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Il paesaggio: da testo ad ipertesto

Indice

 

Il disorientamento nell’iperspazio

 

Questo senso di immersione in uno spazio incontrollabile perchè imprevedibile, che travolge mente e corpo in un flusso di cambiamento continuo, è descritto da Jameson con l’immagine dell’“iperspazio postmoderno”:

“C’è stata una mutazione nell’oggetto, non accompagnata finora da alcuna mutazione equivalente nel soggetto; ancora non possediamo il corredo percettivo per armonizzarci con questo iperspazio, come lo chiamerò. (...) Arrivo così al punto principale della mia analisi: quest’ultima mutazione dello spazio - dell’iperspazio postmoderno- è riuscita infine a trascendere la capacità di orientarsi del corpo umano individuale, di organizzare percettivamente le cose che lo circondano da vicino e, cognitivamente, di tracciare una mappa della sua posizione in un mondo esterno che lo consenta. E ho già suggerito che questo allarmante punto di separazione tra il corpo e l’ambiente costruito che lo circonda - che sta all’iniziale disorientamento del modello come la velocità del missile a quella dell’automobile- possa essere a sua volta simbolo e analogo di quella questione ancora più spinosa che è l’incapacità delle nostre menti, almeno al presente, di tracciare una mappa del grande network comunicazionale, globale, multinazionale e decentrato, in cui ci troviamo impigliati come soggetti individuali”.

Jameson invoca una presa di distanza critica, un’”estetica della cartografia cognitiva”.

Il disorientamento è uno dei principali problemi affrontati dai progettisti di ipertesti: anche nel cyberspazio infatti c’è il rischio di “perdere il filo”, non sapere che strada prendere e, al limite, che strada si è percorsa. Per il nomade è l’attraversamento stesso a costituire orientamento, “centro lineare” continuamente spostato in avanti. Ma l’esplorazione delle mappe cognitive dei soggetti locali può far emergere altri principi organizzativi, valori e logiche interne ai luoghi, intese come risorse da mettere in relazione alle reti globali (Dematteis, 1993). Costruire una “griglia di supporto per gli attraversamenti e le letture possibili” (Pavia, 1996) può essere quindi un’indicazione progettuale, probabilmente ben oltre l’attenzione alle infrastrutture e agli attraversamenti (Pavia) o agli spazi inter-qualcosa (Licata).