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Indagine sulla morfologia urbana di Torino

Indice

Sull'utilizzo dell'indagine

 

La scala dell'indagine permette di inserire ogni più approfondita conoscenza o necessità operativa di una specifica situazione nel suo contesto morfologico.

In pratica l'utilizzo più proprio dell'indagine è di costituire il quadro dei riferimenti agli aspetti morfologici principali dell'intorno, interessanti per le determinazioni a livello edilizio.

 

Sono posti in evidenza i caratteri principali del tessuto, dai quali in generale ci si può attendere una serie di condizioni incidenti sul singolo intervento:

 

A) le aree centrali, per lo più caratterizzate dal tessuto omogeneo regolare completo, presentano al loro interno numerose particolarità, legate alla monumentalità di singoli elementi edilizi, quasi sempre inseriti nel tessuto e proprio per questo rilevanti alla scala dell'architettura piuttosto che a quella dell'impianto urbanistico.

L'affaccio a piazze o giardini, il trattamento dei corsi alberati o porticati, la diversità tra fronte importante e cortina sulle vie interne ha caratterizzato le differenze dell'architettura di tessuto degli ultimi tre secoli.

E' difficile stabilire in quanto queste differenze costituiscano la base della identificazione collettiva e quanto invece la così forte identità della città dei cittadini con la morfologia della città storica non sia da riferirsi al macrosegno costituito dalla grande omogeneità 'rigorosa' dell'area centrale, in cui fioriscono come sovrastrutture segniche, accenti o cadenze del linguaggio, gli episodi monumentali.

Alcune zone, presentano una anomalia dell'impianto edificato ancora riconoscibile (la Crocetta, il Quadrato romano, oppure gli ampliamenti a nord di Via Po e quelli che dipartono da piazza Statuto ad es.), e l'irregolarità costituisce componente viva e connessa con il tessuto circostante.

Ugualmente le differenze comportate dagli inserti più recenti sono rilevanti per lo più a livello di architettura, mentre modesti sono i residui di tessuto discontinuo per differenze di volumi (quasi tutti i fronti si sono allineati ai massimi consentiti e rimangono alcuni corpi interni) e le irregolarità date dalla presenza di impianti eterogenei (limitati residui di edificati specialistici -per lo più produttivi- non inseriti nel tessuto).

 

L'adeguamento (ai caratteri dominanti del tessuto e alle regole che hanno costituito le sue differenze specifiche) sembra essere in generale il più indicato sviluppo per un'evoluzione che comunque è costretta sempre a misurarsi con elementi di confronto a livello di architettura.

E' infatti alla scala dell'architettura che si situa il sistema segnico più leggibile e costituente il linguaggio morfologico principale del tessuto di impianto omogeneo: al di là delle classiche regole da normativa urbanistica sembrano qui contare le indicazioni 'da Comissione d'ornato' (se non per uno ricerca di 'stilismo', almeno per situare al giusto livello le differenze che si vogliono introdurre).

 

B) le aree esterne, della periferia storica, presentano la maggiore frequenza di tessuti irregolari, ad omogeneità alterata (anche perchè mai completata con la regola utilizzata inizialmente, per l'impianto).

Pur essendo presenti anche numerosi brani di tessuto a trama omogenea (irregolare in questo caso può essere l'ordito dato dalla diversità incongruente dei volumi edificati), tuttavia si va perdendo il carattere continuo della città.

Infatti i diversi ritagli di trama omogenea confinano irregolarmente con zone più alterate, spesso lungo assi che presentano ancora una certa omogeneità, ma che dietro la cortina accumulano forti discontinuità nel tessuto.

La composizione di pezzi diversi (di tessuto nel migliore dei casi, di gruppi edilizi in tutti gli altri) non è quasi mai il risultato di un progetto ma il residuo 'sporco' di una mancata considerazione di insieme. Si tratta dei frutti di una concezione degli interventi in cui gli eventi, non si ritengono coinvolti nell'azione trasformatrice oltre i confini della parte progettata (in questa indagine, al contrario, si sono posti al centro dell'attenzione i rapporti tra le parti, e quindi è all'esterno dell'intervento che si leggono gli esiti più importanti, nell'effetto sul tessuto, che è in definitiva l'elemento di prima percezione della città).

L'irregolarità e l'alterazione emergono come determinante morfologico di pezzi di città in cui il contrasto tra parti (omogenee al loro interno ma diverse tra loro) costituisce il più forte carattere urbanistico, spesso dissimulato alla fruizione dai luoghi principali (le piazze, gli assi dei corsi) ma ben presente nelle vie interne o negli affacci sulle parti private.

In questo caso la regola omogeneizzante coinvolge l'architettura limitatamente alle cortine principali, contribuendo a diminuire la percezione del contrasto tra pezzi disomogenei di tessuto.

