Indice
- Copertina
- Ipotesi metodologiche per le indagini e il progetto in Valle d'Aosta
- Un'applicazione dei paradigmi della semiotica
- L'organizzazione geometrica
- L'indagine sulla percezione del paesaggio
- L'organizzazione segnica
- Tipologia delle strutture segniche nel paesaggio alpino
- Valutazioni della qualità segnica e delle condizioni del paesaggio
- Le unità di paesaggio e il sistema del paesaggio regionale
Un'applicazione dei paradigmi della semiotica
In generale l'atteggiamento scientifico, di fronte ad una realtà complessa, stabilisce un criterio di scomposizione in segmenti semplici, in elementi "atomici" della conoscenza, la quale viene costruita con un sistema di montaggio e ricomposta in una "maquette mentale" che è più o meno somigliante alla realtà: solo il modello così ottenuto è descrivibile e confrontabile con altro, purché anche l'altro sia prodotto con lo stesso procedimento.
Ma un'indagine indirizzata ad un piano territoriale deve restituire un'interpretazione strutturale della realtà, per la quale non bastano i risultati di un lavoro meccanico di analisi: nel modello si devono riconoscere almeno le più importanti regole delle relazioni tra le parti ottenute nella scomposizione; anzi, secondo il paradigma strutturale, si descrive la realtà solo in quanto sistema di relazioni tra elementi che, senza le relazioni, sarebbero inconoscibili.
E' noto che i tentativi di applicazione di una doppia procedura, di scomposizione e di successiva strutturazione, introducono notevoli alee di soggettività nell'indagine, a partire dal metodo stesso. D'altra parte non ci sarebbe bisogno di scomodare i modelli epistemologici, basta scorrere i programmi di indagine su temi "di area vasta" per verificare come sia diffusa e legittimata la pratica sperimentale per cui ciascuna ricerca, fondata su materiali che appaiono complessi alla nostra esperienza, costruisce il proprio specifico metodo di conoscenza mentre effettua l'indagine. Non solo, ma il sistema categoriale, o il modello di relazioni ipotizzato preventivamente viene assestato e si critica durante l'indagine, in modo che alla fine i dati dell'indagine ed il suo modello sono legati da così tante interazioni che sono necessari confronti con altre indagini per poterne derivare qualche criterio generalizzabile e riproponibile.
Nel caso della Valle d'Aosta, che per il Piano territoriale paesistico è stato indagata "sub specibus" diverse (quella delle testimonianze culturali, quella del sistema naturale, quella del sistema funzionale oltre a quella del sistema "formale"), ciascuna ottica d'indagine ha assunto i suoi propri criteri di riferimento. Questi criteri sono per lo più consolidati nella tradizione delle ricerche per quanto riguarda gli aspetti "oggettuali", ma al contrario sono sperimentali nelle meno provate indagini sulla struttura relazionale. Così un fattore caratterizzante il complesso delle indagini è stato la parallela ed integrata messa a punto di modelli sperimentali della struttura relazionale: degli ecosistemi, delle interferenze tra natura e attività antropiche, dell'insediamento storico, sino a quello del sistema costituente il paesaggio.
Anche per l'indagine sul paesaggio infatti, nonostante la diversa radice epistemologica che la caratterizza, si è voluto costruire un processo di analisi e di ricomposizione in modello, analogo a quello delle altre ottiche di indagine, per mantenere quel parallelismo che, come si è detto in premessa, è stato utile per omologare gli studi sul paesaggio agli altri studi territoriali o naturalistici.
Anche nelle ricerche semiotiche, soprattutto se dedicate a "testi" non specificamente redatti per la comunicazione (come quelli oggetto delle scienze naturali o prodotto di attività strumentali), si assume una strategia di indagine e di ricostruzione di modelli strutturati sulle relazioni e sulle differenze, se non altro per mimesi con il modello madre di tutti i modelli, quello della semiologia linguistica. [9]
Nella metodologia semiologica, che ha costituito riferimento epistemologico dell'indagine sul paesaggio, si è sempre sottolineato che gli aspetti "sostanziali" del testo (ciò che nel nostro caso chiamiamo "territorio") sono descrivibili solo con altri sistemi di riconoscimento (discipline delle scienze umane o delle scienze naturali), oggetto di indagini separate. Inoltre nel dibattito sulla metodologia si insiste sul fatto che gli aspetti "formali" non possono essere categorizzati "in sé", senza relazioni con la loro interpretazione, ma solo in quanto segni, cioè solo in un quadro di relazioni con i loro significati.
