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Unità di paesaggio e indagini sul paesaggio sensibile nel Piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta

Le indagini sul paesaggio e la pianificazione territoriale

"Le paysage dans sa matérialite s'est en effet dissout pour apparaître comme un mode d'appréhension du reél structuré et structurant, qui fait éclater les carcans des périodisations, des sphères de la connaissance et de la division académique des savoirs. A notre sens, cette démarche ouvre des perspectives plus générales: elle permettrait d'inscrire notre configuration du savoir dans une archéologie des représentations du monde. Ceci ne signifie pas que le paysage fut le prétexte d'une réflexion qui aurait pu s'appliquer indifférentement à d'autres catégories de pensée. Le paysage est en effet une médiation centrale qu'il est fécond d'interroger dans le cadre de ce programme générale de recherche, dans le mesure où elle est par excellence une solution formelle est autoréflexive, en ce sens qu'elle comporte l'assurance de sa propre lisibilité. Cette qualité du paysage le range dans le mode de représentation, d'inscription et de communication du savoir dont l'étude permet de rompre avec l'épistémologie traditionelle et, du même coup, avec le grande partage entre science et non-science au profit d'un renouvellement de l'étude de la production et du savoir".

La citazione riporta il nocciolo delle conclusioni del convegno "Paysage et crise de la lisibilité", stese dai curatori stessi. [1]

In quell'occasione si convenne sul ruolo complesso che le ricerche sul paesaggio possono svolgere: da una parte componente strutturale di un sistema organico di conoscenze multidisciplinari, dall'altra parte strumento critico per la rifondazione di epistemologie interdisciplinari, capaci di superare metodi e valutazioni derivanti da rigidità positiviste ormai incistate.

La doppia prospettiva di lavoro, se è feconda di nuove e più libere ricerche teoriche e modelli di relazioni scientifiche, propone invece un più difficile e controverso campo di azione per chi gestisce il territorio e ha a che fare con il paesaggio come materia di piano o di progetto.

In Italia particolarmente lo scontro storico, tra "esteti" e "scienziati", è uscito dall'università e dall'accademia e si è misurato in questi anni con i problemi della pianificazione, indotto "a scendere in campo" da leggi che, rendendo obbligatori i piani paesistici e paesistico-territoriali, hanno reso obbligatoria una considerazione complessa del territorio e del suo rapporto con il paesaggio. [2]

Tuttavia il dibattito tra studiosi degli aspetti morfologico-percettivi ed ecologi del paesaggio, invece che generare una produttiva interdisciplinarità, si è spesso irrigidito in uno scontro tra i sostenitori dell'oggettività scientifica dei dati come unico strumento utile per il piano e quelli che attribuiscono un ruolo importante anche alla soggettività delle sensazioni e dei comportamenti, descrivibili solo qualitativamente.

I pianificatori hanno per lo più rimosso il problema, trattando sino ad ora il paesaggio come tema da ridurre il più possibile ad un insieme di "dati oggettivi", nel doppio senso del termine: che si riferiscono ad oggetti e che minimizzano la soggettività del rilevatore.

La tendenza è incentivata da una certa prospettiva "utilitarista" in cui sono redatte le ricerche in occasione dei piani, che porta a ricercare solo le informazioni che più facilmente consentono l'esercizio del controllo del territorio e del progetto di intervento con gli strumenti normativi e gestionali consolidati. La lunga tradizione di competenze di settore nella gestione del territorio e di approfondimento disciplinare delle indagini, poco disponibile alla costruzione di sistemi di informazione "trasversali", rende praticabile un'ipotesi di piano che si appoggia sostanzialmente ai pilastri formati dalle norme di settore, giustapposte e pochissimo interferenti tra le diverse competenze.

In questo modo si genera una sorta di deterrente culturale rispetto alle inevitabili complessificazioni e redistribuzioni delle competenze tra discipline che un'adeguata indagine sul paesaggio provocherebbe. Infatti nei piani paesistici si tenta implicitamente di mantenere un sistema di normazione consolidato nella gestione urbanistica italiana, variando ed arricchendo le fonti di informazione che possono dare nuovi motivi e nuova funzionalità ai vecchi strumenti: la zonizzazione, la tutela degli oggetti monumentali e delle aree circostanti, la disciplina degli usi.

E' evidente che in questa situazione di output largamente condizionato, anche gli input vengono indirizzati secondo un'economia di lavoro tendenzialmente funzionalista; sono quindi escluse dall'interesse immediato del pianificatore le indagini prevalentemente qualitative e comunque quelle i cui repertori di informazioni:

- organizzano i dati in modo disomogeneo o discontinuo, non assicurando la copertura di tutta la superficie del territorio in esame;

- non raccolgono le informazioni in alcune, poche, tipologie diffuse, alle quali poter far corrispondere simmetricamente regole ed indirizzi generali, validate indipendentemente dalle situazioni specifiche;

- non identificano i confini delle aree da sottoporre a particolare attenzione o ad un livello di progetto di maggior dettaglio.

Inoltre vige una regola di buona educazione, per i redattori di piani che comportano vincoli e limitazioni nella "libertà" privata dei proprietari: rappresentare come "oggettive" e dimostrabili le ragioni che spingono a porre ogni vincolo, indipendentemente dall'efficacia e dal ruolo nel piano che tale vincolo svolge.

Il paesaggio che viene "accreditato" presso i piani è quindi quello che viene esaminato con criteri che rispondono almeno ai precedenti requisiti: copertura dell'universo di riferimento, oggettualità/oggettività, identità attraverso una distinzione dei confini areali.

Di fatto i Piani che hanno affrontato il tema del paesaggio lo hanno sino ad ora scomposto nei suoi elementi costitutivi e tipizzabili, trascurando sia la sua incomprimibile variabilità morfologica sia la complessità delle relazioni con il fruitore, entrambi fattori di difficile rilevazione e catalogazione, ma sicuramente alla base dei valori a cui dovrebbe fare riferimento ogni progetto di qualificazione paesistica.

Il paesaggio, nei lavori di indagine direttamente finalizzati alla pianificazione, non viene letto come significante di un sistema formale di rappresentazioni che i fruitori riconoscono, con differenze relative alla soggettività dei fruitori stessi.

Si trascurano le "forme strutturate", base del sistema di relazioni tra parti che comunicano complessivamente dei significati, mentre al contrario si organizzano sistematicamente le informazioni sugli oggetti che costituiscono il supporto fisico del paesaggio, le "sostanze" dell'espressione o del contenuto. [3]

Quindi, mentre cresce l'attenzione per descrivere in modo sistematico gli aspetti ambientali e culturali del supporto fisico che sta alla base del paesaggio, al contrario tutti gli studi sul valore di identità o su quello estetico del paesaggio si vanno riducendo ad un contributo marginale, poco strutturato metodologicamente, poco utile per il progetto. [4]

L'indirizzo, che a Lausanne sembrava condiviso e promotore di sperimentazioni e ricerche sul campo, non trova spazio nella "pratica" dei piani e si riduce al riconoscimento di legittimità scientifica di due ottiche di indagine, senza riuscire ad indurre prove ed esperienze di sinergia, o almeno di cooperazione tra le due strategie di conoscenza, ai fini del progetto.


[1] in AAVV, "Paysage et crise de la lisibilité", editè par L. Mondada, F. Panese e O. Söderström, Lausanne 1992, pag.376

[2] vedi, per un quadro di confronti e di riferimento molto aggiornato e comprensivo: R.Gambino, Innovare e conservare, Torino, Utet, 1997

[3] si utilizza qui la quadripartizione classica della semiotica (v.Hjelmslev, Fondements de la théorie linguistique, ed.or.1943,Copenague, ed.it.Einaudi 1968), che distingue le "sostanze" dalle "forme" sia dell'espressione che del contenuto, e reputa strutturale della relazione semiotica solo il nesso tra le "forme", dichiarando invece le "sostanze" inconoscibili da una scienza della comunicazione

[4] un esempio vicino della tendenza è nel dossier della Revue de geographje urbaine dedicato all'espace Mont-Blanc, nel 1994 (n.14): al paesaggio è dedicato solo un breve articolo, in cui gli autori (C.Bouchard e D.Deguelle) concludono in modo interlocutorio, denunciando la necessità di precisare la metodologia e ridefinire i valori pertinenti da considerare nell'indagine sul campo per ipotizzare una struttura relazionale che descriva i "valeurs paysagères"

 


 

Ipotesi metodologiche per le indagini e il progetto in Valle d'Aosta

 

La vicenda delle indagini e della redazione progettuale del Piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta costituisce un buon caso di studio per verificare la capacità attuale di coniugazione delle esigenze di "fattualità" della pianificazione con quelle di "scientificità" delle indagini in tema di paesaggio. [5]

Il piano è stato impostato sin dall'inizio con criteri di rispetto della complessità, che è stata immediatamente assunta come "valore", come agente strutturale del territorio in quanto sistema patrimoniale e in quanto luogo di attività eterogenee: una regione che si presenta molto articolata, in cui si collocano vicini ma completamente distinti alcuni dei monumenti naturali più eccezionali d'Europa, diversissimi sistemi di paesaggio, diverse etnie, diverse culture, e che storicamente si è trovata riunita solo dalla spinta endogena all'autonomia e all'indipendenza da maggiori dominazioni.

