Indice
- Copertina
- L’Appennino come paesaggio unitario non esiste
- L’Appennino rappresenta la Montagna
- La Montagna componente del paesaggio peninsulare
- L’Appennino barriera e transito
- La montagna “interna”
- Il senso del paesaggio come collage
- Tipi di paesaggio della montagna “da dentro”
- Reti di paesaggi e fruitori locali
- Chiavi per una interpretazione generale
- Interpretazioni per il progetto
La montagna “interna”
Come sopra tratteggiato, una quota tra il 10 e il 15% degli abitanti della Penisola hanno la montagna 'interna' come paesaggio domestico.
Caratteristiche di questo tipo di paesaggi non sono, per i fruitori locali, tanto le alte quote e la conseguente morfologia 'alpina' della montagna, quanto la definizione dell'orizzonte, per lo più chiuso tutt'attorno dagli skiline dei crinali vicini e la ridotta varietà dei segni del paesaggio. L'insediamento è concentrato per lo più in fondovalle o in terrazzi pedemontani, distanti e non in vista dei massicci maggiori, all'interno di quelle 'conche intermontane' che per il Sestini sono un tipo di paesaggio a sé stante.
Per gli insediamenti urbani dell'Appennino interno il senso della montagna, pur presente, si appoggia più ai caratteri climatici (ad es. la presenza della neve nel paesaggio domestico) e dell'ecosistema (ad es. la dominanza di bosco, l'assenza delle coltivazioni mediterranee) che alla morfologia dell'intorno e alle visuali verso montagne d'alta quota.
I massicci maggiori (Sibillini, Gran Sasso, Maiella, Matese, Alburni, Pollino) appaiono solo di scorcio dalle conche intermontane molto insediate (e sono invisibili dalle più vaste aree pedemontane esterne), per cui si forma comunque una sorta di 'atrio', di fascia d'attesa prima di 'entrare' al loro cospetto.
Questa modalità di accesso alla montagna più alta, che non si staglia all'orizzonte ma si propone all'improvviso, concorre ad esaltare il senso di alterità dei complessi maggiori, che già si mostra nella presenza di pareti e rocce calcaree e nell'assenza di bosco nelle parti sommitali.
Ancora più forte è il senso della montagna quando si accede dal sistema collinare alla vera fascia pedemontana: la dorsale emerge dal basso di conche e pianure chiuse e verdeggianti. Anche questo tipo di situazione, sorprendente per l'apparire di colpo, da un dosso, con visuali d'insieme che mettono in evidenza il contrasto primigenio piano-monte, è simbolico di tutto l'Appennino, con la sua integrità, le sue puntuali presenze antropiche, la semplicità icastica di pochi segni omogenei tanto più diversa quanto più percepita in capo ad un lungo tragitto di paesaggi di collina confusi e aggrovigliati.Anche per queste modalità della fruizione, del teatro del paesaggio, la montagna maggiore non fa parte del paesaggio domestico dell'Appennino, o almeno ne fa parte marginalmente, quanto la dorsale panoramica per i territori pedemontani: si sa che c'è, ha un ruolo nel proprio territorio ma non se ne è proprietari culturali, e per lo più la si frequenta e se ne gode il paesaggio da turisti.
Sia i massicci montani maggiori che i sistemi di conche intermontane, con il loro andamento subparallelo alla dorsale, tendono ad intersecare le regioni paesistiche pedemontane e a rendere difficile, nel tratto interessato, l'attraversamento: è ciò che accade in Garfagnana, nella valle dell'Aterno, nel reatino, nelle vali d'Agri e ne vallo di Diano. Per questo in quei tratti, oltre all'effetto di 'interno' e di sorpresa dei relativi paesaggi, è più forte che nel resto dell'Appennino la differenza tra i due versanti (interno ed esterno) e la relativa incomunicabilità delle comunità insediate (che non s'incontrano mai se non sulle piane d'alta quota, un tempo in veste di pastori o di belligeranti e ora in quella di turisti).