Questo sito utilizza cookie e tecnologie simili.

Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo di cookie di terze parti. Per saperne di piu'

Approvo

Landscape Planning: invarianti e criticità

Landscape Planning: invarianti e criticità

Roberto Gambino

in Maria Mautone e Maria Ronza (a cura di), Patrimonio culturale e paesaggio: un approccio di filiera per la progettualità territoriale, Roma, Gangemi editore 2009

 

Abstract Landscape analysis and planning are assuming a growing relevance in territorial government processes, in relation to the scaling-up of many environmental problems and their complex interference with the social and economic ones.

According to the European Landscape Convention, landscape has to be conceived not only as the result of the interaction between natural and cultural factors, but also as the expression of the diverse common heritages and the foundation of the population’s identities. It requires a new paradigm for landscape policies, that cover the entire territory and invest a wide range of different administration sectors.

Landscape may be considered with diverse scientific approaches, ranging from geography and geomorphology to ecology, economy, history, antropology, semeiology, aesthetics and so on. But we need also a holistic vision, based on a structural interpretation of the territorial context, pointing out the "invariants” to be rispected, as well as the pressures and critical factors threatening them.

The structural interpretation is a crucial step towards the landscape planning, where the special protection granted to the outstanding values must be reconciled with the need for a careful and sustainable management of the entire territory.

 

La questione del paesaggio: rilevanza e attualità

Il paesaggio ha assunto negli ultimi due o tre decenni una crescente importanza nei processi di gestione e di pianificazione territoriale. La “domanda di paesaggio”, lungi dal ridursi ad una pulsione edonistica schiacciata dai bisogni primari, riflette il tentativo di ridefinire i rapporti dell’uomo con la terra (Berque, 1995). Essa è entrata da tempo nelle rivendicazioni con cui comunità più o meno ampie tentano di difendere o di ricostruire la propria identità. La rivalutazione della estrema diversità del proprio patrimonio paesistico fa parte delle politiche con cui l’Europa È in cerca di se stessa, ma l’identità paesistica È spesso orgogliosamente difesa anche dai paesi emergenti, non senza drammatiche contrapposizioni etniche e culturali. A scala locale, molte piccole comunità “perdenti”, emarginate dallo sviluppo economico e sociale, affidano alle proprie risorse paesistiche e ambientali le residue speranze di sopravvivenza o di rinascita.

L’obiettivo della valorizzazione del paesaggio figura quasi ritualmente nelle dichiarazioni e nei programmi strategici con cui le amministrazioni pubbliche ai diversi livelli tentano di disegnare il proprio sviluppo economico e sociale.

D’altra parte, a dispetto di tali programmi e dichiarazioni, la “questione del paesaggio”, in quanto groviglio inestricabile di problemi, di rischi e di minacce che hanno a che fare con il patrimonio paesistico, sembra destinata ad aggravarsi e complessificarsi, stando ai Rapporti ambientali internazionali, che evidenziano congiuntamente:

  • l’incessante salto di scala di molti problemi ambientali, quali quelli connessi al global change, che pongono crescenti difficoltà di controllo, di regolazione e di governo alla scala locale;

  • la crescente interferenza dei problemi ambientali con quelli economici e sociali, quali quelli che concernono la povertà, l’accesso all’acqua ed alle risorse primarie, l’accesso all’informazione e alla cultura.

In questo contesto, il paesaggio gioca un ruolo centrale. Esso lancia un ponte tra natura e cultura, non soltanto perchè storicamente è sempre il risultato storico dell’interazione tra fattori naturali e culturali, ma anche perché (come dice la Convenzione Europea del Paesaggio: CEP, CE 2000) È “una componente essenziale del quadro di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità”. Infatti, non esiste paesaggio, per quanto remoto, che possa dirsi esente da ogni influenza antropica (Shama, 1995).

Questa affermazione trova riscontro anche in situazioni di estrema dominanza dei fenomeni naturali, come le grandi vette o i grandi complessi vulcanici (nei quali, come dimostra esemplarmente il caso del Vesuvio, le dinamiche eruttive hanno spesso coabitato per secoli con le attività antropiche). Ma vale anche in assenza di trasformazioni fisiche indotte dall’uomo: è lo sguardo dell’uomo, la sua interpretazione del dato naturale che dà senso e “crea” il paesaggio, inventandolo (come nell’”invenzione delle Alpi” da parte dei grandi viaggiatori del ‘600 e ‘700: Joutard, 1986) o scoprendolo (come nei “paesaggi della scoperta”).

In entrambi i casi la creazione del paesaggio implica una qualche forma di controllo della realtà materiale da parte della cultura umana (Raffestin, 2007). In entrambi i casi lo sguardo dell’uomo lascia il segno. Da