D'altra parte anche l'impostazione metodologica del Piano valorizza la complessità, tentando l'integrazione tra i diversi "motori" di piani territoriali e di piani paesistici delle ultime generazioni: quello del miglioramento del ruolo regionale nelle reti europee di flussi di traffico e di turismo, quello della gestione della transizione postindustriale del sistema economico e della valorizzazione delle risorse locali, quello della distribuzione equa delle opportunità di sviluppo, quello della qualificazione paesistica e ambientale. [6]

Soprattutto il carattere distintivo della regione, con la sua forte specificità storica e paesistica, ha stimolato a impostare il Piano secondo criteri di indagine e di progetto in cui si potessero verificare a fondo le potenzialità sinergiche tra aspetti economici e aspetti culturali e ambientali, o viceversa in cui si riuscissero a temperare situazioni pregresse di dialettica antagonista tra qualificazione della natura e sviluppo economico, tra tutela del patrimonio e adeguamento della efficienza dei servizi e della infrastrutturazione.

Alla base della metodologia di indagine (e del Piano nel suo complesso) sta l'ipotesi che si possano autonomamente sviluppare analisi settoriali, con criteri tecnicamente adeguati e con specializzazioni legate a ciascuna disciplina, purchè si sappiano far confluire le informazioni in un quadro sinottico di riferimento, i cui requisiti, utili per il piano, sono noti sin dall'inizio:

- che si riescano a raccogliere informazioni sistematiche in modo da dare valutazioni estese a tutto il territorio, per far emergere i caratteri differenziali e non solo le omogeneità;

- che si pongano in evidenza i caratteri di interattività tra le componenti indagate, sia nel ricostruire gli effetti di reticolarità e di sistema entro l'assetto naturale, quello culturale, quello formale e quelli più specificamente territoriali, sia nel porre al centro dell'attenzione le interferenze tra componenti diverse: dalle criticità dovute all'aggressione antropica sulla natura e o all'abbandono del patrimonio culturale, sino alle potenzialità di sviluppo turistico legate ai sistemi di risorse ambientali e paesistiche;

- che si delineino fin dalle indagini i valori chiave di ciscuna ottica di lettura dei fenomeni ambientali, paesistici, territoriali, per rendere attivi alcuni criteri di condizionamento delle scelte del piano, in cui sia garantita la compatibilità ambientale, la fattibilità economica e soprattutto sociale, la coerenza con indirizzi strategici a grande scala: la valorizzazione del patrimonio alpino, il ruolo particolare della regione nel sistema dei flussi di traffico europei e nella rete del turismo internazionale;

- infine, che attraverso una valutazione integrata per differenti località, si otttengano indirizzi e tutele per valorizzare le differenze e le specificità territoriali proprio a partire dal paesaggio, le cui Unità vengono poste alla base del sistema di difesa delle identità locali.

Quindi nel Piano della Valle d'Aosta il ruolo dell'indagine sul paesaggio riveste un carattere molto più strategico di quello comunemente accordatogli negli stessi piani paesistici, in cui gli studi sul paesaggio sono affiancati e spesso sopraffatti nelle scelte progettuali da molti altri quadri informativi settoriali, senza assumere un ruolo organizzativo e di riferimento per tutta la metodologia del progetto.

Nello schema seguente si può leggere l'ipotesi di progressiva integrazione delle indagini in sistemi di valutazione e di orientamento complessivo delle strategie. [7]

La complessità viene affrontata distinguendo non solo la specificità di diverse ottiche di lettura compresenti, ma anche cercando di far emergere dalle indagini le strutture latenti sul territorio: sistemi naturalistici o culturali, unità di paesaggio, reti di risorse, flussi turistici esistenti o potenziali. Per la fase valutativa non si tratta tanto di coordinare in un grande "data base" un'infinità di informazioni su ogni oggetto del territorio, ma di leggerne le relazioni, di addentrarsi nelle discipline di indagine per utilizzarne i metodi più capaci di rappresentare gli effetti sistemici, di descrivere le strutture.

Questo indirizzo si è concretato in approcci dell'analisi paesistico ambientale, diversi ma che hanno tutti posto al centro dell'attenzione il sistema delle relazioni e la valutazione delle loro condizioni e potenzialità: in mosaici di ecosistemi per l'assetto naturale, le testimonianze dell'antropizzazione del territorio in sistemi insediati per l'assetto culturale, in paesaggi come aggregati di segni per l'assetto formale. [8]

Lo stimolo a produrre un quadro di riferimento di ciascuna disciplina anche metodologicamente innovativo è dunque implicito nell'impostazione generale e questo risulta significativamente dai contributi che si sono sviluppati, a partire da quelli sull'assetto naturale e culturale sino a quelli sull'assetto formale, oggetto di questo report.


[5] Il piano è stato redatto in più fasi: la prima riguardante le indagini(89/90), una seconda con la prima bozza di piano (90/92) e, successivamente ad una ridiscussione complessiva da parte dei Comuni, una terza fase con una revisione del Pianoadottata dalla Regione alla fine del 1996.

L'intero lavoro è stato coordinato da R.Gambino;  nella prima fase è stato svolto da un'equìpe, composta da P.Castelnovi, S.Malceschi, F.Thomasset, C.Treves e altri con ruoli specialistici; nella seconda fase gli stessi sono stati accompagnati da un numeroso gruppo di consulenti in cui svolgevano ruolo di caporogetto e di coordinamento G.Bellone, P.Castelnovi, G.Nebbia, R.Radicioni, F.Thomasset; ala terza fase hanno partecipato solo G.Bellone, P.Castelnovi e G.Nebbia.

[6] vedi Relazione alla Prima proposta progettuale del PTP (1992) e Documento sulle strategie del 1991

[7] vedi Relazione.. cit. pg.14

[8] La costruzione delle metodologie di indagine, in molti aspetti innovativa, e un primo quadro di risultati è stato presentato in un convegno a St.Vincent del 1990, con un report piuttosto dettagliato: cfr. a cura di Castelnovi, Studi e ricerche sugli aspetti ambientali e paesistici, Celid, Torino,1990.

 


 

Un'applicazione dei paradigmi della semiotica

 

In generale l'atteggiamento scientifico, di fronte ad una realtà complessa, stabilisce un criterio di scomposizione in segmenti semplici, in elementi "atomici" della conoscenza, la quale viene costruita con un sistema di montaggio e ricomposta in una "maquette mentale" che è più o meno somigliante alla realtà: solo il modello così ottenuto è descrivibile e confrontabile con altro, purché anche l'altro sia prodotto con lo stesso procedimento.

Ma un'indagine indirizzata ad un piano territoriale deve restituire un'interpretazione strutturale della realtà, per la quale non bastano i risultati di un lavoro meccanico di analisi: nel modello si devono riconoscere almeno le più importanti regole delle relazioni tra le parti ottenute nella scomposizione; anzi, secondo il paradigma strutturale, si descrive la realtà solo in quanto sistema di relazioni tra elementi che, senza le relazioni, sarebbero inconoscibili.

E' noto che i tentativi di applicazione di una doppia procedura, di scomposizione e di successiva strutturazione, introducono notevoli alee di soggettività nell'indagine, a partire dal metodo stesso. D'altra parte non ci sarebbe bisogno di scomodare i modelli epistemologici, basta scorrere i programmi di indagine su temi "di area vasta" per verificare come sia diffusa e legittimata la pratica sperimentale per cui ciascuna ricerca, fondata su materiali che appaiono complessi alla nostra esperienza, costruisce il proprio specifico metodo di conoscenza mentre effettua l'indagine. Non solo, ma il sistema categoriale, o il modello di relazioni ipotizzato preventivamente viene assestato e si critica durante l'indagine, in modo che alla fine i dati dell'indagine ed il suo modello sono legati da così tante interazioni che sono necessari confronti con altre indagini per poterne derivare qualche criterio generalizzabile e riproponibile.