La scarsità di luoghi con morfologia adatta ad una centralità sociale e pubblica, quali invece ritmano la parte omogenea della città, è bilanciata dalla continuità della morfologia regolata sugli assi viari che costituiscono l'ossatura principale del sistema urbano. La omogeneità e la qualità urbana del centro si prolungano nel reticolo abbastanza strutturato dei corsi, mentre la parte più disomogenea si presenta come una resistenza del 'non compiuto', o dell' alterato propria della parte più 'interna' del tessuto: la regola penetra dagli assi e si ferma ai bordi di noccioli disordinati (per volumi e per pieni e vuoti), che comunque quasi sempre mantengono la trama viaria di impianto come riferimento elementare di appartenenza alla città.

 

Il completamento sembra essere l'indirizzo più proprio per questo tipo di tessuto, sopratutto nelle parti complessivamente omogenee e necessitanti di interventi a livello di singolo lotto o di cortina lungo i corsi e gli assi principali.

Il completamento può assumere come riferimento non solo l'omogeneità ma anche il contrasto ormai consolidato, soprattutto tra volumi diversi (ad esempio tra fronte strada principale e tessuto interno), che in queste zone può essere studiato come giustapposizione costituente una morfologia regolabile in tipologie di contrasto.

La relativa carenza di località effettivamente utilizzate come centrali, base della identificazione collettiva, suggerisce una ricerca di spunti progettuali per il completamento nel potenziamento delle piazze, delle aree libere verdi e degli incroci già individuati, nonchè il perfezionamento  della maglia dei viali e degli assi di grande penetrazione, altro fattore strutturale della identità dei luoghi.

Il nuovo ruolo di tali luoghi è ottenibile attraverso la qualificazione dei fronti degli assi nei tratti più periferici: anche in questo caso si può parlare di completamento a livello architettonico delle località centrali e degli assi, già consolidati e  importanti nella struttura funzionale urbana.

 

C)  Il tessuto irregolare, basato comunque su geometrie generate dalla trama viaria, diminuisce la potenza organizzativa della morfologia dove la maglia della trama si deforma (ad esempio diviene più larga per edifici specialistici produttivi, o cadenzata da pieni e vuoti irregolari).

Con la deformazione della maglia del lotto (che significa modulo del fronte e connesione organica tra segmenti edilizi e isolato) si perde il riferimento al sistema modulare corpo-lotto-isolato proprio della parte completa della città.

Ciò impedisce di riconoscere elementi differenzianti alla scala dell'edificio: mentre nel registro regolato della città ottocentesca l'ordito degli eventi monumentali risalta con grande evidenza, al contrario in un edificato a grandi comparti non regolati, l'uniformità perde il ruolo di supporto della distinzione (almeno dimensionale) e l'irregolarità viene letta come disordine e non come generatore di differenza a cui porre attenzione.  Si può ritenere che, mentre nel tessuto irregolare a maglia fitta la disattenzione indotta dalla complessità informativa viene riscattata dalla possibilità di emergere per oggetti edilizi di maggiore dimensione, nella maglia larga la morfologia venga fruita nell'indifferenza e agli elementi di diversità manchi la forza per connotare elementi polarizzanti.

A ciò va aggiunta la perdita del rapporto dimensionale tra spazi percepibili dai luoghi pubblici e costruito proprio della morfologia del centro, archetipo dello spazio 'cittadino', sostituito da spazi percepiti indefiniti e contenitori indifferenti alle funzioni ospitate e 'ostili' alla interazione segnica con gli utenti (cioè le azioni possibili dell'utente non aggiungono o tolgono significato agli edifici: che siano abitati o meno, accessibili, utilizzati diviene irrilevante e con ciò si perde qualsiasi desiderio di riferimento ad una identità collettiva).

D'altra parte le componenti progettate di tale tessuto sono per lo più ridotte al un singolo plesso di edifici e non riescono quasi mai ad emergere dal contesto multiforme per dimensione, omogeneità o rilevanza dei segni.

 

In una situazione strutturalmente carente l'indirizzo meno impotente da seguire è la qualificazione dei fronti lungo gli assi principali, ottenibile con un rafforzamento dell'immagine dei comparti quale si presenta al reticolo urbano maggiore.

Il valore segnico della morfologia all'interno dei comparti è quasi sempre molto basso e quindi irrecuperabile al fine di supportare l'identità urbana (a meno di trasformazioni globali che possono provenire da altre opzioni socioeconomiche e non sono giustificate dalle sole esigenze di riordino formale.

Tale rafforzamento può essere ottenuto anche con la qualificazione degli spazi non costruiti e arredati lungo gli assi, purchè ciò avvenga in modo sistematico e adeguato alle grandi dimensioni del sistema viario, tenendo conto della fruizione, che avviene per lo più alla velocità del mezzo motorizzato.

