• Fondazione Landscapefor

    Fondazione Landscapefor

    Piattaforma del paesaggio utile: per capire dall’esperienza diretta, per nutrire la curiosità e l’attenzione, per partecipare ad azioni sul bene comune.
  • APPA - Atlante del Patrimonio e del Paesaggio Attivo

    APPA - Atlante del Patrimonio e del Paesaggio Attivo

    è un programma di “popolamento” di LandscapeFor Atlas, per illustrare entro il 2020 circa 10.000 punti di interesse. Da maggio 2023 l'Associazione Landscapefor si è trasformata in Fondazione.
  • Un progetto per le scuole: "Racconta il tuo territorio" con strumenti innovativi

    Un progetto per le scuole: "Racconta il tuo territorio" con strumenti innovativi

    La Fondazione Landscapefor propone un modulo per l’alternanza scuola-lavoro dove gli studenti imparano a redigere parti dell’Atlas, per illustrare il proprio territorio e presentarlo agli studenti di altre città.
  • Atlasfor museiacasa

    Atlasfor museiacasa

    Una vetrina per il patrimonio online di musei e centri culturali.
  • AtlasFor Canavese diventa pienamente operativo

    AtlasFor Canavese diventa pienamente operativo

  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
  • Attività

    Obiettivi, Strategie per Atlas e Doc, Reti e Collaborazioni 
  • 1
  • AtlasFor

    Una Piattaforma Georeferenziata per pubblicare luoghi, iniziative, archivi tematici anche poco conosciuti
  • 1
  • 1

Questo sito utilizza cookie e tecnologie simili.

Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo di cookie di terze parti. Per saperne di piu'

Approvo

Le ultime attività

  • Dopo le comunità locali: una territorializzazione postmoderna

    Lunedì 8 luglio 2024, dalle ore 9.30 alle ore 12.00, iniziano gli incontri in presenza e online di Fondazione Landscapefor. Occasione delll’incontro è l’approfondimento sul tema delle prospettive di progetto locale in situazioni di comunità “deboli” o “inesistenti”. L’incontro si svolge a Genova nella sede locale della Fondazione. Questo il
  • Landscapefor è Fondazione: un nuovo strumento per la Terza Missione delle università

    Dopo oltre dieci anni di onorato servizio l’Associazione Landscapefor evolve in Fondazione e si iscrive nel Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS). E’ l’occasione per una riflessione sulle tappe percorse e sulle rotte da intraprendere. Nata per fornire servizi all’affinamento delle conoscenze, delle competenze e delle curiosità sul territorio e
  • Encomio alla IV edizione del Premio del paesaggio per Atlasfor

    Il 14 marzo si è svolta nella sede del Ministero della Cultura a Roma, la consegna del Premio del Paesaggio 2023, alla sua IV edizione.
  • AtlasFor Ucraina: 3 aree di attività

    A partire dal mese di aprile 2022 Landscapefor ha avviato il progetto AtlasforUcraina, a favore dei rifugiati ucraini a Torino e Genova, predisponendo una sezione dedicata alle persone ucraine su Atlasfor. Tutte le informazioni sono geolocalizzate e si possono leggere in una mappa in progress, su una piattaforma open source,
  • Riuscire a ri-uscire

    Possiamo uscire, riaprono negozi e bar. Possiamo muoverci e andare a pranzo fuori. Se stiamo attenti riusciremo a farlo in modo da non riaccendere il contagio. Per questo è importante gestire le attività in modo da evitare contatti inutili e far sentire in sicurezza tutti: servono le vetrine virtuali degli
  • AtlasForCanavese: il progetto

    Il Canavese è un territorio perfetto per interessare il turista curioso, contando ad esempio su bacini metropolitani entro 200 km. con oltre 8 milioni di potenziali fruitori (Genova, Torino, Milano, Ginevra…). Che sia solitario o in gruppo, studente in viaggio didattico o studioso di aspetti specifici, il turista culturale è
  • 1

Novità in AtlasFor

  • AtlasFor Canavese diventa pienamente operativo

    AtlasFor Canavese è un dossier speciale di Atlasfor, che nell’area canavesana presenta oltre 100 schede di punti di interesse tra beni e attività, redatte e messe a disposizione del turismo culturale e naturalistico, mobilitando sino ad ora oltre 50 operatori locali tra sindaci, produttori e servizi (vedi la lista allegata).
  • AtlasFor Visit Acquese