Nel caso della Valle d'Aosta, che per il Piano territoriale paesistico è stato indagata "sub specibus" diverse (quella delle testimonianze culturali, quella del sistema naturale, quella del sistema funzionale  oltre a quella del sistema "formale"), ciascuna ottica d'indagine ha assunto i suoi propri criteri di riferimento. Questi criteri sono per lo più consolidati nella tradizione delle ricerche per quanto riguarda gli aspetti "oggettuali", ma al contrario sono sperimentali nelle meno provate indagini sulla struttura relazionale. Così un fattore caratterizzante il complesso delle indagini è stato la parallela ed integrata messa a punto di modelli sperimentali della struttura relazionale: degli ecosistemi, delle interferenze tra natura e attività antropiche, dell'insediamento storico, sino a quello del sistema costituente il paesaggio.

Anche per l'indagine sul paesaggio infatti, nonostante la diversa radice epistemologica che la caratterizza, si è voluto costruire un processo di analisi e di ricomposizione in modello, analogo a quello delle altre ottiche di indagine, per mantenere quel parallelismo che, come si è detto in premessa, è stato utile per omologare gli studi sul paesaggio agli altri studi territoriali o naturalistici.

Anche nelle ricerche semiotiche, soprattutto se dedicate a "testi" non specificamente redatti per la comunicazione (come quelli oggetto delle scienze naturali o prodotto di attività strumentali), si assume una strategia di indagine e di ricostruzione di modelli strutturati sulle relazioni e sulle differenze, se non altro per mimesi con il modello madre di tutti i modelli, quello della semiologia linguistica. [9]

Nella metodologia semiologica, che ha costituito riferimento epistemologico dell'indagine sul paesaggio, si è sempre sottolineato che gli aspetti "sostanziali" del testo (ciò che nel nostro caso chiamiamo "territorio") sono descrivibili solo con altri sistemi di riconoscimento (discipline delle scienze umane o delle scienze naturali), oggetto di indagini separate. Inoltre nel dibattito sulla metodologia si insiste sul fatto che gli aspetti "formali" non possono essere categorizzati "in sé", senza relazioni con la loro interpretazione, ma solo in quanto segni, cioè solo in un quadro di relazioni con i loro significati.

Il termine "formale" in semiotica fa riferimento al nodo strutturale della comunicazione e della attribuzione di senso: indica la caratteristica della "funzione" che rende possibile la relazione segnica tra l'espressione e il contenuto. [10]

Semplificando il nesso fondamentale del modello semiotico: le "forme" dell'espressione sono le modalità con cui si presentano all'attenzione del "ricevente" i dati bruti della percezione della realtà materiale, riconosciuti in quanto quelle modalità formali trovano riscontro in analoghe forme dei repertori concettuali di chi percepisce, le "forme" del contenuto; il riconoscimento della simmetria/identità tra forma dell'espressione e forma del contenuto di ciascun elemento e delle sue relazioni è il modo di cui disponiamo per dare senso a ciò che percepiamo, considerandolo come sistema segnico.

Pur senza sottovalutare l'incomprimibile soggettività di ogni esperienza percettiva, il metodo di indagine della semiotica permette comunque di discutere su quel tipo di elementi che possono essere considerati alla base dell'attribuzione di un senso comune, di un significato diffusamente condiviso, tralasciando le particolarità delle formalizzazioni "idiolettiche". [11]

Seguendo le modalità di una generica analisi semiotica, il paesaggio è stato analizzato in quanto parte di un sistema segnico, dotato di regole implicite ma riducibili ad una serie di relazioni "formali".

Si è ipotizzato che l'azione di fruizione del paesaggio sia descrivibile con una serie di passaggi:

- l'insieme di ciò che viene percepito è scomposto in elementi formali e in nessi relazionali semplici;

- sono assunte all'attenzione configurazioni relazionali tipiche (cioè ricorrenti e ricordate) di questi elementi (o le loro varianti specifiche), già "conosciute" e organizzate nella nostra memoria: ad esse si attribuisce un senso in modo simile a quello per cui ad una parola si attribuisce un significato;

- tali configurazioni si ricompongono in strutture più complesse e costituiscono immagini che permettono di riconoscere, di ricordare, di apprezzare le differenze di senso dei luoghi che si sono percepiti, secondo modalità sintattiche che forse sono interpretabili a partire dalle regole con cui si costruisce la frase e il discorso nella lingua. [12]

Come è più che per la lingua, anche per il paesaggio si potrebbe continuare con i temi della discussione infinita sulle sovrapposizioni delle fasi, se la scomposizione in elementi preceda o meno l'attribuzione di senso, se la 'preconoscenza' dei significati sia un dato vincolante o si diano anche elementi di significato non precedentemente memorizzati, se la ricomposizione in strutture complesse non comporti anch'essa un'attribuzione di sensi complessi che i singoli elementi non possono suscitare: in ogni caso qualsiasi approfondimento porta elementi a conforto dell'ipotesi che il modello semiotico permette una soddisfacente rappresentazione delle modalità di interazione tra fruitore e paesaggio, che è ciò che qui interessa.

Naturalmente ci sono notevoli limiti in questa rappresentazione, a cominciare dal fatto che anche per il paesaggio bisogna rinunciare all'ipotesi di restituire un sistema di segni completo ed autosufficiente, come d'altra parte in tutta la semiotica si raccomanda, soprattutto nei casi in cui il "testo" di riferimento è un deposito di processi naturali o prodotti antropici, come il territorio, che comunica "suo malgrado", e non certo con intenzione dei suoi produttori. [13]

La nostra è quindi una ricostruzione "tentativa" della struttura segnica della regione, che affronta il territorio sistematicamente ma con una procedura selettiva in fondo simile a quel modo autogestito e "ingenuo" che ha l'abitante o il turista quando trae dal paesaggio che lo circonda sensi imprecisi, fatti di "aure" e di "sentimenti" più che di denotazioni nominali e di relazioni assolute, che invece sono richieste ai linguaggi completamente formalizzati, nelle matematiche o nei codici di segnalazione.

Pur riconoscendo la radice ineliminabile di incertezza e di soggettività di tali procedure, l'indagine  ha selezionato criteri il più possibile condivisi dalla razionalità e preventivamente descrivibili, in modo da poter confrontare i risultati e le conseguenti scelte del Piano orientate alla individuazione del "dove" e del "come" applicare indirizzi di valorizzazione e di tutela del paesaggio.

 

Sulla base di queste premesse si può affermare che l'indagine dell'assetto formale della regione è impostata su un criterio di analisi di tipo semiotico: tende a classificare il paesaggio in quanto aggregato di segni.

Per poter distinguere i diversi aggregati di segni è stato necessario leggere sull'intero territorio un'organizzazione distintiva degli oggetti che fanno da supporto ai segni, a partire dagli aspetti della morfologia scomposti in componenti elementari utili per l'analisi semiotica.

Secondo questo modello interpretativo si dà un'accezione specifica di "paesaggio", che si riferisce ad ogni complesso di morfologie e di spazi, composti da elementi naturali e antropici, che viene interpretato (da uno o da tutti) come portatore di un messaggio, sia che lo si colga con un colpo d'occhio, sia che si componga solo nella memoria di un percorso abituale o di immagini riprodotte, sia che si generi come effetto cumulativo di molteplici esperienze percettive, proprie o evocate da altri.

Anche in questo caso si è assunto per il lavoro sul campo un atteggiamento sperimentale, da verificare in corso d'opera, ma in prima battuta si sono indirizzati i criteri di indagine secondo il modello "classico", di analisi per scomposizione e di successivo rimontaggio.

Si è accettata comunque la irresolvibilità di alcune contraddizioni che rendono difficile la convivenza epistemologica dei due metodi (quello di indagine semiotica e quello di determinazione pianificatoria):

- per l'importanza che assume nel sistema pianificatorio ogni delimitazione di zona che contrasta con la difficoltà, che è intrinseca nel paesaggio sensibile, a definire con nettezza i confini per statuire delle identità entro un continuum,

- per la difficoltà ad individuare elementi semplici significativi che costituiscano una base di riferimento legittimata perché condivisa dalla collettività dei fruitori del territorio, che non sia attaccabile immediatamente come soggettiva e insostenibile nelle prescrizioni che ne derivano.

Per attenuare queste contraddizioni di fondo nella fase iniziale dell'indagine si è fatto riferimento ai più consolidati criteri distintivi: quello delle forme elementari, quello delle tipologie geomorfologiche e di copertura del suolo, quello dei segni dei tre agenti di trasformazione fondamentali: la natura, l'agricoltura, l'urbanizzazione.

