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Lo sguardo terzo del progetto di paesaggio

Indice

 

Il paesaggio per riconquistare l’identità

Caricaturando, se il primo caso, quello dell'abitante riflessivo, conservatore del patrimonio, tende ad un atteggiamento depressivo verso il futuro, l'atteggiamento dell' "abitante normale"tende alla baldanza, è euforico al limite del tracotante.

E' vero che Gadamer ci rammenta che l'uomo occidentale è quello che sa la sua storia, che si differenzia dagli altri tipi geoculturali perché il suo modello interpretativo si fonda sulla coscienza degli apriori storici su cui è fondato, a differenza di altri modelli di civiltà che non serbano coscienza del peso della storia sulle proprie strategie di comprensione e di interpretazione (e quindi di decisione)[1].  Ma è anche vero che nel nostro tempo, per chi assimila i valori al patrimonio del passato, per chi guarda al paesaggio come un dato prezioso, la fiducia in se stessi spesso decade, perché il migliore dei mondi possibili non è il nostro ma è quello che ci è stato dato in eredità.

In quel modo siamo tutti degli Adamo sul punto di mangiare la mela, ci avvince la sindrome di espropriazione del futuro (la peggiore privazione, quella che ci viene da parte dei nostri genitori): proprio quando credevamo di avere acquisito uno strumento di appropriazione fondamentale (l'identità), perdiamo l'incoscienza necessaria a progettare il futuro.

In questo atteggiamento l'unico attore motivato è quello (e solo quello, non i suoi figli o gli amici) che l'identità se la riconquista: l'eroe è ancora una volta Ulisse o Edmond Dantes; tutti gli altri sono Orlando, Quixote, Achab, che proiettano identità in un altrove fantasmatico e periscono nel romantico sforzo di agguantare l'inattingibile .

Nella letteratura il riferimento al paesaggio proprio ritrovato sembra essere il viatico della riconquista dell'identità; la sua perdita, l'abbandono del paesaggio, è l'introduzione alla superbia della sfida che non può essere che perdente e mortale: Dante non lascia equivoci nel suo Ulisse che, vincente nel mare nostrum, muore "avventurandosi" oltre i suoi confini, nel paesaggio a identità zero che lo aspetta oltre le Colonne d'Ercole.

Qui però, al di là dell'antagonismo etico tra paesaggio ritrovato e negazione del paesaggio, serve considerare che effetto genera il paesaggio per l'abitante che ritorna : trova un luogo mosso da un tempo che ha avuto ritmi diversi dai suoi, e quindi gode (o soffre) di quello iato nel continuum temporale che gli permette una terzità, e la conseguente riflessione aperta sull'identità.

E bisogna anche considerare che cosa costituisca l'avventura precedente al ritorno (avventura che per Ulisse occupa l'intera Iliade e l'Odissea tranne gli ultimi due canti): che forse è il necessario staccarsi da un paesaggio per poterlo rivivere, se no lo si subisce (abitanti depressi) o lo si tradisce (abitanti colonizzatori euforici).

Insomma come "abitanti in progetto", alla ricerca di un equilibrio tra potenza del passato e desiderio del futuro possiamo solo affidarci alle dritte che vengono dal cortocircuito tra il "nostro" paesaggio e un nostro vissuto di altri luoghi e di altri tempi, che ha accumulato altri sensi di sé e del rapporto con il contesto. Questa condizione, rara e frutto a sua volta di progetti personali sino a pochi anni fa (Conrad scrive meno di cento anni fa e Chatwin scrive oggi), è ora più diffusa e ordinaria, legata al crescere della mobilità delle persone e della circolazione delle informazioni: l'abitare è sempre meno legato alla stazione, alla terra e alla sua cura e sempre più si configura come un intreccio di rapporti più o meno intimi e intensi con luoghi dislocati, favorevoli ad una coscienza che "guarda dall'esterno", se un "interno" è ancora riconoscibile.

 


[1] H.G.Gadamer, centenario padre dell'ermeneutica, ancora oggi, nella prolusione al convengo in suo onore tenuto il 10 febbraio scorso a Heidelberg, rammenta che lo spirito dell'Europa sta nella sua "classicità", nelle radici greche e romane del suo pensiero sempre rinnovato nella coerenza con quel passato.


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