Indice
- Copertina
- Ipotesi metodologiche per le indagini e il progetto in Valle d'Aosta
- Un'applicazione dei paradigmi della semiotica
- L'organizzazione geometrica
- L'indagine sulla percezione del paesaggio
- L'organizzazione segnica
- Tipologia delle strutture segniche nel paesaggio alpino
- Valutazioni della qualità segnica e delle condizioni del paesaggio
- Le unità di paesaggio e il sistema del paesaggio regionale
Le indagini sul paesaggio e la pianificazione territoriale
"Le paysage dans sa matérialite s'est en effet dissout pour apparaître comme un mode d'appréhension du reél structuré et structurant, qui fait éclater les carcans des périodisations, des sphères de la connaissance et de la division académique des savoirs. A notre sens, cette démarche ouvre des perspectives plus générales: elle permettrait d'inscrire notre configuration du savoir dans une archéologie des représentations du monde. Ceci ne signifie pas que le paysage fut le prétexte d'une réflexion qui aurait pu s'appliquer indifférentement à d'autres catégories de pensée. Le paysage est en effet une médiation centrale qu'il est fécond d'interroger dans le cadre de ce programme générale de recherche, dans le mesure où elle est par excellence une solution formelle est autoréflexive, en ce sens qu'elle comporte l'assurance de sa propre lisibilité. Cette qualité du paysage le range dans le mode de représentation, d'inscription et de communication du savoir dont l'étude permet de rompre avec l'épistémologie traditionelle et, du même coup, avec le grande partage entre science et non-science au profit d'un renouvellement de l'étude de la production et du savoir".
La citazione riporta il nocciolo delle conclusioni del convegno "Paysage et crise de la lisibilité", stese dai curatori stessi. [1]
In quell'occasione si convenne sul ruolo complesso che le ricerche sul paesaggio possono svolgere: da una parte componente strutturale di un sistema organico di conoscenze multidisciplinari, dall'altra parte strumento critico per la rifondazione di epistemologie interdisciplinari, capaci di superare metodi e valutazioni derivanti da rigidità positiviste ormai incistate.
La doppia prospettiva di lavoro, se è feconda di nuove e più libere ricerche teoriche e modelli di relazioni scientifiche, propone invece un più difficile e controverso campo di azione per chi gestisce il territorio e ha a che fare con il paesaggio come materia di piano o di progetto.
In Italia particolarmente lo scontro storico, tra "esteti" e "scienziati", è uscito dall'università e dall'accademia e si è misurato in questi anni con i problemi della pianificazione, indotto "a scendere in campo" da leggi che, rendendo obbligatori i piani paesistici e paesistico-territoriali, hanno reso obbligatoria una considerazione complessa del territorio e del suo rapporto con il paesaggio. [2]
Tuttavia il dibattito tra studiosi degli aspetti morfologico-percettivi ed ecologi del paesaggio, invece che generare una produttiva interdisciplinarità, si è spesso irrigidito in uno scontro tra i sostenitori dell'oggettività scientifica dei dati come unico strumento utile per il piano e quelli che attribuiscono un ruolo importante anche alla soggettività delle sensazioni e dei comportamenti, descrivibili solo qualitativamente.
I pianificatori hanno per lo più rimosso il problema, trattando sino ad ora il paesaggio come tema da ridurre il più possibile ad un insieme di "dati oggettivi", nel doppio senso del termine: che si riferiscono ad oggetti e che minimizzano la soggettività del rilevatore.
La tendenza è incentivata da una certa prospettiva "utilitarista" in cui sono redatte le ricerche in occasione dei piani, che porta a ricercare solo le informazioni che più facilmente consentono l'esercizio del controllo del territorio e del progetto di intervento con gli strumenti normativi e gestionali consolidati. La lunga tradizione di competenze di settore nella gestione del territorio e di approfondimento disciplinare delle indagini, poco disponibile alla costruzione di sistemi di informazione "trasversali", rende praticabile un'ipotesi di piano che si appoggia sostanzialmente ai pilastri formati dalle norme di settore, giustapposte e pochissimo interferenti tra le diverse competenze.
In questo modo si genera una sorta di deterrente culturale rispetto alle inevitabili complessificazioni e redistribuzioni delle competenze tra discipline che un'adeguata indagine sul paesaggio provocherebbe. Infatti nei piani paesistici si tenta implicitamente di mantenere un sistema di normazione consolidato nella gestione urbanistica italiana, variando ed arricchendo le fonti di informazione che possono dare nuovi motivi e nuova funzionalità ai vecchi strumenti: la zonizzazione, la tutela degli oggetti monumentali e delle aree circostanti, la disciplina degli usi.