Il termine "formale" in semiotica fa riferimento al nodo strutturale della comunicazione e della attribuzione di senso: indica la caratteristica della "funzione" che rende possibile la relazione segnica tra l'espressione e il contenuto. [10]
Semplificando il nesso fondamentale del modello semiotico: le "forme" dell'espressione sono le modalità con cui si presentano all'attenzione del "ricevente" i dati bruti della percezione della realtà materiale, riconosciuti in quanto quelle modalità formali trovano riscontro in analoghe forme dei repertori concettuali di chi percepisce, le "forme" del contenuto; il riconoscimento della simmetria/identità tra forma dell'espressione e forma del contenuto di ciascun elemento e delle sue relazioni è il modo di cui disponiamo per dare senso a ciò che percepiamo, considerandolo come sistema segnico.
Pur senza sottovalutare l'incomprimibile soggettività di ogni esperienza percettiva, il metodo di indagine della semiotica permette comunque di discutere su quel tipo di elementi che possono essere considerati alla base dell'attribuzione di un senso comune, di un significato diffusamente condiviso, tralasciando le particolarità delle formalizzazioni "idiolettiche". [11]
Seguendo le modalità di una generica analisi semiotica, il paesaggio è stato analizzato in quanto parte di un sistema segnico, dotato di regole implicite ma riducibili ad una serie di relazioni "formali".
Si è ipotizzato che l'azione di fruizione del paesaggio sia descrivibile con una serie di passaggi:
- l'insieme di ciò che viene percepito è scomposto in elementi formali e in nessi relazionali semplici;
- sono assunte all'attenzione configurazioni relazionali tipiche (cioè ricorrenti e ricordate) di questi elementi (o le loro varianti specifiche), già "conosciute" e organizzate nella nostra memoria: ad esse si attribuisce un senso in modo simile a quello per cui ad una parola si attribuisce un significato;
- tali configurazioni si ricompongono in strutture più complesse e costituiscono immagini che permettono di riconoscere, di ricordare, di apprezzare le differenze di senso dei luoghi che si sono percepiti, secondo modalità sintattiche che forse sono interpretabili a partire dalle regole con cui si costruisce la frase e il discorso nella lingua. [12]
Come è più che per la lingua, anche per il paesaggio si potrebbe continuare con i temi della discussione infinita sulle sovrapposizioni delle fasi, se la scomposizione in elementi preceda o meno l'attribuzione di senso, se la 'preconoscenza' dei significati sia un dato vincolante o si diano anche elementi di significato non precedentemente memorizzati, se la ricomposizione in strutture complesse non comporti anch'essa un'attribuzione di sensi complessi che i singoli elementi non possono suscitare: in ogni caso qualsiasi approfondimento porta elementi a conforto dell'ipotesi che il modello semiotico permette una soddisfacente rappresentazione delle modalità di interazione tra fruitore e paesaggio, che è ciò che qui interessa.
Naturalmente ci sono notevoli limiti in questa rappresentazione, a cominciare dal fatto che anche per il paesaggio bisogna rinunciare all'ipotesi di restituire un sistema di segni completo ed autosufficiente, come d'altra parte in tutta la semiotica si raccomanda, soprattutto nei casi in cui il "testo" di riferimento è un deposito di processi naturali o prodotti antropici, come il territorio, che comunica "suo malgrado", e non certo con intenzione dei suoi produttori. [13]
La nostra è quindi una ricostruzione "tentativa" della struttura segnica della regione, che affronta il territorio sistematicamente ma con una procedura selettiva in fondo simile a quel modo autogestito e "ingenuo" che ha l'abitante o il turista quando trae dal paesaggio che lo circonda sensi imprecisi, fatti di "aure" e di "sentimenti" più che di denotazioni nominali e di relazioni assolute, che invece sono richieste ai linguaggi completamente formalizzati, nelle matematiche o nei codici di segnalazione.
Pur riconoscendo la radice ineliminabile di incertezza e di soggettività di tali procedure, l'indagine ha selezionato criteri il più possibile condivisi dalla razionalità e preventivamente descrivibili, in modo da poter confrontare i risultati e le conseguenti scelte del Piano orientate alla individuazione del "dove" e del "come" applicare indirizzi di valorizzazione e di tutela del paesaggio.
Sulla base di queste premesse si può affermare che l'indagine dell'assetto formale della regione è impostata su un criterio di analisi di tipo semiotico: tende a classificare il paesaggio in quanto aggregato di segni.