    AtlasFor Visit Acquese è un progetto di Landscapefor dedicato ad Acqui e al territorio circostante. Il progetto,svolto nel 2021 (tempi di pandemia) con il contributo operativo del Comune di Acqui, ha prodotto due archivi locali, schedando circa 90 i punti d’interesse.
  • Assaggio di AtlasFor

    Un tour nell'atlante per vedere come funziona il racconto di piazze, interventi recenti, castelli, associazioni, recuperi, itinerari.
  • Torino. Itinerari del centro

    Un work in progress per raccontare la ricchezza vitale e sorprendente dei luoghi del centro storico, lungo itinerari tematici spesso intrecciati.
  • Ciclovia del Monviso, strategie per il turismo slow

    Uno studio di fattibilità per la Ciclovia del Monviso per itinerari slow in paesaggi inediti lungo il fiume. Le mete, le attrezzature ricettive e produttive, i percorsi, distinti tra esistente e progetto.
  • Torino. Architetture recenti

    Schede con materiali iconografici e documentazione dell'inserimento delle opere nel contesto urbano: una prova di integrazione del catalogo Sitap Architettura del '900 del Mibact aperta ai possessori di archivi, agli autori, agli ordini professionali.
  • Speciale AtlasFor Magazine al Circolo dei Lettori

    Il numero speciale del Magazine è dedicato alla presentazione di AtlasFor per la città di Torino del 9 aprile al Circolo dei Lettori.
  • Call APPA Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta

    Il call per l’Atlante del Patrimonio e del Paesaggio Attivo è un programma di “popolamento” di LandscapeFor Atlas, per illustrare entro il 2020 circa 10.000 punti di interesse.
  • 1
  • 2

Articoli recenti

  • Dossier Roberto Gambino

    Da un’idea di ordinamento e pubblicazione che Gambino aveva impostato con Castelnovi prima di mancare con il Dssier si intende affrontare un lavoro complesso, che attende ancora una sistematica curatela, ma che comunque è importante anticipare con i contributi ancora ”caldi”, da considerare sul tavolo dei piani e dei progetti
  • Compiti per le Vacanze: Io sono Appennino

    L’Appennino, unità olistica che comprende gli appennini locali, è un’immagine con un’identità complessa e multipla, indescrivibile a priori nelle sue generalità ma certamente presente nella nostra geografia personale. E’ un’immagine indescrivibile astrattamente perché è fatta di una molteplicità di ingredienti, come il piatto di verdure cucinate che nel Mediterraneo si
  • Per il paesaggio: dalle regole al riconoscimento operoso

    Il piano paesaggistico piemontese è il tentativo più maturo di mettere a punto un paradigma operativo per valorizzare il paesaggio, utilizzando al meglio i piani urbanistici. Ma il tentativo mostra i limiti profondi della macchina regolativa di governo del territorio, pur prodotta dalla migliore legislazione urbanistica regionale, e del paesaggio,
  • Ricominciare dal Paesaggio Attivo

    1. Sempre più difficile sentirsi cittadini della propria città I nostalgici dei luoghi di ogni cittadina hanno il loro ritrovo sul web. Formano comunità folte, trasversali le formazioni culturali più diverse, disinteressate d’altro che non sia la fascinazione della propria città, non oggi, ma “com’era”. Chi, ogni giorno, mette in
  • Abbandono: non sprechiamo un’occasione epocale

    Contributo su Paesaggi scartati a cura di Fausto Carmelo Nigrelli manifestolibri 2021 L’abbandono: crisi nei processi territoriali Le spiagge erano punteggiate di barche rovesciate, che d’inverno erano ritinteggiate di bianco o celeste da certi tipi rugosi e taciturni; in montagna tre o quattro domeniche l’anno tutta la valle si dedicava
  • Abitare la montagna, abitare il Mondo

    Introduzione Il gruppo di lavoro formato da Gianluca Cepollaro, Jacopo Albasini (montagna), Umberto Anesi (governo del territorio), Serena Curti (cultura) e Ilaria Perusin e Paola Flor (paesaggio), e Maddalena Pellizzari (turismo-Dolomiti), ha incontrato Paolo Castelnovi per approfondire le riflessioni avviate nei mesi invernali sul tema di “ri-abitare la montagna”. Al
  • Il difficile progetto per la montagna senza villaggi

    Per chi ha visto (e denunciato) il corso quasi indisturbato dell’abbandono della montagna negli ultimi 70 anni, è chiaro che la situazione attuale è ormai un’altra storia, con nuovi attori e un nuovo senso della vita. È chiaro perché ci ricordiamo dei montanari che non ci sono più, quelli che
  • Ricucire il patchwork delle identità locali

