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Tipologie di impianto urbanistico nella storia di Torino: viali e piazze - Casi e prospettive utili per la progettazione dell'espansione metropolitana di Valencia

Indice

Un approfondimento: il tema del modello di sviluppo per viali e per piazze


Elementi di riferimento storico

La nascita del viale come elemento urbanistico di sviluppo dell'organismo urbano deriva, nel caso Torino, dall'occupazione napoleonica, nel 1800. Il disarmo imposto alle principali roccaforti piemontesiportò all'abbattimento della cinta muraria con esclusione della sola Cittadella. Nonostante la demolizione delle fortificazioni sia avvenuta per parti, a cominciare dalle porte principali di accesso alla città, l'evento costringe ad una nuova formulazione del confine urbano, promossa dal governo provvisorio francese e progettata in numerose versioni, tutte rese simili dal "ring" di verde: il sedime delle mura perimetrali lascia il posto ad una serie di promenades publiques che recingono la città e ne costituiscono la prima circonvallazione alberata.

Fino ad allora l'impianto quadrato del castrum romano a vie parallele aveva informato e dettato le leggi d'espansione della città: aveva retto l'inserimento della cittadella fortificata, l'apertura nel primo decennio del '600 della Contrada Nuova (l'attuale via Roma tra Piazza Castello e Piazza S. Carlo che ripete l'ortogonalità viaria del castrum) e l'espansione verso il Po, che registra l'unica eccezione consistente rispetto all'ortogonalità del tracciato viario; la diagonale via Po, la cui direzione risulta obbligata dalla necessità di collegare Piazza Castello con il ponte sul fiume.

L'abbattimento delle mura quindi, e la realizzazione delle promenades esterne introducono un elemento di novità che tuttavia si innesta in un primo tempo nella maglia viaria e solo progressivamente informerà l'espansione ottocentesca della città: nel Plan Général d'embellissement di Torino del 1809 viene definita la conformazione delle promenades perimetrali, ad andamento nuovamente ortogonale e la formazione di quattro grandi piazze in corrispondenza delle porte della città e dell'intersezione delle promenades con i principali assi di comunicazione che innervavano il territorio.

Da subito i viali vengono investiti di una pluralità di ruoli: elemento di perimetrazione e di "chiusura" alberata della città (come fondale continuo sostitutivo scenograficamente delle mura) luogo di passeggio e di circolazione con alte valenze di decoro urbano, elemento di definizione architettonica dello spazio attraverso l'andamento rettilineo e scandito dalle alberate che producono veri e propri colonnati arborei, spazi verdi per un uso simile a quello dei giardini pubblici.

La fortuna del modello ottocentesco di espansione incentrato su viali e piazze trova il suo fondamento in una pianificazione complessiva capace di sintetizzare ed integrare piani e progetti settoriali in un disegno urbanistico fortemente connotato. "Possiamo osservare a proposito i progetti allestiti per la porta nord-ovest e il suo collegamento, per il piazzale di Porta Palazzo e per il piazzale a sud della città, che sono definiti dal filare esterno dei viali come ampliamenti nodali degli stessi e ancora rinforzati, in questo disegno, da un altro filare alberato più interno. Le ipotesi avanzate in questi progetti sono sempre geometrizzazione di spazi che si vengono a formare su preesistenze di direzione" (da Ghisleni-Maffioli -Il verde nella città di Torino - Ass. Piemonte Italia, Torino 1971, pag 79).

In questa fase la progettazione dei viali e delle piazze precede la costruzione delle cortine edilizie e integra la città ortogonale con il sistema di assi preesistenze che innervano il territorio circostante e che vengono confermate nella nuova struttura: le direttrici verso Milano, verso Rivoli e la Francia, a Sud verso il Castello del Valentino e verso Genova.

Il risultato è una struttura innovativa per assi paralleli e diagonali, appoggiata solidamente alle caratteristiche storiche ed alle preesistenze del territorio.

La scelta di una saldatura strutturale tra territorio, espansione urbana e preesistenza è chiaramente leggibile nel Piano d'ingrandimento della capitale del 1850 ad opera di una commissione municipale capeggiata da Carlo Promis.

