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Il senso (del sacro) del paesaggio

Indice

Dalla scoperta alla fabbrica del sacro

Con queste tre vie deliranti, che cioè escono dal solco del rapporto originario con il sacro, il paesaggio che noi conosciamo è privo di una consistente traccia per ritrovare luoghi dove avere un'esperienza di senso del sacro, mentre è denso di simboli del comportamento liturgico della comunità.   Quando, oggi, questi segni umani sono acquisiti nel nostro senso del paesaggio come significativi della sacralità è evidente che siamo di fronte ad un terzo tipo di senso del sacro, ben diverso dal primo al quale abbiamo sino ad ora fatto riferimento.

E quanto più il primo senso, quello del rapporto vivo e diretto con l'alterità è sfuggente, privo di segni, lontano tanto che non ne conosciamo l'esperienza, e quanto più il secondo senso, che aiuta a ritrovare una via con fatica e fortuna, richiede una particolare attitudine e testardaggine per consentire un'esperienza, tanto più al contrario il terzo senso del sacro trova facile soddisfazione, nell'evidenza dei segni del costruito, ben relazionato con il sistema delle testimonianze della storia della comunità, vissuto nel comportamento quotidiano, compreso da tutti come simbolo della comunità stessa più ancora che del suo rapporto con il sacro.

Dunque con questo passaggio siamo alla fabbrica del sacro: non lo dobbiamo più trovare, lo produciamo, o meglio produciamo i suoi simboli. Noi architetti siamo da migliaia di anni incaricati di produrre luoghi che riproducano il senso del sacro. Anzi l'architettura stessa fonda la sua ricerca più nobile sulla domanda di sacro delle comunità che va servendo.

Per lo più ci si limita a tentare di riprodurre in senso del sacro in un interno, o comunque in uno spazio confinato, che viene controllato in ogni suo aspetto, di cui si regolano le prospettive e gli ingressi, l'orizzonte dello sguardo e gli effetti della luce. Il paesaggio rimane esterno al lavoro artistico di riproduzione del sacro. Nel paesaggio si segnala che in quel punto c'è una riproduzione di sacralità. E per segnalare meglio si scelgono siti di particolare evidenza, forme di particolare differenza per una maggiore leggibilità, proporzioni di particolare emergenza.

E dove questo lavorio dura secoli e occupa le migliori menti ed energie il paesaggio si ripolarizza, ritrova una rete di punti di riferimento, non necessitati dagli eventi di un rapporto con il sacro incontrollabile e alieno, ma pianificati, integrati nel sistema dei segni dell'insediamento, parte non trascurabile del patrimonio che si trasmette nelle generazioni: nel paesaggio culturale il senso del Sacro si fa senso della Storia.

E la Storia è quella della comunità insediata, che rappresenta nella trama del paesaggio plasmato dal suo lavoro l'ordito dei segni della sua liturgia e della sua devozione.

Si scinde quindi la ricerca del senso del sacro dalla devozione. E questa, isolata, diviene una attenzione ai valori più alti di riferimento della propria vita personale e sociale: non ha più come riferimento il Dio in sé ma la testimonianza di altri uomini, il loro martirio.   I due desideri erano uniti nella pratica del pellegrinaggio, che produceva, tra l'altro, la conoscenza di paesaggi straordinari, memorie e immagini interculturali feconde per innovare culture stazionarie e prive di un'idea della varietà del mondo. La ricerca del sacro si accompagnava all'esperienza dei paesaggi dell'uomo.

Oggi quello devozionale è solo uno dei mille turismi in cui specializziamo il nostro tempo libero, per noi non è più importante il paesaggio del viaggio ma quello della meta. E' sulle nuove mete che dobbiamo puntare l'attenzione: la devozione verso i luoghi eccezionali della storia porta alla sacralizzazione dello spazio di eventi umani sublimi per l'orrore, paesaggi di cui si deve fare esperienza perché il loro senso non è racchiudibile in un'immagine, è incomprensibile via televisione. Fatto straordinario nel sovraccarico di segni che ci circonda, sono paesaggi indicibili perchè la sacralità si manifesta attraverso la violenza dello spazio vuoto, la perdita dei segni: sono Auschwitz, sono Ground Zero.


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