La classificazione degli elementi costitutivi i paesaggi ha quindi preso in esame :

- le tipologie morfologiche del supporto fisico del paesaggio, suddivise per caratteri geometrici;

- le relazioni ricorrenti tra diversi tipologie morfologiche (geometrie complesse costituite di elementi integrati riconoscibili a loro volta in tipologie complesse);

- il significato che viene attribuito alle strutture relazionali, nella sua accezione più elementare, di fattore di riconoscimento di agenti fondamentali che si manifestano sul territorio (la natura, la trasformazione portata dall'agricoltura, la trasformazione portata dall'urbanizzazione).


[9] vedi ad es.R.Barthes: "...non ho qui intenzione di evocare i procedimenti operativi della semiologia urbanistica. Probabilmente essi consistono nel dissociare il testo urbano in tante unità, nel distribuire poi queste in clessi formali e, in terzo luogo nel trovare le regole di combinazione e di trasformazione di queste unità e di questi modelli." da Semiologia e urbanistica, in Architecture d'aujourd'hui n.53, dic.1970, e in L'avventura semiologica, Ed. du Seuil, 1985; tr.it. Einaudi 1991. Dal resto del testo si comprende come R.B. parli di urbanistica come di un connotato che caratterizza un particolare testo da interpretare: la città. Nel nostro lessico questo testo si chiama "paesaggio urbano", ed è solo uno specifico di quel tipo di testi che sono i "paesaggi".

[10] vedi  Hjelmslev, cit.

[11] L'idioletto viene definito da U.Eco come 'il codice privato e individuale di un solo parlante' (cioè di un piccolo gruppo: in 'La sruttura assente', Milsno, Bompiani, 1968, pg.68.

[12] un buon riferimento alla costruzione del discorso in A.J.Greimas, Sémantique structurale, Paris, Larousse, 1966 (tr.it. - Semantica strutturale - Rizzoli,Milano, 1968)

[13] di nuovo R.Barthes: ".... partendo..da questa  ricostituzione di una lingua o di un codice della lingua (dell'urbanistica), potremo orientarci verso strumenti più scientifici: ricerca delle unità, sintassi etc., ma sempre ricordandoci che non si deve mai cercare di fissare  e irrifgidire i significati delleunità trovate, poichè storicamente questi signficati sono estremamente imprecisi, ricusabili e irriducibili" da Semiologia e urbanistica , cit..


L'organizzazione geometrica

 

La descrizione delle componenti significanti costituisce un settore di ricerca importante: in linguistica si è sviluppato come una vera e propria disciplina, la fonetica, che analizza i suoni utilizzati per la comunicazione, in quanto distinti e dotati di identità ma non ancora dotati di senso. Le singole sillabe costituiscono suoni significanti, che assumono significato soltanto se aggregati in strutture relazionali (parole e soprattutto frasi): sono il supporto espressivo dei segni senza ancora avere un corrispondente significato.

Per l'indagine sul paesaggio il riferimento fondamentale di interpretazione del supporto significante dei segni è stata la geometria, che prescinde da ogni soggettività del punto di vista e della fruizione. Il territorio fisico è stato scomposto in singole componenti significanti, elementi geometrici di diverso ordine dimensionale: punti, linee, superfici, spazi.

Tali componenti sono più elementari dell'unità significativa del paesaggio, che si configura come segno solo ad un livello più complesso, di relazione tra diverse componenti.

La morfologia geometrica è stata analizzata suddividendo il continuum del territorio fisico in segmenti geometrici elementari: ne sono risultati circa 400 spazi fondamentali e in un numero simile di spazi compositi o volumi secondari, in modo che ogni elemento del paesaggio regionale risultasse inserito almeno in uno di questi contenitori.

La complessità orografica della regione comporta una netta prevalenza, agli effetti della percezione, degli elementi spaziali/volumetrici rispetto a quelli superficiali e lineari: gli spazi costituiscono quasi sempre il contenitore in cui si relazionano per compresenza gli altri elementi geometrici (superfici, linee, punti) e la loro relazione assume significato strutturandosi in modi diversi.

Perciò alle componenti spaziali è riservato il compito di contenitore della struttura segnica, garanzia della possibilità di comprensione entro una sequenza visuale continua e omogenea, con un ruolo simile a quello della riga su cui sono allineate le parole scritte o della tela su cui è dipinto il quadro: si sa che il senso va ritrovato interpretando il complesso di segni entro quel confine.

In alcuni casi una componente volumetrica, morfologicamente all'interno di uno spazio contenitore maggiore (come accade per un conoide entro una valle) assume un valore distintivo e caratterizza quel contenitore maggiore allo stesso modo di una superficie, di una linea o di un elemento puntuale.

Con "superficie" formalmente distinta si intende un trattamento di una parte della superficie del territorio fisico che la fa percepire dall'esterno in modo diverso da un'altra parte (ad esempio quando è coperta con un manto vegetale uniforme).

Sono state considerati come significanti solo una parte dei trattamenti superficiali dell'intero territorio fisico, distinguendo circa 400 superfici in gran parte discontinue.

Come "elementi lineari" ed "elementi puntuali" si sono distinti oggetti (ad esempio una cima, o un edificio isolato e fuori scala) o i bordi di uno spazio (ad esempio una cresta montana) o di una superficie (ad esempio di un bosco) che assumono rilevanza entro un contenitore spaziale.

Ovviamente anche gli elementi lineari e quelli puntuali sono discontinui sul territorio.e sono stati classificati solo in quanto distinti dal resto.

Le componenti spaziali, superficiali, lineari e puntuali sono state identificate per le loro proprietà geometriche, di texture e topologiche, a seconda della caratteristica di maggiore evidenza nel connotare la componente, renderla individuabile e supporto di un valore segnico.

Il confine è l'elemento distintivo più importante delle componenti  spaziali, il che, in una morfologia compenetrata e variata come quella valdostana, differenzia nettamente due tipologie di spazi: quelli a confini prevalentemente definiti e quelli con molti confini labili (cioè con confini dipendenti dal punto di vista).

Alla prima categoria appartengono le tipologie principali: spazi che vengono definiti da due o più piani marcati (come i tratti di valle con sezione ad U o a V, le testate); alla seconda categoria appartengono le tipologie che sono caratterizzate dagli spazi complessi o indefiniti in più direzioni, come nelle confluenze, nelle zone di vetta, nei versanti isolati.

Inoltre tra le tipologie si sono distinti anche quegli spazi che sono riconoscibili per l'appartenenza a strutture segniche diverse, luoghi di compenetrazione e di compresenza di diversi ambiti visuali con diversi contenuti segnici.

Le superfici sono connotate dal loro trattamento percepibile (la texture), secondo ritmi di elementi ricorrenti più o meno fitti: si va dalla mancanza di fattori differenziali emergenti (una texture omogenea, come appare un bosco o una prateria), alla presenza sistematica di differenze ricorrenti a maglia fitta (una texture a trama, come appare una vigna o una serie di terrazzamenti) o ancora alla presenza di differenze ricorrenti a maglia più larga, i cui vuoti sono in alcuni casi riempiti a formare un disegno variato (una texture con ordito, come appare una zona di colture  invasa a tratti da edificati).

La rilevanza delle differenze tra i diversi tipi di texture dipende dalla ricorrenza di alcuni caratteri come significativi di certe strutture segniche: ad esempio omogeneo = non artificiale o almeno non urbano; trama = artificiale (e probabilmente legato all'ambito rurale), ordito = indizio di urbano o di insediamento tradizionale diffuso etc.

Le componenti puntuali e lineari sono classificate, oltre che per le loro differenze oggettive, anche per la loro topologia, quindi rispetto alla posizione che hanno nel connotare specificatamente il confine di una superficie o di un spazio (ad esempio se sono interni o di bordo).

In questo modo i connotanti delle superfici, delle linee e dei punti si caratterizzano a seconda della loro convergenza su tipi di strutture segniche: partecipano a connotare il significato dell'intera struttura e non solo a distinguere le componenti elementari geometriche.


L'indagine sulla percezione del paesaggio

 

L'importanza degli aspetti di connotazione spaziale, rispetto alle altre componenti della geometria del paesaggio, porta a distinguere il testo "montagna" dagli altri tipi di testi paesistici non solo per caratteri "oggettivi" (cioè, in semiotica, del materiale del significante) ma anche per ciò che si induce nel rapporto percettivo, cioè nella relazione in cui entra in gioco anche il "soggetto" percettore (la sua posizione, i suoi movimenti, la sua attenzione, le sue attese funzionali e culturali).

E' evidente infatti che alla base della fruizione della montagna sta una prevalente considerazione delle componenti spaziali rispetto a quelle di superficie o lineari e puntuali, che invece caratterizzano i paesaggi con grandi orizzonti, di pianura o di mare.