 

 

D) Il tessuto incompleto presenta il grado inferiore della identità urbana, sia nel caso di isolati con parti non tracciate, sia nel caso, ancora meno significativo, di fasce prive di maglia urbanizzativa oltre alla strada di accesso (che costituisce anche l'unico tracciato di riferimento con l'allineamento come unica regola di impianto, produttivo di un edificato marginale).

La morfologia complessiva in questi casi è generata dalla episodicità di ciascun complesso edilizio, priva di riferimento all'intorno: privato della contestualizzazione l'edificato non può assumere un posto organico nel sistema segnico urbano (nè in quello rurale che, diversamente da questo, è dotato di significato nelle parti esterne, non edificate).

Quindi il tessuto non completo ricade in una sorta di limbo segnico, in cui la pluralità delle conotazioni non fa emergere alcun elemento organizzato: sono le fasce di territorio in cui si riscontrano ancora residui delle cascine, brandelli di insediamento pavillonaire, inserti di capannoni, aree libere diversamente connesse con il sistema esterno.

Nella maggior parte dei casi la parte non completa non si trova ai margini dell'edificato verso l'esterno, ma assume un aspetto residuale di non finito, di enclave entro fasce in cui il processo urbanizzativo ha proceduto per comparti più compatti e completi. Paradossalmente la residualità di tali zone (soprattutto quando sono estranee alla maglia degli isolati urbani) può assumere un carattere di microcentralità paesana, in cui la discontinuità del tessuto, le parti abbandonate e 'di retro' costituiscono una risorsa per l'identità degli utenti marginali: è la Periferia letteraria e resistente, connotata dagli usi 'trasgressivi' rispetto al 'bon ton urbano' (anche quando 'pianificati' come gli 'orti urbani', o le cascine recuperate).

In ogni caso la bassa densità e la tipologia ruralizzante permette una vivibilità delle zone incomplete della periferia suburbana, mentre le zone incomplete entro la maglia dell'urbanizzazione densa sono per lo più aree negate alla fruizione (e perciò all'identità collettiva), si presentano come Vuoti inaccessibili e non vengono registrati nelle mappe mentali degli abitanti.

La differenza tra i due tipi di incompletezza sembra distinguere la periferia nord e lungo il Po (che continua ad avere impianti segnati dalla crescita locale e rurale, come nei quartieri Barca e Bertolla) da quella sud, più rigidamente coinvolta in una urbanizzazione per grandi comparti, in cui le aree del non finito sono ritagli tra edificazioni a blocchi.

Il tessuto non completato consente quasi sempre di indirizzare le trasformazioni ad un nuovo modellamento della morfologia estesa, in quanto nuovo impianto capace di riplasmare per parti alcuni siti introducendo elementi di riconoscimento puntuale in un tessuto riqualificato con alcune regole di base, ottenibili soprattutto in presenza di una maglia incompleta ma fitta.

Nei casi di residua individualità da 'periferia semirurale', l'identità di microcentro paesano può essere conservato e potenziato a costo di non modificare la maglia fitta dell'edificato e la bassa densità dell'insediamento: in questi casi il modellamento non deve modificare il parametro di riferimento del tessuto, pur minuto e poco rilevante, pena la perdita di quella traccia di identità, che quasi mai si è in grado di sostituire con un'altra di nuovo impianto.

 

E) La parte più esterna della città a Sud e a Nord è caratterizzata da una dominanza di comparti progettati ad insula e giustapposti, prevalentemente edificati con tipologia a grandi blocchi.

Ne risulta un tessuto rado, in cui i grandi isolati provocati dalla viabilità sono complessamente occupati da diversi e contrapposti gruppi di edifici uguali: la trama quasi priva di segni è sopraffatta da un ordito che quasi mai disegna un pezzo di città ma si limita piuttosto ad accennare un ordine geometrico di elementi finiti, delimitati virtualmente da spazi indefiniti, riconoscibili in quanto l'ordine geometrico cessa o si modifica in un altro complesso.

L'alta densità fondiaria contrasta con l'effetto di grandi spazi indefiniti con elementi orizzontali fuori misura (bassi fabbricati, corpi di servizi, aree 'verdi' quasi prive di alberature di alto fusto) contrapposti ad edifici molto alti, per lo più ripetitivi e isolati.

L'effetto generale, nonostante la progettazione complessiva e il notevole grado di completamento quasi sempre già raggiunto, è di un tessuto mancato, privo di capacità identificatoria in quanto privo di elementi di condensazione e di una morfologia di connettivo.