    Sempre più difficile sentirsi cittadini della propria città. Per chi naviga muovendo dalla terza età, in quell’oceano scostante e ingombro di plastiche in degrado che è Facebook, risaltano come isole per un naufrago i gruppi che postano foto delle città come erano.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
  • 6

Il paesaggio per fronteggiare il global change

Convegno
IL PAESAGGIO PER: STRATEGIE AL TEMPO DELLA CRISI PER ABITARE MEGLIO SEMPRE

Torino, 10-12-2010


Il paesaggio per fronteggiare il global change

Luca Mercalli
climatologo, piemontese, presidente della Società Metereologica Italiana


Tutto il buono della terra

Cesare Pavese, in Feria d’Agosto (1946), fa dire alla Sandiana: «”tutto quello che nasce è fatto di terra; acqua e radici sono in terra; dentro il grano che mangi e il vino d’uva c’è tutto il buono della terra”. Io non avevo mai pensato che la terra servisse a fare il grano e a mantenerci, tanto più adesso che studiavo.»

A oltre sessant’anni da quell’affermazione, in un mondo iper-urbanizzato e dove l’agricoltura occupa solo pochi punti percentuali della popolazione, sono sicuramente molti di più coloro che ignorano del tutto cosa sia un suolo, a cosa serva, quanto sia basilare per la nostra esistenza.

Ancora ai tempi di Pavese, il suolo di un Paese era considerato sacro: per il suolo si facevano guerre, soprattutto perché significava cibo e materie prime. Suolo agrario, dove coltivare cereali e ortaggi, la base dell’alimentazione di un popolo. Suolo dove coltivare foraggi per nutrire il bestiame, non soltanto ad uso alimentare ma come fonte di energia meccanica – buoi, cavalli, muli – e materiali pregiati, cuoio, pellami, grasso, corna. Suolo per coltivare fibre tessili, canapa, lino. Suolo forestale per disporre di legname da costruzione e da combustione. Chi aveva terra era ricco, ma di una ricchezza fatta di complesse relazioni ecologiche e termodinamiche, fonte di moderato benessere purché nel rispetto dei vincoli ambientali: reintegro della sostanza organica, regimazione delle acque, irrigazione, lotta all’erosione.  Un rapporto affinatosi in millenni di agricoltura, che ha trasmesso alle generazioni successive un substrato addirittura migliorato rispetto alle condizioni originarie: spietramenti, livellamenti, drenaggi, concimazioni.

Le campagne italiane, fortemente occupate e coltivate a partire dall’epoca romana, hanno nutrito circa 80 generazioni di nostri predecessori e sono pervenute pressoché integre fino agli albori dell’era industriale. Con l’avvento dell’energia fossile, il rapporto tra l’uomo e il suo territorio improvvisamente è cambiato: non più legato a una fonte locale di energia e materie prime, ottenibili facilmente con le importazioni da luoghi più propizi e a costi inferiori, il custode del suolo si trasforma gradatamente nel suo predatore. Nella prima metà del Novecento si tratterà solo di una modesta espansione urbana dovuta a reali necessità di natura demografica e a una razionale industrializzazione, in genere collocata in prossimità delle risorse minerarie e idroelettriche, raramente coincidenti con distretti di elevata qualità pedologica. Nel secondo dopoguerra, il disaccoppiamento tra produzione industriale e territorio raggiungerà invece il suo apice, con l’occupazione massiva di terreni pianeggianti ad alta potenzialità agraria, prossimi alle grandi vie di comunicazione e per questo funzionali alle necessità del commercio e dell’industria. Nel primo scorcio del Duemila, si assisterà infine al parossismo del  processo speculativo dove l’edificazione dei suoli non risponderà più a effettive necessità indotte dagli assetti industriali o commerciali, ma verrà effettuata a priori, puntando sul cambiamento del valore fondiario e sulla creazione di domanda dell’utilizzo di spazi altresì non richiesti. Un processo predatorio non più connesso con una progettualità definibile come “proprietà emergente” del territorio, frutto delle innumerevoli stratificazioni e interazioni con gli abitanti e le loro storie personali, bensì generato dalla mera e banale massimizzazione temporanea del profitto.Pochi attori – imprese di costruzione, proprietari dei terreni e pubblici amministratori compiacenti – hanno provveduto a cambiare destinazione del suolo da agrario a edificabile per fare soldi in fretta, incuranti di ogni conseguenza a breve o a lungo termine sull’ambiente, sul paesaggio, sulla società. Pochi giorni di ruspe e betoniere, e un suolo coltivato e curato da millenni viene improvvisamente distrutto e sostituito con un manufatto edile. E sottolineo distrutto, in quanto un orizzonte podologico utile per un’agricoltura redditizia non si forma dall’oggi al domani, ma è un processo naturale mediato dal clima che impiega millenni ad evolvere. Rifare il suolo dopo che lo si è asportato non è possibile, almeno in tempi umani.