E' evidente che in questa situazione di output largamente condizionato, anche gli input vengono indirizzati secondo un'economia di lavoro tendenzialmente funzionalista; sono quindi escluse dall'interesse immediato del pianificatore le indagini prevalentemente qualitative e comunque quelle i cui repertori di informazioni:
- organizzano i dati in modo disomogeneo o discontinuo, non assicurando la copertura di tutta la superficie del territorio in esame;
- non raccolgono le informazioni in alcune, poche, tipologie diffuse, alle quali poter far corrispondere simmetricamente regole ed indirizzi generali, validate indipendentemente dalle situazioni specifiche;
- non identificano i confini delle aree da sottoporre a particolare attenzione o ad un livello di progetto di maggior dettaglio.
Inoltre vige una regola di buona educazione, per i redattori di piani che comportano vincoli e limitazioni nella "libertà" privata dei proprietari: rappresentare come "oggettive" e dimostrabili le ragioni che spingono a porre ogni vincolo, indipendentemente dall'efficacia e dal ruolo nel piano che tale vincolo svolge.
Il paesaggio che viene "accreditato" presso i piani è quindi quello che viene esaminato con criteri che rispondono almeno ai precedenti requisiti: copertura dell'universo di riferimento, oggettualità/oggettività, identità attraverso una distinzione dei confini areali.
Di fatto i Piani che hanno affrontato il tema del paesaggio lo hanno sino ad ora scomposto nei suoi elementi costitutivi e tipizzabili, trascurando sia la sua incomprimibile variabilità morfologica sia la complessità delle relazioni con il fruitore, entrambi fattori di difficile rilevazione e catalogazione, ma sicuramente alla base dei valori a cui dovrebbe fare riferimento ogni progetto di qualificazione paesistica.
Il paesaggio, nei lavori di indagine direttamente finalizzati alla pianificazione, non viene letto come significante di un sistema formale di rappresentazioni che i fruitori riconoscono, con differenze relative alla soggettività dei fruitori stessi.
Si trascurano le "forme strutturate", base del sistema di relazioni tra parti che comunicano complessivamente dei significati, mentre al contrario si organizzano sistematicamente le informazioni sugli oggetti che costituiscono il supporto fisico del paesaggio, le "sostanze" dell'espressione o del contenuto. [3]
Quindi, mentre cresce l'attenzione per descrivere in modo sistematico gli aspetti ambientali e culturali del supporto fisico che sta alla base del paesaggio, al contrario tutti gli studi sul valore di identità o su quello estetico del paesaggio si vanno riducendo ad un contributo marginale, poco strutturato metodologicamente, poco utile per il progetto. [4]
L'indirizzo, che a Lausanne sembrava condiviso e promotore di sperimentazioni e ricerche sul campo, non trova spazio nella "pratica" dei piani e si riduce al riconoscimento di legittimità scientifica di due ottiche di indagine, senza riuscire ad indurre prove ed esperienze di sinergia, o almeno di cooperazione tra le due strategie di conoscenza, ai fini del progetto.
[1] in AAVV, "Paysage et crise de la lisibilité", editè par L. Mondada, F. Panese e O. Söderström, Lausanne 1992, pag.376
[2] vedi, per un quadro di confronti e di riferimento molto aggiornato e comprensivo: R.Gambino, Innovare e conservare, Torino, Utet, 1997
[3] si utilizza qui la quadripartizione classica della semiotica (v.Hjelmslev, Fondements de la théorie linguistique, ed.or.1943,Copenague, ed.it.Einaudi 1968), che distingue le "sostanze" dalle "forme" sia dell'espressione che del contenuto, e reputa strutturale della relazione semiotica solo il nesso tra le "forme", dichiarando invece le "sostanze" inconoscibili da una scienza della comunicazione
[4] un esempio vicino della tendenza è nel dossier della Revue de geographje urbaine dedicato all'espace Mont-Blanc, nel 1994 (n.14): al paesaggio è dedicato solo un breve articolo, in cui gli autori (C.Bouchard e D.Deguelle) concludono in modo interlocutorio, denunciando la necessità di precisare la metodologia e ridefinire i valori pertinenti da considerare nell'indagine sul campo per ipotizzare una struttura relazionale che descriva i "valeurs paysagères"