Convegno |
Torino, 10-12-2010 |
Il paesaggio per l'impresa innovativa
Fabio Renzi
marchigiano, segretario generale della Fondazione Symbola per le qualità italiane
Le imprese innovative sono un soggetto economico che sta emergendo con un’identità specifica: una sorta di quarto capitalismo. Sono multinazionali “tascabili” o imprese territoriali che hanno ristrutturato i distretti produttivi, costruito nuove filiere, inventato nuove forme di relazione con i fornitori, hanno saputo incorporare saperi e capacità di ricerca, creare presidi nei mercati internazionali nei più disparati settori, tra i quali soprattutto quelli innovativi, come la green economy.
Le imprese innovative non sono isolate: mediamente tengono rapporto con 240 fornitori, e sono la forza del made in italy.
Esiste tuttavia un paesaggio dell’impresa innovativa?
Nelle tre precedenti fasi del capitalismo (la prima delle grandi imprese, la seconda del capitale assistito dalla mano pubblica, associata alla costituzione dell’IRI, la terza della piccola e media impresa, del capitalismo molecolare, dell’industrializzazione diffusa, della campagna urbanizzata), le imprese hanno espresso una loro forza generatrice di paesaggio, nel bene e nel male. Nel quarto capitalismo, delle imprese innovative, questa spinta trasformatrice non si vede molto.
Il paesaggio delle nuove imprese è per lo più un paesaggio interno, l’innovazione è tutta interna ai mercati, alla filiera e non si riverbera nel territorio.
Negli ultimi 10-15 anni l’impresa innovativa si è confrontata dall’interno, per via necessitata, con la questione ambientale (con la green economy, con le certificazioni di qualità), che è entrata direttamente nel reddito dell’impresa, perché da un controllo migliore dei processi produttivi deriva una produzione di maggiore qualità, che determina a sua volta un incremento dell’export e quindi un incremento del fatturato. Viceversa, la qualità del territorio e del paesaggio, le imprese non l’hanno incorporata, perché non si richiede loro il bollino della qualità territoriale, che si dà forse per scontata.
Paradossalmente, nei 10 anni durante i quali le imprese del quarto capitalismo si sono affermate, costituendo la base di riferimento della qualità ambientale dei processi produttivi, si è assistito parallelamente al più grande consumo di suolo e degrado del territorio.
Molti territori che godono in questo momento di un immaginario positivo dal punto di vista delle risorse paesistico-ambientali e territoriali di cui dispongono, potrebbero non riuscire a mantenerlo nel prossimo futuro.
Sorge spontaneo porsi alcune domande: le imprese innovative percepiscono il senso del paesaggio? Hanno consapevolezza del fatto che il paesaggio è un bene comune? La qualità paesistica e territoriale può essere un obiettivo aggregante per le imprese del quarto capitalismo?
Queste imprese sono ben consapevoli della forza evocativa del paesaggio, come testimonia il successo di visitatori al padiglione italiano all’expo di Shanghai.
La Regione Marche, che in Italia, a livello manifatturiero, in termini percentuali, è la più vocata all’export, si è presentata all’expo con un filmato nel quale la rappresentazione del paesaggio era tradizionale, basata su territori e personaggi storici, Recanati ed il Leopardi, Pesaro e Rossini, Urbino e Raffaello. Se la Regione Marche avesse viceversa presentato alcune immagini delle nuove architetture commissionate dalle aziende manifatturiere, simbolo quindi del paesaggio prodotto dal quarto capitalismo, non avrebbe riscosso un eguale successo di visitatori, perché si sarebbe automaticamente spogliata della sua forza evocativa.
Le imprese che aderiscono a Symbola, ritengono il radicamento territoriale e l’ancoraggio al locale elementi fondamentali, anche nei processi di internazionalizzazione. Il rappresentante o l’acquirente straniero che veniva un tempo in Italia per concludere delle trattative, veniva portato al night, mentre oggi viene accompagnato a visitare i castelli, i borghi e le pinacoteche che costellano l’Italia intera, viene alloggiato in alberghi del centro storico, viene portato a mangiare nei migliori ristoranti e nelle migliori cantine; questo è il senso del paesaggio.
Il paesaggio è anche reciproca fedeltà tra imprese e lavoratori, la consapevolezza di avere a disposizione un capitale umano di eccellenza, l’orgoglio personale e territoriale di “fare bene il proprio lavoro”. E’ un principio di identità, è l’orgoglio della tradizione, sia quando se ne è eredi, sia quando se ne è iniziatori. Le avventure imprenditoriali sono progetti di vita individuali ma allo stesso tempo esperienze comunitarie e territoriali.
In relazione al capitale paesistico, è interessante notare come siano cambiante nel tempo le forme di sponsorizzazione, dal finanziamento della squadra locale al finanziamento del recupero e del restauro dei beni storici degradati.
Tuttavia, non riteniamo il presente dei nostri paesaggi (tra i quali il paesaggio delle imprese del quarto capitalismo) degno della contemporaneità e tanto meno del nostro passato; è come se non volessimo vedere tutto quello che erode e degrada il paesaggio italiano, ciò che riteniamo repulsivo, nonostante sia nostra la responsabilità nel produrre tale degrado.
I titolari delle imprese innovative, i neo-borghesi (coloro che sono rimasti in Italia, che hanno sviluppato una responsabilità sociale e d’impresa, che si sono agganciati alle filiere, che hanno investito in loco, virtuosi dal punto di vista ambientale) non vogliono essere rappresentati dal territorio nel quale si collocano e che contribuiscono a far evolvere. E’ un processo di rimozione contraddittorio con le altre capacità di investimento territoriale: sul capitale sociale, ambientale, imprenditoriale.
Diventa perciò sempre più importante far entrare nella strategia delle imprese la qualità paesistica e territoriale, come in parte sta avvenendo per la filiera agro-alimentare.
Bisogna individuare i grimaldelli per aprire questa connessione non funzionante.
Un tema attorno al quale le imprese dell’innovazione si possono coagulare, rispetto al territorio ed al paesaggio nel quale si collocano, è la sicurezza.
Anche se è difficile prevedere un’inversione di tendenza radicale, gli imprenditori si stanno accorgendo che se il territorio viene eroso e degradato essi ne perderanno la capacità evocativa incorporata.
Ma il principale elemento strategico attorno al quale costruire una strategia condivisa è il piacere e l’orgoglio di abitare in un territorio dotato di un capitale territoriale, sociale, paesistico ed ambientale di elevato valore. Bisogna riuscire a richiamare gli imprenditori ad un’assunzione di responsabilità, in quanto leader territoriali, per evitare che questo capitale si disperda o venga distrutto.
La responsabilità deve essere condivisa anche dalla politica, affinché non si pieghi ai condizionamenti delle élites locali, troppo spesso poco strategiche e legate solo a rendite immobiliari di breve periodo, ma sappia stipulare un patto tra tutti gli stakeholders, creando una rete ed una visione condivisa dell’Italia delle qualità.