La immediata collocazione del sistema segnico percepito su un supporto spaziale implica una diretta interazione tra soggetto e testo: quasi sempre il fruitore, l'interprete del paesaggio, è consapevole di "essere dentro" il paesaggio, di essere egli stesso parte di un paesaggio percepibile da altri punti di vista.

Questo aspetto di reciprocità, di reversibilità tra soggetto e testo, è sicuramente una delle specificità più strutturali del sistema fruitivo della montagna, che è caratterizzato dalla posizione attiva del soggetto, di percezione dinamica, di forte "comprensione" del paesaggio, nell'etimo del termine.

Ciò comporta una più rilevante importanza dell'esperienza diretta, del vissuto, l'utilizzo intenso della soggettività di molteplici punti di vista per godere dei sensi immediati, emozionali del paesaggio e soprattutto per costituire la base della memoria, che traccia un imprinting personale alle future attribuzioni di significato.

Viceversa il sistema segnico della montagna sarà interpretato più facilmente di quello di altri luoghi con una relativa indipendenza dagli effetti "letterari" dei panorami prestigiosi, dei quadri visivi e delle immagini stereotipe a cui si è riferita la cultura della tutela e della valorizzazione nella prima generazione di attenzione al paesaggio, considerato un bene in qualche modo associabile a quelli artistici e monumentali.

Per questi motivi all'indagine sui caratteri geometrici del paesaggio, come materialie dell'espressione, è stata posta in parallelo ad un'indagine sui caratteri percettivi, in cui il paesaggio assume il ruolo di base informativa rispetto ad un soggetto mobile, che percorre gli itinerari più frequentati della regione.

Si sono rilevati i caratteri percettivi degli spazi che vengono attraversati dai percorsi, considerati come "contenitori visivi". Quindi le componenti geometriche spaziali, superficiali, lineari o puntuali sono state esaminate in quanto emergenze polarizzanti l'attenzione o viceversa elementi di quinta o di sfondo, in quanto costituenti fattori di continuità o discontinuità alla percezione, in quanto compresenti allo sguardo sino a rendere sovrabbondanti le informazioni (come avviene in ambiente urbano) o viceversa nascosti o isolati (come avviene nel bosco).

Gli itinerari scelti per l'indagine sono prevalentemente quelli di fondovalle, che danno accesso ai centri maggiori dall'asse urbanizzato sino alle stazioni turistiche alle testate delle valli minori.

Con questa scelta si sono consapevolmente esclusi gli itinerari escursionistici in quota, sicuramente importanti per connettere un quadro complessivo dell'immagine del paesaggio regionale che è tracciato nella memoria dei più. Tuttavia la necessità di centrare l'attenzione sui temi e sulle aree più specificamente oggetto di attenzioni per la tutela paesistica ha fatto restringere il campo dell'indagine, anche tenendo conto dell'alta complessità e del grande carico di lavoro sul campo che questo tipo di rilevazioni comporta. Infatti si è utilitaristicamente convenuto che gli indirizzi di tutela ambientale complessiva garantissero la salvaguardia e la valorizzazione delle alte quote più diffusamente e precisamente di quanto di potesse distinguere con una dettagliata analisi paesistica. Al contrario l'indagine è risultata fondamentale per indirizzare le trasformazioni in territori già compromessi, di minore interesse ambientale, in cui le componenti paesistiche da valorizzare assumono un ruolo rilevante, oltre che in sè, anche per l'intensità delle frequentazioni di abitanti e turisti e la fragilità intrinseca nei paesaggi antropizzati.

L'universo di riferimento è stato quindi il paesaggio percepibile dalle strade più frequentate e questo tipo di punto di vista ha fatto prevalere gli ambiti visivi circoscritti entro contenitori spaziali molto definiti, o per lo più lungo i fondovalle in cui il panorama verso fondali lontani o addirittura verso orizzonti indefiniti è un'eccezione e come tale assume sempre il ruolo di centro dell'attenzione e di elemento differenziale significativo. Non solo, ma con una prevalenza di contenitori visivi definiti diventa molto importante il ruolo degli elementi emergenti, anche quando sono dimensionalmente ridotti, imponendosi all'attenzione per la loro posizione rispetto agli assi visivi o per qualche connotato differenziale che li isola dal contesto. [14]

Così assume rilevanza segnica anche una serie di  elementi le cui geometrie e morfologie "oggettive" sono quasi trascurabili rispetto all'insieme delle componenti paesistiche presenti in un contenitore visivo: singoli edifici, piccoli nuclei, tratti di strada o di altre infrastrutture e delle loro opere di contenimento, pareti rocciose isolate, isole prative o appezzamenti di vigneto in un versante boscato.

Non solo per la semiotica, ma anche in base alla teoria dell'informazione ogni elemento assume un ruolo in quanto è relazionato ad altri: oltre alla relazione differenziale costitutiva del valore informazionale, va considerato anche l'effetto "sistema" di fattori informativi che, isolati, non potrebbero assumere la rilevanza e il valore che emerge dalla loro strutturazione in rete .

Per comparare la distribuzione di questi valori relazionali, è stata valutata anche la "intensità informativa" degli ambiti visivi, in considerazione del noto processo entropico dell'informazione, che viene selezionata in base alla "densità" contestuale, e che quindi non viene più rilevata quando il suo valore differenziale dal contesto è troppo debole (l'esempio classico è la grande insegna al neon a Las Vegas o il tono di voce a cui si è costretti per parlare in un ristorante italiano).

In montagna la forza segnica intriseca nei contenitori spaziali è straordinaria rispetto a qualsiasi altro tipo di paesaggio (trova confonto solo nel mare visto da terra), ma l'attenzione del fruitore, per il quale sono emergenti per lo più i primi piani, è spesso confusa e disordinata dalla presenza di numerosi elementi di distrazione, di alterazione rispetto alla gerarchia "naturale" dei valori informativi. Così l'indagine sugli aspetti percettivi ha posto in evidenza gli elementi la cui emergenza o la cui densità erano particolarmente rilevanti, fino a far classificare alcuni ambiti come troppo ricchi di informazione (o viceversa distinguere quelli troppo poveri, per chiusura del campo visuale o per assenza di fattori focalizzanti).[15]

Infine vanno citate due condizioni strutturali della percezione del paesaggio di montagna a partire dal fondovalle, legate alla soggettività del punto di vista e al ruolo dinamico implicito nella fruizione del paesaggio di montagna: l'effetto "collana" di spazi definiti e il senso del percorso e della meta. Il primo è dovuto alla dominanza delle geometrie spaziali chiuse e al prevalente rapporto interattivo tra fruitore e paesaggio: il sistema dei paesaggi di fondovalle si presenta come una serie di "stanze", di interni attraverso cui si transita passando da uno all'altro. Come in tutti i sistemi chiusi assume particolare importanza il confine e, lungo il confine, quella particolare morfologia che rappresenta la "porta", il "passaggio". Da ciò la rilevanza, assunta nell'indagine, dei punti di transito, delle quinte che rendono poco percepibile a distanza (e quindi sorprendente) il passaggio, rinforzate oggettivamente da elementi particolari nella geomorfologia della Valle d'Aosta: i dislivelli di innesto delle valli glaciali, le strettoie provocate dalle gorges fluviali, i passi in quota. Viceversa diventa eccezionale (e quindi si segnala e si imprime nella memoria) lo spiraglio che permette uno sguardo su altre stanze, come l'affacciarsi di un'emergenza innevata tra quinte di bosco, o l'improvviso slargarsi della valle in un tratto che apre su un panorama lontano, o ancora la rocca che costituisce polo di attenzione, collocato sul confine di confluenza di diversi ambiti percettivi.

Il senso del percorso è insito nella implicita vettorialità della percezione lungo il fondovalle: l'attenzione è direzionata nello stesso senso in cui si procede, sia che lo sguardo si rivolga verso ciò che ancora si deve incontrare, sia che si volti a ciò che è già trascorso: rare sono le emergenze che compaiono all'improvviso ai lati.

Questo aspetto sistematico della percezione a partire dai fondovalle comporta almeno due conseguenze, che nell'indagine si sono sottolineate: viene esaltato il ruolo degli elementi emergenti lungo il percorso, che "segnano la via", e viene posto in evidenza il senso di "meta" (o talvolta di "tappa") che taluni contenitori spaziali strutturalmente comportano, concludendo visivamente i percorsi (non solo le testate di valle, ma anche le piane di terrazzo e di media valle quando ciò si differenzia sostanzialmente dal tratto di percorso precedente, spesso caratterizzato da una "porta" particolarmente angusta).