Il contrasto con le parti di tessuto circostante può diventare meno intenso nei casi di allineamento su strada della parte pianificata(come regolarmente accade con i quartieri di edilizia pubblica di oltre mezzo secolo), mentre si manifesta violentemente nei casi di tracciato diagonale, o arretrato dei nuovi edifici a torre, o anche quando il piano prevede un blocco di servizi a se stante, interno alla sequenza di edilizia residenziale ripetuta a blocchi molto alti.

In questi casi allo straniamento provocato dai grandi blocchi ripetuti (sia dal tessuto urbano che dal rapporto con gli abitanti) risponde similmente lo 'impotenza formale' del centro di servizi, quasi sempre a morfologia 'debole', poco aiutata dai volumi assolutamente secondari rispetto alla parte residenziale.

A conferma di questo risultato modesto stanno i rarissimi centri di identificazione riconosciuti nelle parti di nuovo impianto pianificato, quasi sempre risultato di uno sforzo 'a posteriori' dal progetto di arricchire con segni connotanti e soprattutto con funzioni socializzanti le aree pubbliche interne ai complessi, 'asetticamente' pensate come sede di servizi pubblici.

La strategia di qualificazione morfologica in questi casi deve appunto affidarsi ad una difficile opera di potenziamento dei segni di identificazione nelle parti pubbliche e sociali, ottenibile con estrema difficoltà proprio per lo strapotere dimensionale e informativo (di significati negativi: disidentità e straniamento) dei grandi blocchi residenziali.

Nè la difficoltà sembra superabile con il ricorso ad un potenziamento delle aree libere: quel verde che sembra servire alla qualificazione nella città complessa e confusa in questo caso ottiene solo il risultato di un ulteriore connotato di povertà dell'informazione e del 'segno' del sito sociale e quindi dell'identità.

 

F) Le fasce interessate dal rapporto critico con le grandi barriere, costituiscono una classe particolare di morfologia del tessuto (limitata, ma di grande importanza nella struttura della città).

Questa situazione investe gli intorni dei maggiori impianti industriali, o le aree limitrofe ai fiumi minori, o ancora i tratti di grande traffico degli assi di circonvallazione o in uscita dalla città (in alcuni casi l'ultimo tratto di viali che più centralmente hanno una parte nel reticolo della centralità urbana).

La prossimità con le grandi barriere costituisce quasi in ogni caso un effetto di residualità e di 'retro' dell'intero tessuto, presentando due situazioni tipo: la brusca giustapposizione tra un tessuto completo e una linea di confine rigido, che si è costituita anche sulla base di una regola urbanistica (presente soprattutto lungo i fiumi e i grandi assi di transito), e lo sfrangiarsi della morfologia di impianto, che genera aree poco accessibili, con edificati disordinati e senza regola di insieme, marginate dai grandi impianti o dalle strade e marginali rispetto al tessuto.

Di fatto queste fasce ampliano l'effetto separatore delle barriere, anche in zone vicine al centro, irrigidite nel loro aspetto di cul-de-sac urbanistico, impermeabili al processo di qualificazione urbana che comunque investe il resto del tessuto.

Indipendentemente dalla più complessa prospettiva del riuso 'urbano' di alcune delle aree produttive costituenti barriera (che scavalca implicitamente la situazione sopra descritta, ma che non può essere delineato realisticamente a partire da una indagine sulla morfologia urbana), la qualificazione più concreta a fronte del permanere delle barriere sembra potersi ottenere attraverso una ristrutturazione delle fasce di bordo.

 

In alcuni casi (ad esempio Mirafiori sud o lungo il Po) il bordo è stato fin dall'impianto segnato con un asse viario importante, sufficiente ad obbligare ad un fronte (e non un retro) per il tessuto urbano, diversamente qualificato a seconda dell'affaccio (ovviamente quasi tutti preferiscono il Po alla Fiat) ma comunque risolto.

Tale modello è riproponibile in alcuni casi che già presentano tratti della viabilità secondaria lungo i bordi di insediamenti (Teksid, Cimitero): il loro potenziamento e l'inserimento nel reticolo della viabilità più qualificata può essere accompagnato ad una riqualificazione dell'intero fronte del tessuto.

In altri casi lo stesso effetto è ottenibile solo con l'inserimento di una fascia 'di rispetto' progettata, che faccia da filtro tra il tessuto urbano e l'elmento di barriera, costituita da un'edilizia o un disegno del non costruito appositamente dimensionato e ritagliato per il sito (vale soprattutto per le sponde dei fiumi minori, per i grandi assi viari, per il bordo laterale di grandi attrezzature: il modello è il Valentino, il Parco Carrara, giardini Italia '61).

 


Informazioni aggiuntive

  • Riferimenti: Indagine svolta per il Politecnico di Torino, nel quadro della ricerca sulle periferie per il PRG commissionata dal comune di Torino.
  • Periodo: dal 1991 al 1995
  • Luogo: Piemonte