Ci sono surrogati di “suolo artificiale” ma costano energia e materie prime, e si possono applicare solo su piccola scala. Insomma, la distruzione del suolo ad opera dell’impermeabilizzazione e della costruzione di edifici è - alla scala dei tempi umani - un processo irreversibile. In questo termine sta tutta l’importanza e l’urgenza di un problema ormai tanto dirompente quanto trascurato: il consumo dissennato di suolo, e quasi sempre, del suolo migliore. Il suolo è la nostra assicurazione sul futuro: valenza estetica del paesaggio e attrattiva turistica, certo, ma soprattutto garanzia di produzione alimentare di prossimità anche in tempi di scarsità energetica, sede irrinunciabile di chiusura dei cicli biogeochimici, dalla depurazione dei reflui organici civili e agricoli, al sequestro di CO2 per limitare i cambiamenti climatici, dall’azione di filtro delle acque a fini potabili al contenimento degli eventi alluvionali, dalla produzione di materie prime vegetali alla biomassa combustibile. Se si vuole salvare il prezioso suolo che ancora rimane, è fondamentale cambiare rapidamente la legislazione: da supporto passivo ad altre attività economiche, spesso effimere, il suolo deve diventare ente economico in se stesso, produttore di servizi insostituibili riconosciuti dall’economia di mercato. Quest’ultima ha tuttavia dimostrato in una cinquantina d’anni di non essere sufficiente a regolare il prezzo del suolo in base alla sua scarsità: si tratta di uno di quei casi di “tragedia dei beni comuni” descritta dal biologo Garrett Hardin, dove quando ci si accorge del guasto, è ormai troppo tardi per ripararlo.  Quando avremo nuovamente bisogno del suolo perché le crisi energetica e climatica sposteranno radicalmente i flussi economici di materia e di energia, il prezzo del suoli superstiti forse salirà alle stelle, ma non servirà a restituire alla collettività il suolo perduto. Ecco un caso dove una saggia pubblica amministrazione ha il dovere di apportare un correttivo, ha l’obbligo morale di evitare la massimizzazione temporanea del profitto derivante dalla dilapidazione del bene comune «suolo», limitato e non rinnovabile. Il primo passo per raggiungere questo obiettivo è la conoscenza numerica dell’entità del guasto: quanti ettari vengono sigillati ogni giorno, ogni mese, ogni anno? E dove? E in quale classe di capacità d’uso?

 

In seguito devono essere varate urgenti e radicali azioni normative per scoraggiare il continuo consumo di suoli agrari di miglior qualità. La protezione basata sul criterio paesaggistico, che pure poteva arginare certi usi troppo liberi del territorio, si è dimostrata fallimentare: le soprintendenze, molto spesso sono state molto solerti nell’impedire l’installazione di qualche pannello solare sui tetti, ma nulla hanno potuto contro la sterminata colata cementizia di capannoni, zone industriali-artigianali, piani di insediamento produttivo, cittadelle commerciali e ipermercati e outlet, tuttora in atto. Allo stesso modo, migliaia di assessorati all’ambiente di regioni, province e comuni, ben poco contrasto hanno opposto ai loro omologhi uffici preposti all’urbanistica, all’edilizia e all’infrastrutturazione, che a quanto pare hanno sempre avuto la meglio a suon di tondini e betoniere.

Il consumo di suolo è però una strada senza ritorno, e gli errori di oggi peseranno sulle generazioni di un lunghissimo domani.

 

 

Qualche suggerimento bibliografico per approfondire:

 

Mercalli L., Sasso C., 2004 – Le mucche non mangiano cemento. Ed. SMS

Rognini P.,  2008 – La vista offesa. Inquinamento visivo e qualità della vita in Italia. Franco Angeli Ed.

Bevilacqua P., 2007 – La terra è finita. Laterza

Erbani F., 2003 – L’Italia maltrattata. Laterza

www.eddyburg.it

Letto 4993 volte Ultima modifica il Mercoledì, 22 Dicembre 2010 15:02