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Il paesaggio: da testo ad ipertesto

Indice

 

Ipertesti e paesaggio: alcune analogie


Assumeremo questa definizione di paesaggio: “complesso di morfologie e di spazi, composti da elementi naturali ed antropici, che viene interpretato da uno o da tutti come portatore di un messaggio sia che lo si colga con un colpo d’occhio, sia che si componga nella memoria di un percorso abituale o di immagini riprodotte, sia che si generi come effetto cumulativo di molteplici esperienze percettive, proprie o evocate da altri” (Castelnovi,1997).

“Il territorio, che fornisce la base oggettiva, il testo, è un continum, ma viene percepito, come in ogni processo segnico, sulla base di un sistema di differenze, scegliendo una rete di elementi discreti. Tale scelta è prodotta da un atteggiamento insopprimibilmente soggettivo che sta alla base dell’attenzione e che deriva dalle esperienze, dalle consuetudini e dalle volontà dell’osservante. In termini generali possiamo dire che di fronte allo stesso territorio ciascuno di noi percepirà paesaggi differenti” (Castelnovi, 1996). “Come tutti i sistemi di significati, quello che viene assunto dalla rappresentazione del territorio nel paesaggio è indescrivibile nella sua completezza perchè la sua interpretazione ‘deriva’ continuamente, ovvero rinvia ad imperscrutabili ‘catene paradigmatiche’“ (ibid.).

Le analogie tra l’ipertesto e la struttura segnica del paesaggio riguardano la reticolarità, la non linearità (la rete è agerarchica o multigerarchica), la multimedialità (l’eterogeneità dei nodi che compongono la stessa struttura attraversa trasversalmente tutti i tematismi di un’analisi territoriale), la plasticità e la dinamicità, e soprattutto l’interattività: il soggetto è attivo nella scelta del percorso di lettura, fisico e mentale, ma anche nella creazione del testo (tendenziale unità creatore-utente), ed entrambe queste operazioni possono essere compiute da più utenti anche interagenti (in realtà le retoriche dell’ipertestualità pongono l’accento sulla libertà della navigazione individuale, suggerendo implicitamente che l’attribuzione di un senso a questi materiali può essere solo affidata al singolo).

L’attribuzione di senso sembra basata sul riconoscimento di relazioni strutturali tra le componenti del testo. La semiotica individua nella lingua due tipi di relazioni strutturali, e li dispone sull’asse paradigmatico e sull’asse sintagmatico. Nell’HT i link, chiamati “collegamenti semantici”, sembrano funzionare come associazioni di tipo paradigmatico, consone ad una cultura sempre più “rizomatica”; ma forse possiamo individuare le relazioni sintagmatiche in quella che è chiamata l’“architettura” dell’HT, e che giace nell’ipotesto creato dal programmatore (è qui che riconosciamo la tipologia dei nodi e soprattutto la tipologia dei link che gli utenti potranno attivare, la loro topologia, i loro eventuali attributi).

Si potrebbe parlare allora di :

  • paesaggio come ipertesto o metatesto (intendendo tutto l’insieme dei nodi disponibili al lettore, le “risorse” del paesaggio),
  • fruizione del paesaggio come navigazione (con riferimento alla costruzione di un singolo testo, che avviene attualizzando alcuni materiali del metatesto),
  • analisi, rappresentazione e progetto del paesaggio come costruzione dell’ipertesto o ipotesto (il testo del programmatore, la struttura dell’ipertesto).

L’ipertesto si presterebbe bene ad illustrare argomentazioni sulla cosiddetta “morte del paesaggio”: la frammentazione dei paesaggi contemporanei in un collage di segni sparsi in cui la prossimità non è più un principio esplicativo, anzi è fonte di stridenti contrasti, segni che chiedono di essere letti ciascuno secondo codici diversi, e che rimandano continuamente a qualcosa di esterno al testo e sempre più lontano. Forse, piuttosto che descrivere la fine di un “modo di vedere” (qual è il paesaggio, secondo Cosgrove), la fine delle “grandi narrazioni” dei testi paesistici, è utile usare la metafora dell’ipertesto per scoprire metodi di lettura nuovi e forse più consoni ai nuovi testi.