L'effetto "meta", essenziale nella percezione dinamica, è particolarmente insito nella struttura della percezione del paesaggio di montagna, mentre risulta assente negli altri paesaggi naturali [16], e viene sempre sostituito da emergenze artificiali (i campanili in pianura, i fari per i porti). Nell'indagine gli ambiti visivi che rivestono il ruolo di meta di percorsi sono trattati in modo particolarmente accurato, proprio per il riconoscimento di un particolare valore di stimolo per l'attenzione e per il senso generale che viene ad essi attribuito nel soddisfare la componente di ansia e di desiderio che accompagnano l'esperienza percettiva del percorso.


[14] Per una prima disamina degli aspetti informazionali in campo percettivo ed estetico rimane importante il riferimento ad A.Moles, Théorie de l'information et perception esthétique, Paris, Flammarion, 1958

[15] E' evidente che nell'analisi degli elementi rilevanti e del carico informativo relativo non è possibile esimersi da un'implicita attribuzione di senso agli oggetti che si vanno catalogando, poichè probabilmente la nostra attenzione rileva le differenze (e quindi il carico informativo) solo in quanto sa ad esse attribuire un senso "soggettivo" prima ancora che un carattere parametrico "oggettivo". In ogni caso l'indagine percettiva è stata condotta a priori della strutturazione dei significati di fondo a cui fare riferimento nella valutazione semiotica, e il carico semico degli elementi catalogati non è stato oggetto di questa fase di indagine, anche se certamente ha influito sulla ineliminabile soggettività del rilevatore.

[16] uniche eccezioni, anche letterariamente consolidate, sono gli eventi differenziali  nei paesaggi assolutamente omogenei: le oasi nel deserto o  l'isola nel mare. Va tenuto comunque conto che per questi ultimi casi si tratta di mete "casuali", non legate alla vettorialità dell'attenzione, ma che compaiono all'orizzonte (nell'archetipo salvano chi si è perduto).


L'organizzazione segnica

 

La natura, la società tradizionale agricola, la società urbana hanno trasformato il paesaggio in modi loro propri e chi guarda riconosce l'impronta dell'uno e dell'altro agente, i casi del loro confrontarsi e mescolarsi e i casi della loro contrapposizione.

Nella nostra ipotesi riteniamo che alla base del processo di lettura del paesaggio stia in primo luogo il riconoscimento di questi agenti nei complessi e singolari esiti paesaggistici: a specifici brani di paesaggio attribuiamo un senso a partire dalla percezione di relazioni tra gli elementi significanti che in noi corrispondono a tipi di impronte proprie di un agente o della compresenza e conflitto tra più agenti.

Questa è la base strutturale del senso nel paesaggio (forse valevole solo per il tipo di paesaggio alpino e comunque verificata nel caso della Valle d'Aosta ed utile ai fini del Piano). Come tale la strutturazione elementare non è legata ad un singolo elemento ma alle relazioni intercorrenti tra tutti gli elementi significanti compresi almeno in un ambito spazialmente definito.

Ma gli ambiti spaziali costituiscono un'entità variabile e diversificata: possono essere compresi in un solo ambito visivo (come accade con un panorama), oppure possono essere percepiti attraverso una serie di ambiti visivi che si susseguono ma vengono riconosciuti come omogenei dalla memoria istantanea che aiuta la percezione a ricostruire il paesaggio con una serie di visioni cinematiche o dislocate nel tempo. In tutti i casi si è assunto che le componenti elementari segniche in cui si è suddiviso l'intero territorio regionale siano ricomprese in specifici ambiti spaziali o siano loro multipli.

Si tratta quindi di riconoscere entro tali ambiti una struttura, cioè una serie di relazioni sistematiche che connettono elementi semplici (componenti significanti e di significato), che ricorre secondo modelli in cui si riconosce l'impronta di ciascun agente: la natura, l'insediamento tradizionale agricolo e l'insediamento urbanizzativo, che il fruitore già conosce nel loro carattere tipico (o può ricostruire da singoli segmenti della struttura a cui attribuisce un carattere tipico).

Le componenti significanti sono quelle dell'organizzazione geometrica del territorio percepito (superfici, punti, linee), quelle di significato (componenti semantiche) sono di fatto gli elementi distintivi presi in esame nelle indagini degli assetti naturalistico ambientale e culturale insediativo, in cui la capacità di distinzione deriva dalle categorie disciplinari che si sono assunte nelle diverse indagini svolte con paradigmi più o meno scientifici ma sempre oggettuali (in quanto riferiti ad oggetti fisicamente riscontrabili).

Una relazione strutturale è quella che lega, ad esempio, la sequenza "neve/ roccia/ prateria/ bosco/ prato" collocandola nei segni della natura, oppure la relazione "nucleo costruito compatto/ intorno coltivato/ bordo di bosco" collocata nei segni dell'insediamento tradizionale, o ancora la relazione "opere infrastrutturali evidenti/ abitato diffuso e multiforme per densità e volumi" nei segni dell'urbano.

Le relazioni strutturali rendono possibile la selezione dei singoli segni, cioè collegano singole componenti significanti geometriche al loro senso nel sistema dei contenuti (gli elementi distintivi della natura o le tracce dell'uomo), in quanto rilevano la connessione significativa tra loro. Va sottolineato che questa connessione non deve necessariamente essere confermata da una relazione topologica (ad esempio non è necessario che gli elementi significanti siano vicini per poter attribuire alla loro relazione un significato), ma la relazione sta nel riconoscimento da parte del fruitore, che collega mentalmente elementi staccati sul territorio e attribuisce senso alla struttura segnica formata dal loro insieme (ad esempio un sistema di nuclei intervallato da pertinenze agricole a prato e da fasce più naturali di bosco o di forra).

La struttura segnica risultante sarà semplice nel caso della convergenza di tutte le componenti connotate secondo lo stesso tipo, complessa nel caso di compresenza di componenti di diverso tipo (ad esempio della natura e della urbanità, come accade al Breuil, o dell'insediamento tradizionale e dell'urbanità, come accade alla periferia di Pont, di Verres e di tanti altri centri della Grande Vallèe), o nel caso di una compresenza di componenti dello stesso tipo molto diversificate e complessamente interrelate (come accade in molti paesaggi della natura, ad esempio dove un segmento di alte vette entra in contatto diretto con una fascia boscata).

Sono infatti frequenti le situazioni in cui le relazioni strutturali comprendono segni appartenenti a diversi tipi di strutture significative: si genera in questo caso un diverso tipo strutturale che assume il contrasto come nuovo elemento dotato di significato: è un segno della contrapposizione tra due agenti (ad esempio la natura e l'urbanizzazione).

In questo modo si sono distinti otto tipi di strutture segniche:

-  semplici della natura (SSW)

-  complesse della natura (SSN)

-  dell'agricoltura con bordi naturali (SSV)

-  della natura umanizzata dall'agricoltura (SSA)

-  del territorio urbanizzato (SSU)

-  di paesaggi complessi caratterizzati dal rapporto natura/urbanizzato (SSP)

-  di paesaggi complessi caratterizzati dal rapporto natura/agricoltura (SSC)

-  di paesaggi complessi caratterizzati dal rapporto natura/ agricoltura/ urbanizzato (SSS)

L'indagine ha distinto il territorio regionale in 395 parti in cui sono dominanti le tre strutture segniche di base (dell'agente naturale, dell'agente produttivo del sistema insediato agricolo tradizionale, dell'agente produttivo del sistema insediato urbano), o le loro quattro combinazioni (associate o contrastanti).

Per una convenzione metodologica si è assunto che le strutture segniche dominanti siano individuabili su un numero intero di contenitori spaziali e che a ciascuno di essi sia attribuita una struttura segnica dominante.

In questo modo l'indagine dell'assetto formale per il piano paesistico regionale individua sul territorio due ripartizioni complete e 'coprenti': una della morfologia geometrica, formata di contenitori spaziali che ospitano superfici linee e punti, l'altra di zone con diverse strutture segniche dominanti, appoggiate a contenitori spaziali.

A connotare e gerarchizzare il ruolo delle strutture segniche sta l'indagine sulla percezione del paesaggio, che distingue il territorio sulla base dei livelli di visibilità e di rilevanza informativa.

 


 

Tipologia delle strutture segniche nel paesaggio alpino

 

Anche per il Piano della Valle d'Aosta, come capita in molti casi, l'indagine ha costruito il suo proprio metodo ad hoc. Probabilmente il modello tipologico adottato per la Valle d'Aosta può essere applicato, senza variazioni importanti, all'interpretazione delle strutture segniche dell'intero paesaggio alpino: la rilevanza degli agenti fondamentali e la storia dell'antropizzazione delle Alpi è strutturalmente simile in tutto l'arco e in entrambi i versanti. Sarebbe molto interessante verificare con un'indagine più diffusa la distribuzione delle tipologie e le connotazioni che distinguono diverse regioni alpine, disegnando così un atlante segnico di un universo abbastanza identificato.

