più o meno ripetitive vengono riconosciute come base interpretativa dagli “abitanti” (definendo “abitante” chi frequenta i luoghi, anche se con tutte le necessarie distinzioni degli "sguardi" a cui si accenna nel primo paragrafo).
Ovviamente secondo l’ipotesi tale riconoscimento di contenuti (che per comodità chiamiamo “paesaggio vissuto”) non ha carattere scientifico, non si appoggia direttamente su informazioni intorno alla sostanza storica e materiale delle cose che costituiscono il paesaggio e delle loro trasformazioni fisiche. Si tratta invece della rilevazione di una sorta di “competenza paesistica” acquisita attraverso l’esperienza, per cui si riconosce, con un giudizio operativo, l’appartenenza dei vari elementi e delle varie dinamiche trasformative ad un senso del paesaggio strutturato nella identità e nella memoria, di ciascuno e collettiva.
Tale giudizio indiziariamente attribuito agli abitanti, è stato inserito, con i suoi valori, nella complessiva considerazione sull’area. Attraverso un confronto con le risultanze dell’indagine sull’assetto del territorio quale storicamente si è andato configurando (il cosiddetto paesaggio “storico”) e sulle sue specificità ecosistemiche e geomorfologiche (il cosiddetto paesaggio “primario o naturale”), si ottiene un riscontro delle distanze e delle sovrapposizioni tra valori oggettuali e valori soggettivi del paesaggio e se ne possono trarre indirizzi operativi.
Lo Schema direttore è stato redatto sulla base del confronto tra i risultati delle indagini come presentate in questo rapporto, ma al momento di avviare progetti d’ambito la soggettività della percezione del paesaggio, qui solo delineata secondo un paradigma indiziario, deve essere esplorata in modo più realistico, attraverso il contatto diretto con i fruitori dei luoghi, e non solo con alcuni testimoni privilegiati e amministratori come necessariamente accade nei primi approcci, ancora generali e d’area vasta.
In questa fase si è assunto che la definizione del “paesaggio vissuto” dipenda da alcune modalità di organizzazione del senso del paesaggio riscontrate anche in altre indagini in aree urbane, e precisamente si è ipotizzato che:
- in generale il giudizio operativo, che viene ordinariamente utilizzato da chi si muove nel territorio periurbano, consideri strutturale non solo la parte stabile dell’assetto contestuale, ma anche quel tipo di situazioni in cui è leggibile una modificazione in corso dell’assetto materiale o immateriale, che però “si sa” indurre in modo determinante una modifica duratura del comportamento collettivo;
- in particolare per gli abitanti di una periferia di grande città, il senso del paesaggio sia strutturato con riferimento ad un sistema di eventi intercorrenti tra spazi ed oggetti appartenenti a poche categorie di senso comune astratte; e il significato di ciascuna situazione trasformativa che si percepisce ricada,per abitudine o per memoria, in un quadro molto ristretto di tipi di dinamiche relazionali tra gli oggetti di queste categorie, più o meno dialettiche e conflittuali;
Come già verificato in molte indagini, è ragionevole ipotizzare che nella percezione del paesaggio europeo contemporaneo il riferimento semantico strutturale sia quello fondato sulla distinzione e la dialettica tra i segni della natura, quelli della ruralità e quelli dell’urbano. Nei paesaggi metropolitani la situazione appare più complessa, proprio perchè sono per definizione in trasformazione. I segni urbani gemmano ai loro bordi nuovi blocchi semantici: i segni del costruito inabitabile (del sistema produttivo, delle infrastrutture), a cui si attribuisce il significato generico di “attrezzatura”; e i segni del tessuto urbano abitato ma privo di socialità, privatizzato, inospitale, che qui si indica con “insediamento” e che circonda gli oggetti a cui si attribuisce il senso dell’urbanità, riducendoli ad una esperienza rara, desiderata ( i centri storici, i sistemi di parchi e viali urbani). In qualche misura si ipotizza che nel torinese si attribuisca alla categoria “urbano” quel senso della città europea che Marco Romano pone alla base delle sue riflessioni[1].
Nella ricerca sugli spazi aperti di Corona verde, in cui solo raramente emergono riferimenti alle parti “urbane”, il quadro dei riferimenti del senso comune del paesaggio non appare gerarchizzato e dominato dall’immagine del Centro. Al contrario assumono importanza componenti poco rilevanti per gli abitanti “urbani”, quelle “attrezzature” e quegli “insediamenti” che spesso sono classificati come spazi dei non-luoghi, privi di connotazioni e di identità.
Quindi si sono ritenute strutturanti (e non ordinate gerarchicamente) le relazioni dinamiche tra 5 categorie di elementi coerenti del paesaggio, corrispondenti ciascuno a tratti omogenei del comportamento territoriale che nel suo complesso chiamiamo “abitare”:
Nell'ipotesi si ritiene che i giudizi operativi sulla situazione di ciascun paesaggio derivino per lo più dall’effetto di equilibrio (o viceversa di dinamica squilibrante in corso) nei rapporti tra due o più delle categorie di elementi del paesaggio. Il caso di prevalenza assoluta di una delle categorie è stato considerato un caso limite di purezza di cui non si ha esperienza nel torinese (la natura incontaminata, il perfetto centro storico, o il contesto rurale non alterato, o il quartiere di villette di colonizzazione spinto sino all’orizzonte). Nella carta preparatoria si sono classificati come "puri" i casi in cui gli aspetti prevalenti di una categoria diano l'apparenza di omogeneità complessiva, di non rilevanza delle dialettiche tra le parti.