Nel Piano, che integra diversi piani di espansione, la maglia ortogonale della città esistente viene generalmente confermata, così come l'uniformità dell'impianto edilizio, facendo emergere tuttavia una forte gerarchizzazione degli assi viari e di sviluppo - ben differenziata da una neutrale espansione a scacchiera - in cui viene riconfermata la peculiarità polifunzionale di viali e piazze.

Questa logica di integrazione e saldatura strutturale tra preesistenze e nuova espansione raggiunge piena espressione nel Progetto di ampliamento verso l'ex Cittadella (1857). Il collegamento con Porta Nuova attraverso corso Vittorio, la risistemazione dell'attuale Piazza Solferino (allora piazza della Legna) con l'attestazione di corso Re Umberto, Via Cernaia, la maglia ortogonale dei nuovi viali, l'adozione del portico continuo, troveranno, attraverso il Piano firmato da Pecco per la Municipalità, una conferma che darà volto alla città ottocentesca : ancora una volta, nonostante la realizzazione per parti, si assiste all'adozione di un piano-progetto capace di far interagire con forte coerenza architettura, tipo edilizio e piano generale.

Nell'arco di questo processo, durante i primi cinquant'anni dell'800, i viali si trasformano pienamente da promenades periferiche in assi rettori della edificazione, le loro dimensioni vengono normate così come quelle dei fronti edilizi ad essi prospicienti.

La spinta ad una concezione organica ed unitaria dello sviluppo della città impressa attorno alla metà dell'800 andrà affievolendosi negli ultimi anni del secolo, in presenza di spinte settoriali non più ricomprese in una visione complessiva.

Lo spostamento della cinta daziaria del 1853 aveva favorito l'inizio dell'espansione radiocentrica determinata dall'intersezione della cinta con i principali assi di comunicazione del territorio.

Sia all'interno della cinta, che soprattutto all'esterno ci si va a connettere con il tessuto disordinato delle borgate esterne, lungo le radiali di collegamento, con modi e crescite improvvise che sfuggono al controllo della pianificazione.

I viali mantengono un ruolo determinante di ordine e di definizione di un disegno urbano lungimirante, anche con l'adozione di soluzioni innovative rispetto a viali (ad esempio corso Racconigi e Svizzera con la sezione centrale dedicata al mercato rionale). Ma in generale l'urbanistica comincia ad essere in ritardo rispetto all'evoluzione della città; il Piano del 1908 prende atto della situazione e riunifica in un collage non più organico la moltitudine dei progetti settoriali. L'inversione di tendenza rispetto all'800 è evidente: da piano-progetto a strumento di razionalizzazione e rincorsa della preesistenza. Ciò avviene ovviamente in un processo di crescita della città che vede consolidarsi la vocazione industriale di Torino e l'incremento di popolazione conseguente alle nuove possibilità di lavoro.

Lo spostamento della cinta daziaria nel 1912 consolida l'espansione radiocentrica della città fornendo il sedime per una seconda circonvallazione. Il sistema dei viali tende a rendersi indipendente dalla maglia ortogonale e innerva le parti più nobili dell'espansione con un andamento più legato alla dimensione delle zone di nuova urbanizzazione, da ritmare con il sistema delle alberate e degli slarghi che non alle connessioni con la preesistente città a maglia ortogonale.

Tra il 1921 ed il 1961 la città raddoppia i suoi abitanti, superando il milione. La fortissima pressione demografica si traduce in una intensa attività edilizia in un quadro generale difficilmente controllabile, del quale rimangono solo frammenti di capacità ordinatoria, per lo più a scala microurbana, legata a quartieri di nuova costruzione o alla formazione di piazze sino ad allora non concluse.

In una situazione di tale turbolenza le matrici ottocentesche, pensate allora come elementi direttori dello sviluppo, perdono progressivamente capacità di incisione e possibilità di ordinamento dell'ambiente costruito: il sistema di viali e piazze si trasforma quasi esclusivamente in sede della viabilità automobilistica, cedendo il ruolo multiplo svolto nell'ottocento all'assolvimento di una sola funzione.

La difficoltà di una visione generale di sviluppo è testimoniata ancora ai nostri giorni dalla estenuata sopravvivenza del Piano Regolatore del 1959 e dal serrato dibattito sul Nuovo Piano.

