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Definire modelli per dare luogo al cambiamento

[Capitolo 3 della mostra Per il paesaggio|For Landscape] [Capitolo 1] [Capitolo 2] [Capitolo 3] [Capitolo 4] [Capitolo 5]

 

La complessità delle interazioni, che quotidianamente cambiano l’assetto delle relazioni territoriali e conseguentemente modificano il paesaggio, è difficile da rappresentare in modo semplice ed esaustivo. Ma l’accelerazione impressa nel nostro tempo da potenti processi trasformativi impedisce di trascurare il dato: il senso e la materia stessa del paesaggio sono dinamici e la percezione del mutamento è parte fondamentale del senso comune del paesaggio contemporaneo.
Se nell’evo rurale queste dinamiche sono state così lente da alimentare la sensazione di una stabilità del paesaggio, oggi l’abitante metropolitano considera il paesaggio una variabile che si modifica con ritmi più veloci dei suoi, e di esso apprezza (o soffre) in primo luogo proprio i cambiamenti.
Accettare norme o progetti che fissano lo status quo del paesaggio come il riferimento di valore rispetto al quale progettare, è come accettare norme e progetti riferiti ad una teoria creazionista dell’universo.
Perciò l’importanza e l’urgenza di sperimentare e riflettere sul riconoscimento dei processi, assumendo che le trasformazioni in corso non sono una perturbazione di un assetto archetipico ordinato, ma un inevitabile sistema di relazioni contestuali e dinamiche entro il quale ci si abitua ad assumere le proprie informazioni e valutazioni.
Quindi l’indagine è mirata a comprendere quali elementi e quali relazioni variano, anche tra quelli che riconosciamo partecipare alla struttura fondamentale del paesaggio, assumendo la definizione di Piaget di struttura, come un sistema di relazioni che contiene al proprio interno le regole per mantenersi evolvendo nel tempo.
Non solo, ma interessa capire quali elementi  sono assunti come segni delle trasformazioni paesistiche e quindi quali dinamiche vengono riconosciute come base interpretativa e valoriale dagli “abitanti”.
Ovviamente secondo l’ipotesi tale riconoscimento di contenuti (che possiamo chiamare “paesaggio vissuto”) non ha carattere scientifico cioè non sempre si appoggia direttamente su informazioni intorno alla sostanza storica e materiale delle cose che costituiscono il paesaggio e delle loro trasformazioni fisiche.
Si tratta invece di disegnare, in un modello confrontabile ordinatamente, la rilevazione di quella sorta di “competenza paesistica”, acquisita attraverso l’esperienza, per cui ciascuno di noi riconosce, con un giudizio operativo, l’appartenenza dei vari elementi e delle varie dinamiche trasformative ad un senso del paesaggio strutturato nella memoria, di ciascuno e collettiva, e quindi nel senso di identità.

 

 

 

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Informazioni aggiuntive

  • Riferimenti: Mostra Per il Paesaggio/For Landscape. Tecniche di racconto per il progetto
  • Periodo: 2010
  • Luogo: /