Tra le 19 relazioni trasformative possibili delle categorie base (gli incroci in bianco: 10 tra 2 categorie e 9 tra 3) solo 15 si riscontrano con qualche frequenza e si è ipotizzato che solo ad esse venga attribuito comunemente un senso rilevante nel comportamento rispetto al paesaggio:
1. : natura/rurale (ad es. fasce fluviali o bosco a bordo di agricoltura industrializzata)
2. : natura/ attrezzatura (ad es. grandi strade o ferrovie lungo fascia fluviale o traversanti bosco)
3. : natura/ insediamento (ad es. complessi residenziali o industriali a bordo fiume)
4. : rurale/ attrezzatura (ad es. aree agricole rese corridoi lungo assi infrastrutturali)
5. : rurale/ insediamento (ad es. lottizzazioni residenziali in espansione urbana)
6. : rurale/ urbanità (ad es. le strade di accesso e le piazze di bordo dei paesi rurali)
7. : attrezzatura/ insediamento (ad es. complessi industriali a bordo di autostrade o aereoporti)
8. : attrezzatura/urbanità (ad es. tangenziali molto prossime a centri storici)
9. : insediamento/ urbanità (ad es. complessi industriali o residenziali a bordo di centri storici)
10.: natura/rurale/attrezzature (ad es. ponti autostradali su fiumi)
11. : natura/rurale/insediamento (ad es. zone industriali tra versante boscato e piana coltivata)
12. : rurale/attrezzature/insediamento (ad es. zone residenziali in campagna a bordo di autostrada)
13. : rurale/attrezzature/urbanità (ad es. superstrade traversanti la campagna verso centri storici)
14. : rurale/insediamento/urbanità (ad es. nuovi quartieri a barriera tra campagna e centri storici)
15. : attrezzature/insediamento/urbanità (ad es. autostrade lungo quartieri e complessi storici)
In sintesi, si ritiene che l’abitante metropolitano si consideri proprietario culturale di un paesaggio in trasformazione, proprio perchè, avendo il “know how”, le “istruzioni per l’uso” di una mezza dozzina di tipi di situazioni dialettiche tra due o o tre categorie di elementi , riconosce le regole trasformative e i segni che caratterizzano queste trasformazioni, indipendentemente dai luoghi e dalle cose in cui quelle regole si sostanziano.
E’ quindi conseguente che, se si ipotizza che la popolazione periurbana “abiti le trasformazioni”, si deve considerare un orizzonte di informazione e di riconoscimento del paesaggio che non tiene solo conto delle dimensioni spaziali (geografiche) ma anche di quelle temporali (le dinamiche trasformative e i loro esiti provvisori). Insomma si ipotizza che questa indagine, ripetuta nel 2017 e nel 2027 darà risultati molto diversi, ma probabilmente ancora interpretabili all’interno delle categorie di dialettica tra le parti sopra descritte: sono quel tipo di relazioni dialettiche ad essere durature e strutturanti il senso del paesaggio, e non le loro singole componenti localizzate.
Questo aspetto immateriale, puramente culturale, della struttura del paesaggio metropolitano pone in luce diversa il tema del senso di identità. Infatti, in questa complessa dimensione spazio-temporale il senso di identità non appare tanto assegnato ad una permanenza statica dell’aspetto del contesto, quanto ad una consonanza del ritmo di cambiamento del paesaggio fisico rispetto a quello del fruitore (ritmo biografico se riferito al singolo e ritmo socioculturale se riferito al fruitore o collettivo). Secondo questa ipotesi una persona o una comunità che si trasforma con lo stesso ritmo del proprio paesaggio, che plasma il paesaggio secondo la propria evoluzione, mantiene intatto o addirittura potenzia il senso di identità locale, al contrario trasformazioni contestuali eterodirette o modificazioni improvvise della comunità, come movimenti migratori o dei modelli produttivi da agricoli a industriali fanno perdere il nesso con il ritmo di cambiamento del contesto e con quello il senso di identità.
Dall’ipotesi consegue una identificazione logica dell’area di studio, estesa anche al di là dei limiti aministrativi dei comuni che sono inseriti nel progetto Corona Verde. Essa ha i bordi esterni dove si registrano poche trasformazioni del rurale, ridotte ad episodi insulari e tendenzialmente puntuali o assiali; i bordi interni dove l'urbano è consolidato e le aree delle sue ulteriori trasformazioni diventano insulari e tendenziamente puntuali o assiali.
Lo studio si applica così al paesaggio delle trasformazioni tra rurale e urbano, con tutta la variegatura e le interferenze intermedie, assumendo che nella percezione del territorio, il paesaggio esterno è mondo rurale e il paesaggio interno è città: due assetti stabili, non più toccati dalle trasformazioni, sedi di altre identità.
[1] Cfr. Marco Romano, L’estetica della città europea, Einaudi, 1993 e Costruire le citta, Skira 2004