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Martedì, 07 Dicembre 2010 00:00

Il Valore del paesaggio

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Indice

Sensibilità (o coinvolgimento fisico)

 

L'incontestabile potere della percezione diretta, dell'apparire e dell'essere percepito costituisce forse il vantaggio più essenziale del paesaggio rispetto al territorio, della forma riconoscibile e memorizzabile dei luoghi e delle cose, rispetto ai contenuti interiori, mobili, sfuggenti (le relazioni ecologiche, le attività socioeconomiche, i saperi locali). Il paesaggio, rilevabile come forma sensibile e interpretata del territorio, è di fatto il mezzo di comunicazione con cui il territorio stesso entra in contatto con altro, con gli abitanti di altri luoghi, con il passato (e quindi anche con il futuro). La forma raccontabile del territorio è la base strutturale della politica, comunicazione e discussione sulla polis che si appoggia alla rappresentazione dei luoghi e delle patrie.
Ma la sensibilità del paesaggio (la sua potenza a “farsi sentire attraverso i sensi”, dando luogo in modo ricco e articolato ad immagini e memorie) è caratterizzata dalla sua eventualità, dalla soggettività dei tempi, dei modi e soprattutto della sensibilità del fruitore.
Si tratta di fare riferimento agli effetti complessi e irriproducibili di quell’atto seduttivo in cui si connettono le sensibilità passive del paesaggio e quelle attive di chi rivolge la propria attenzione ad esso, di considerare la fertilità in termini di coinvolgimento personale, di piacere soggettivo e di partecipazione diretta che l’evento di “immersione” nel paesaggio comporta, arricchendo di esperienze sensazionali la "secchezza" del rapporto semico, quello in cui ogni cosa si relaziona precisamente con il suo significato.
Esaltando la sensibilità del paesaggio si svela la pochezza dei paesaggi finti sia nella versione oggettuale, delle facciate di cartongesso di Disneyland, sia nella versione comportamentale, dei tour “Francia in quattro giorni”, sia ancora nella spinosa questione della  riproduzione del paesaggio in scala 1:1 che si promuove negli ecomusei e negli altri esperimenti divulgativi.[1]
Una parte significativa dell’arte figurativa, fotografica e cinematografica esalta gli esiti della sensibilità rispetto al paesaggio, mantenendo sempre aperto l’equivoco, tra la sensibilità personale dell’artista e la sensibilità (il “prodigio” di Wittgenstein) comunicativa del paesaggio. Sarebbe produttivo indagare su questo nodo lavorando su casi reali:

- si potrebbero apprezzare le sensibilità di ogni paesaggio riferendosi all'estensione della gamma di percezioni memorizzate, o all’intensità con cui in modo olistico certe 'unità di paesaggio" si imprimono nella memoria con segni forti, sintetici (o metonimici) di complessità morfologiche disordinate;

- si potrebbe riconoscere la forza di rappresentatività dei luoghi in cui è sensibile la testimonianza del patrimonio che contengono e studiarne le caratteristiche per  riprodurre la stessa sensibilità per altri paesaggi, figure di ambienti o di territori  ugualmente  importanti ma oggi meno "eloquenti", o meno" ascoltati";

- si potrebbero individuare i criteri del "restauro di sensibilità" di paesaggi deformati o impoveriti e di fruitori resi insensibili alla gamma degli stimoli paesistici, e reattivi solo alle percezioni violente e categoriche dei paesaggi preconfezionati (come ad esempio i parchi di divertimento e tutte le architetture urbane che ad essi si ispirano);

- si potrebbero considerare i caratteri primari della sensibilità, distinguendo ad esempio quelli che inducono il senso dell'abitare in un luogo da quelli che inducono una tensione vettoriale per la quale la propria appartenenza al paesaggio non è data. Per questo bisognerebbe studiare ad esempio i paesaggi che favoriscono il sentirsi dentro(il caso in cui il primo piano è omogeneo al secondo e allo sfondo) e in un rapporto di reciprocitàcon il paesaggio (l'osservante sa di essere paesaggio per chi lo osserva dal paesaggio che lui osserva); o viceversa studiare i paesaggi di montagna (ovvero dal mare in vista di terra), in cui domina la tensione a: si vuole andare in un luogo altro: la vetta, la terraferma, la città, l'oasi etc..

Forse si potrebbe tentare una lettura della sensibilità che i luoghi mostrano per il "dentro" o per la "meta" come immagini delle due tensioni: quelle dell'abitare, dell'identificarsi e quelle del conquistare, del possedere il paesaggio "altro".  La sensibilità del paesaggio "reciproco" toscano (che è simile a quello cinese in cui ha avuto successo il Tao) induce probabilmente una cultura del radicamento e dell'indifferenza locale; il paesaggio montano o marino (mediterraneo almeno) comportano una strategia della meta (l'Odissea, la Chanson de Roland, l'alpinismo romantico….).

 


[1] cfr. Raffestin C.(2000) De la domestication à la simulation du paysage in Il senso del paesaggio, cit.


Letto 92216 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Settembre 2014 13:47