Sicuramente il modello tipologico di seguito analizzato è inadeguato a rappresentare in modo congruo le strutture segniche della montagna in generale, per la differente geometria e morfologia di altri sistemi paesistici di montagna (si pensi all'Appennino o ai Pirenei), per il differente rapporto tra natura e antropizzazione e tra agricoltura e urbanità, e soprattutto per la differente rilevanza dell'alta montagna, componente essenziale di quel sistema segnico completo e complesso della natura che rende unico il paesaggio delle Alpi in Europa.

D'altra parte nei paesaggi di altre regioni montagnose sono molti rari i paesaggi caratterizzati da intense compresenze e prossimità tra natura e urbanizzato, caso che invece per la Valle d'Aosta (e per le Alpi in generale) si verifica con una tale frequenza e ripetitività della struttura segnica da farlo ritenere un tipo.

Quindi è credibile che la classificazione adottata sia abbastanza generalizzabile almeno all'intero arco alpino e forse al sistema dei paesaggi di montagna, mentre vanno certamente riviste, a seconda delle situazioni regionali che si vanno esplorando, le gerarchie valutative: l'importanza o la criticità o la rappresentatività sono sicuramente relative, per differenza rispetto alla media delle situazioni locali (se non altro per la diversa rilevanza dei paesaggi naturali d'alta quota e delle nevi perenni, o viceversa per la diversa connessione tra sistemi insediati diffusi e pervasivi che erodono l'autonomia segnica delle parti naturali).

Le schede per tipi di strutture segniche che seguono valgono quindi non solo a descrivere la situazione analizzata in Valle d'Aosta, ma come modello analitico per una più generale ipotesi di indagine sulle strutture segniche della montagna, da considerare comunque con tutti i limiti e le deformazioni che derivano dall'aver lavorato in una sola regione.

 

SSW - Strutture segniche semplici della natura

Oltre il 55% delle strutture segniche aggregate fa parte dei "paesaggi selvaggi", quelli in cui il segno dell'uomo è un'eccezione, riconoscibile come estraneo alla struttura dei segni di quel sito, percepito talvolta come benefico punto di riferimento in un territorio troppo assolutamente privo di presenze antropiche, ma assai più spesso come impatto, alterazione di un sistema di segni equilibrato nella sua coerenza.Tali paesaggi sono stati distinti tra strutture complesse (SSN) e strutture semplici (SSW), in ragione della presenza di segni eterogenei o viceversa di una omogeneità complessiva del sistema segnico (a cui spesso corrisponde una morfologia geometrica molto articolata e variata: ad esempio i sistemi di  vetta, o di ghiacciaio).

Le strutture segniche semplici della natura si leggono in paesaggi segnati dai ghiacciai e dalla roccia, che poco spazio lasciano alla vegetazione: questa viene fruita prevalentemente come residuale, soprattutto tenendo conto che chi si avvicina a questi luoghi quasi sempre percorre prima  itinerari che si svolgono in territori con segno forte della vegetazione (boschi o pascoli).

Le componenti spaziali più frequenti costituiscono la geometria di testate di valle, sia in presenza di alte vette e ghiacciai sia nelle morfologie minori, quando il circo glaciale è solo un segno di geometria spaziale e il paesaggio, chiuso e formato da pochi tipi di elementi, si presenta in modo particolarmente omogeneo.

Al contrario le zone di vetta e di ghiacciaio si presentano non tanto come spazi racchiusi da bordi ma più come volumi disegnati ( le punte di roccia e le lingue di ghiacciaio): anche qui con caratteri di eccezionalità  sia per le caratteristiche delle superfici (la tormentata texture del ghiacciaio e i toni della parete rocciosa) sia per la forma, che si distingue per l'antitesi di qualsiasi paesaggio umanizzato conosciuto, denunciando la difficile accessibilità e la dominanza di materiali "ostili" all'uomo (se non altro per l'assenza della vegetazione, la cui texture caratterizza le superfici umanizzate o umanizzabili).

Quindi possono essere individuati due sottotipi fondamentali delle strutture segniche semplici della natura: quello delle testate di valle e delle conche in quota, con una prevalenza di superfici anche tormentate ma costituite soltanto da pochi elementi (detrito e roccia sulla vegetazione) e quello delle vette e dei ghiacciai (con una prevalenza delle superfici anomale: roccia e ghiaccio) caratterizzato dai volumi emergenti piuttosto che da spazi delimitati.

La differenza tra i due tipi spaziali appare fondamentale per le valenze operative e di tutela del paesaggio della natura selvaggia:

- le testate (e le conche  e le valli ad alta quota) permettono un confinamento percettivo che consente la fruizione del paesaggio la cui omogeneità si costituisce come universo avvolgente;

- le vette, i ghiacciai (e i versanti di alta quota ) sono spesso fruiti da lontano come sfondo differente, componente differenziale di un paesaggio compenetrato e complesso, che parte dalle zone più antropizzate e che, attraverso questo sfondo, porta la testimonianza di un territorio "altro": la montagna inaccessibile a confronto con il paesaggio abitato.

L'importanza segnica del contrasto si mantiene anche invertendo la posizione di chi guarda: lo scalatore ad esempio gode della sua condizione di differenza proprio per la compresenza di un primo piano selvaggio e per lo sfondo (ovvero la bassa quota) animato dagli insediamenti.

Viceversa quando dalle alte vette si gode del panorama esclusivo della sequenza di altri picchi circostanti si fruisce di un segno dominante della natura che fa rientrare quel tipo di paesaggio tra quelli chiusi e totalizzanti che caratterizzano invece le geometrie spaziali delle testate.

 

SSN - Strutture segniche complesse della natura

La seconda tipologia dei paesaggi non insediati presenta strutture segniche completamente diverse, caratterizzate dalla vegetazione spontanea e dalla mancanza di insediamenti ma entro il territorio in cui i segni dell'insediamento sono plausibili e attesi (d'altra parte la loro presenza è notevole a quota inferiore ai 2500 m., in tratti sovente percorsi da strade di transito, spesso tra un insediamento e un altro o in zone di insediamento leggero e molto rado - come i pascoli- ).

La diffusione di questa tipologia (120 strutture segniche riconosciute, corrispondenti ad oltre il 30% del totale, con una superficie che supera il 37% di quella regionale) e l'eterogeneità delle componenti spaziali e superficiali che la compongono, impediscono dal riconoscere sottotipi univoci dell'organizzazione geometrica (in cui ricorrono superfici o volumi sempre simili).

Unico connotato tipizzante è quindi già riferito ad un complessivo senso comunicato dalla struttura segnica: un paesaggio che presenta una notevole subalternità delle componenti antropiche in confronto ad una natura prevalente, fatta di vegetazione rigogliosa, accessibile e amica, a differenza da quella naturalità assoluta ed estraniante che caratterizza le strutture segniche SSW, sopra delineate.

E' indubbio che questo tipo di paesaggio costituisca una presenza fondamentale nell'immagine sincretica (syncrétique) della regione, che la memoria porta con sé (ricorre sempre nelle descrizioni dei luoghi, sia da parte degli abitanti che da parte dei turisti). Buona parte delle interviste fatte ai turisti allude più o meno direttamente all'isolamento nella natura degli insediamenti, da cui risulta il valore archetipico di questa immagine, quasi pari a quella delle alte vette nel costituire il macrosegno del paesaggio regionale nella cultura "geografica" diffusa.

Va sottolineato  il doppio ruolo giocato dalla "natura" nei segni complessi che il paesaggio lascia nella memoria: uno di luogo inaccessibile, presente ma distante, inquietante e rimosso dagli usi quotidiani, in cui "intatto" vuol dire davvero "intoccato"; l'altro di luogo accessibile e desiderato come opportuno complemento nel segno del paesaggio antropizzato, fruito direttamente come 'alterità  domestica', in cui "intatto" vuol dire "con segni antropici ben inseriti". Insomma le strade ormai connaturate, i manufatti tradizionali, la traccia dell'antica agricoltura vengono ricercati come segni distintivi e percepiti come elementi necessari in questo tipo di paesaggio.

Le componenti superficiali più ricorrenti sono quelle uniformi, a vaste zone omogenee di bosco o di pascolo/prateria, apprezzabili segnicamente quando costituiscono il connotato forte della struttura segnica (cioè quando sono omogenee ed estese, prevalenti sulla componente volumetrica che loro da supporto geometrico).

Le componenti spaziali più diffuse sono le parti inferiori dei versanti o interi tratti di valle a V e ad U, coperti dai boschi; alcune testate prive di ghiacciai, conche in quota, tratti terminali di valli a U minori tappezzate di praterie o pascoli.