Per poter distinguere i diversi aggregati di segni è stato necessario leggere sull'intero territorio un'organizzazione distintiva degli oggetti che fanno da supporto ai segni, a partire dagli aspetti della morfologia scomposti in componenti elementari utili per l'analisi semiotica.
Secondo questo modello interpretativo si dà un'accezione specifica di "paesaggio", che si riferisce ad ogni complesso di morfologie e di spazi, composti da elementi naturali e antropici, che viene interpretato (da uno o da tutti) come portatore di un messaggio, sia che lo si colga con un colpo d'occhio, sia che si componga solo nella memoria di un percorso abituale o di immagini riprodotte, sia che si generi come effetto cumulativo di molteplici esperienze percettive, proprie o evocate da altri.
Anche in questo caso si è assunto per il lavoro sul campo un atteggiamento sperimentale, da verificare in corso d'opera, ma in prima battuta si sono indirizzati i criteri di indagine secondo il modello "classico", di analisi per scomposizione e di successivo rimontaggio.
Si è accettata comunque la irresolvibilità di alcune contraddizioni che rendono difficile la convivenza epistemologica dei due metodi (quello di indagine semiotica e quello di determinazione pianificatoria):
- per l'importanza che assume nel sistema pianificatorio ogni delimitazione di zona che contrasta con la difficoltà, che è intrinseca nel paesaggio sensibile, a definire con nettezza i confini per statuire delle identità entro un continuum,
- per la difficoltà ad individuare elementi semplici significativi che costituiscano una base di riferimento legittimata perché condivisa dalla collettività dei fruitori del territorio, che non sia attaccabile immediatamente come soggettiva e insostenibile nelle prescrizioni che ne derivano.
Per attenuare queste contraddizioni di fondo nella fase iniziale dell'indagine si è fatto riferimento ai più consolidati criteri distintivi: quello delle forme elementari, quello delle tipologie geomorfologiche e di copertura del suolo, quello dei segni dei tre agenti di trasformazione fondamentali: la natura, l'agricoltura, l'urbanizzazione.
La classificazione degli elementi costitutivi i paesaggi ha quindi preso in esame :
- le tipologie morfologiche del supporto fisico del paesaggio, suddivise per caratteri geometrici;
- le relazioni ricorrenti tra diversi tipologie morfologiche (geometrie complesse costituite di elementi integrati riconoscibili a loro volta in tipologie complesse);
- il significato che viene attribuito alle strutture relazionali, nella sua accezione più elementare, di fattore di riconoscimento di agenti fondamentali che si manifestano sul territorio (la natura, la trasformazione portata dall'agricoltura, la trasformazione portata dall'urbanizzazione).
[9] vedi ad es.R.Barthes: "...non ho qui intenzione di evocare i procedimenti operativi della semiologia urbanistica. Probabilmente essi consistono nel dissociare il testo urbano in tante unità, nel distribuire poi queste in clessi formali e, in terzo luogo nel trovare le regole di combinazione e di trasformazione di queste unità e di questi modelli." da Semiologia e urbanistica, in Architecture d'aujourd'hui n.53, dic.1970, e in L'avventura semiologica, Ed. du Seuil, 1985; tr.it. Einaudi 1991. Dal resto del testo si comprende come R.B. parli di urbanistica come di un connotato che caratterizza un particolare testo da interpretare: la città. Nel nostro lessico questo testo si chiama "paesaggio urbano", ed è solo uno specifico di quel tipo di testi che sono i "paesaggi".
[10] vedi Hjelmslev, cit.
[11] L'idioletto viene definito da U.Eco come 'il codice privato e individuale di un solo parlante' (cioè di un piccolo gruppo: in 'La sruttura assente', Milsno, Bompiani, 1968, pg.68.
[12] un buon riferimento alla costruzione del discorso in A.J.Greimas, Sémantique structurale, Paris, Larousse, 1966 (tr.it. - Semantica strutturale - Rizzoli,Milano, 1968)
[13] di nuovo R.Barthes: ".... partendo..da questa ricostituzione di una lingua o di un codice della lingua (dell'urbanistica), potremo orientarci verso strumenti più scientifici: ricerca delle unità, sintassi etc., ma sempre ricordandoci che non si deve mai cercare di fissare e irrifgidire i significati delleunità trovate, poichè storicamente questi signficati sono estremamente imprecisi, ricusabili e irriducibili" da Semiologia e urbanistica , cit..