Il ruolo assegnato alla "spina centrale" e alla "spina reale" nel nuovo Piano regolatore stanno a testimoniare la forza ancora attuale del modello ottocentesco, unico riferimento capace di informare alcuni tratti del nuovo Piano, per altro già arreso alla logica della "città per parti", con cui si dichiara perduta la battaglia per una struttura razionale e complessiva della città.

 

Caratteri strutturali del sistema storico dei viali

Il sistema di espansione per viali e piazze denota tuttavia una vitalità che si estende ben al di là del periodo storico del suo concepimento e della sua realizzazione, tale da poter essere - in determinate condizioni- preso in esame come elemento di progetto fortemente caratterizzante il territorio.

Il caso di Torino dimostra come il sistema dei viali e del loro prolungamento "regga" in condizioni storiche assai mutate. nonostante l'invasione del traffico urbano che tende a specializzare il viale come esclusivo asse viario, nonostante la rottura del blocco edilizio uniforme ad isolato chiuso, nonostante la rottura delle cortine edilizie, nonostante una crescente modestia della qualità progettuale degli edifici, il viale mantiene i suoi connotati di forte caratterizzazione e di qualità urbana complessiva.

Ciò va ricondotto ad almeno tre ordini di motivi.

A, Il viale ottocentesco viene pensato come spazio verde polifunzionale e progettato come un "vuoto" architettonico dotato della sua autonomia funzionale e compositiva. Non si tratta quindi soltanto di un sedime libero residuale tra una cortina edilizia e l'altra, ma al contrario è il viale con le sue caratteristiche che struttura e determina il sistema edificato che lo circonda.

La progettazione del "vuoto" e la sua esecuzione precedono in termini logici e nelle fasi realizzative i "pieni" dell'edificato. Il vuoto si definisce come "luogo" autonomo, riconoscibile e in grado di connotare il tessuto circostante anche quando l'edilizia non ubbidisce più a criteri di omogeneità e di congruenza complessiva.

Le norme urbanistiche partono dal sistema costruttivo del viale e da essi derivano le regole dell'edificazione (vedi normativa e tipologie allegate.

In questo modo anche quando la pressione del traffico urbano abbassa di molto le sue vocazioni polifunzionali, il viale mantiene nelle sue pertinenze fisiche la complessità che ne ha guidato la progettazione ed offre comunque una cesura verde e piacevolmente percorribile a piedi nel tessuto urbano, un fronte verde che assegna omogeneità ai fronti costruiti (anche quando questi sono rimasti completamente eterogenei o addirittura sono incompleti ).

B, Il viale non solo si definisce come "luogo" nell'accezione che dà al termine Norberg-Schulz, ma connette "luoghi" fortemente caratterizzati. Nel caso di Torino il viale riconferma la maglia ortogonale della città antica e potenzia la organizzazione infrastrutturale preesistente del territorio circostante, diventa cioè un asse rettore del territorio. La funzione di asse gerarchicamente di primo livello nella circolazione viaria è già presente al momento della progettazione, ben prima che il traffico urbano assuma i livelli di intensità attuale.

C, La coincidenza tra viale ed asse rettore, fondamentale per fare del viale un elemento vitale e riconoscibile dipende anche dall'arricchimento del sistema delle "mete" che ha avuto un grande sviluppo nell'800 con i grandi servizi della città borghese e illuminista, nel '900 con le grandi centrali produttive, i servizi generali della città metropolitana e con le connessioni radiali ad altri centri dell'area metropolitana.

Quando negli ultimi 50 anni si sviluppano i quartieri residenziali autonomi e il progetto urbanistico pretende la costruzione di viali interni, che iniziano e finiscono entro i confini del nuovo quartiere, senza connettere "luoghi", "mete", nell'accezione prima indicata, ma solo per permettere  un accesso qualificato alla residenza, il nuovo tratto di viale, anche se con tipologia e caratteri analoghi a quelli del sistema urbano centrale, è destinato a diventare una piazza mancata, perlopiù vuota, non utilizzata e poco connotante il tessuto edilizio.


Informazioni aggiuntive

  • Riferimenti: Contributo al rapporto sulle areas de bordo di Valencia commissionato dalla Municipalità alla Facoltà di architettura della Escuela Politecnica di Valencia
  • Periodo: dal 1996 al 2000
  • Luogo: Torino / Valencia