Salvo che per i tratti iniziali di valli molto incise, che costituiscono una classe di strutture segniche fortemente caratterizzate dalla specificità spaziale, sono le ricorrenze di superfici, dominanti per la loro omogeneità, a classificare in sottotipi questa classe di strutture segniche.

Ne risultano tre possibili sottotipi delle strutture segniche complesse della natura:

-connotati dalla superficie omogenea a pascolo,

-connotati dalla superficie omogenea a bosco

-connotati da tratti di valle molto incisa, per lo più all'inizio di valli laterali, resi ancora più significative in quanto rappresentativi del passaggio tra il paesaggio prevalentemente edificato della Grande Vallée e  quello misto tra natura e insediamenti delle valli trasversali.

 

SSV - Paesaggi a struttura mista:  agricoltura con bordi naturali

La situazione di paesaggio misto è strutturale della regione ed è basata sul rapporto organico tra insediamento tradizionale, fatto di agricoltura estensiva per lo più a prato (con ridotti spazi occupati da villaggi) ed elementi naturali , per lo più costituiti dal bosco. Tale situazione è stata considerata all'origine di un tipo di strutture segniche quando si verifica la compresenza equilibrata  di elementi naturali e di segni antropici prevalentemente legati all'agricoltura.

La struttura segnica coinvolge anche una parte notevole delle aree naturali circostanti gli insediamenti (con confini spesso dettati dagli ambiti visuali interferenti tra diverse componenti spaziali), per cui questo tipo di paesaggi interessa una quota notevole della regione (oltre il 20,7%).

Si tratta per lo più di piccole zone ad insediamenti semplici, intervallate ma connesse da una serie di corridoi di vegetazione per lo più a bosco, che isolano le parti antropizzate e ne costituiscono l'intorno in un unica relazione segnica strutturale: l'immagine complessiva che risulta è data dalla relazione tra le due parti, senza la cui dialettica ciascuna sarebbe priva di significato emergente.

Il paesaggio di questi luoghi viene ricordato prevalentemente per l'effetto di diversità e di sorpresa che ogni insediamento genera rispetto a ciò che si presenta all'ingresso della zona (ad esempio un filtro di bosco) o rispetto all'effetto che l'ambiente naturale circostante genera; questo effetto importante è dato proprio dalla relazione tra le due componenti e sembra valere molto più che non ognuno dei segni semplici che suscitano la struttura complessa.

Perciò ogni villaggio, ogni area agricola circostante, ogni bosco o ogni zona 'inselvatichita' al contorno valgono segnicamente molto meno del loro rapporto complessivo, quando si riesce a cogliere l'insieme in una visuale o in una sola sequenza fruitiva, riconoscendo al di sopra di tutte le specificità una tipologia di segno ricorrente nell'intera regione.

La morfologia dei siti di questa tipologia è molto importante per differenziare l'ambiente spaziale generale in cui si riconosce l'insieme.

Si possono distinguere quattro casi, caratterizzati da componenti spaziali ricorrenti:

- le conche a mezza quota, affacciate su valli ampie, insediate solo nella parte meno pendente (in modo le piane agricole risultano circondate da versanti con superfici naturali per tre lati e con un panorama a sfondi lontani sul quarto lato)

- i versanti insediati, con filtri di bosco tra un insediamento e l'altro, con una situazione di intorno simile a quella delle conche (anche se è meno importante la sovrapposizione di connotati spaziali, il cambio di pendenza, con connotati di superficie, il bosco).

- le valli poco incise, segnate da collane in cui si alternano tratti con componenti superficiali omogenee della natura a tratti insediati, con un effetto di rapporto tra natura e antropizzazione rafforzato dalla presenza frequente di pareti rocciose nelle immediate vicinanze degli insediamenti (il fondovalle  pianeggiante del tratto mediano delle valli glaciali è quasi sempre segnato da nuclei sui conoidi a ridosso dei salti di roccia sul versante laterale).

- i tratti di valle molto incisa, prevalentemente boscata, che presentano insediamenti immersi nel bosco e ridotti alle radure e ai conoidi secondari, quasi sempre molto fruibili con visuali dalla mezza costa (lungo la quale sono spesso inseriti i tracciati stradali di maggior transito).

Se si distinguono i paesaggi in base alle modalità di fruizione, emerge una differenza importante in questo tipo di strutture segniche: da una parte quelle in cui si può leggere il complesso dei rapporti tra natura e insediamento in un unico panorama (come avviene per gli spazi di versante e spesso per quelli di conca), dall'altra le strutture segniche in cui le percezioni avvengono a catena in una fruizione lungo un percorso lineare obbligatorio (ad esempio una strada di fondovalle). In queste ultime avviene una ricostruzione della struttura solo nella memoria, a percorso avvenuto (dinamica evidente soprattutto nelle valli, sia incise che ad U), e nell'immagine che la memoria riporta la superficie naturale perde quasi completamente le caratteristiche di alterità che la distinguono nelle strutture prevalentemente naturali e diviene un tratto del percorso che si presenta in alternanza con le zone antropizzate, producendo nel complesso il senso di un particolare sistema insediato unico e continuo, anche se variato, che si fruisce dalla strada.

 

SSA - Strutture segniche della natura umanizzata dall'agricoltura

 

Nella regione non esistono paesaggi completamente definiti dall'agricoltura, poiché sempre il contenitore visivo comprende parti di paesaggio naturale, sfondi di alta montagna o almeno elementi di contorno connotati da superfici boscate o pareti rocciose.

Tuttavia in alcuni casi i segni della agricoltura assumono una caratterizzazione autonoma sia per l'estensione che per il carattere dominante sugli altri elementi dell'insediamento: in queste situazioni il paesaggio naturale o urbano sullo sfondo diventa soltanto un confine, viene percepito come un connettore tra una struttura segnica ed un'altra, e i segni dell'agricoltura sono riconosciuti come strutturati in modo autonomo e completo al proprio interno.

Si tratta prevalentemente di versanti o di conoidi la cui superficie si distingue per le  trame e gli orditi particolarmente complessi (generati quasi sempre da una agricoltura specializzata -a vigna o a frutteto-).

La morfologia del supporto volumetrico comporta pendenze non elevate ma comunque tali da rendere individuabili come autonome le superfici a trama, che per lo più sono leggibili con un solo sguardo .

In questo caso l'autonomia della struttura segnica è aiutata dalla riconoscibilità percettiva del volume, quasi sempre  individuabile per la sua forma diversa dal contenitore visivo circostante (un conoide pur a lieve pendenza mette sempre in evidenza la sua forte identità geometrica, oppure  un versante  continuo incastrato tra salti di roccia emerge per contrasto anche di volume).

La traccia del lavoro dell'uomo è il significato principale che viene attribuito al paesaggio dell'agricoltura specializzata, mentre è trascurabile il senso di  produttività del suolo che quel paesaggio comunica: con questo valore semantico indifferente un antico sistema di meurdzëre ancora intatto vale (cioè dà autonomia e senso a quel brano di paesaggio) quanto una vigna di nuovo impianto, un verger nel prato quanto un frutteto realizzato con criteri di sfruttamento moderni.

La struttura dei segni di lavoro nell'agricoltura diviene molto più leggibile se è ben separata dagli insediamenti edificati: la tradizione di riservare per l'agricoltura la  parte più fertile o meglio esposta del domaîne di ogni insediamento (tenendo gli abitati sui bordi) permette oggi di fruire ancora di alcune aree omogeneamente  segnate dal lavoro agricolo, anche se spesso ormai sono intaccate da alterazioni recenti che ne hanno rovinato l'integrità costitutiva.

Solo rare situazioni presentano ancora la struttura segnica dell'agricoltura come pura, priva di elementi di contrasto, seppur minori: si contano 7 casi dominati completamente da trame agricole su conoidi o in conche a se stanti (che comunque rappresentano oltre la metà dei casi ricadenti in questa tipologia  e quindi possono a buon diritto costituire un sottotipo) .

La dimensione ridotta di tali strutture segniche viene in qualche modo  riscattata dalla estrema leggibilità delle zone su cui giacciono e dalla loro fruizione frequente legata alla prossimità di assi di grande traffico o di insediamenti urbani: insomma il segno della agricoltura fa parte dell'immagine complessiva della regione più di quanto non occupi realmente nel quadro dell'economia del paesaggio o in superficie fisicamente interessata (non raggiunge l'1,3% del territorio regionale).

 

SSU - Strutture segniche del territorio urbanizzato

La regione non è caratterizzata dalle strutture segniche urbane; le componenti significative di valori urbani appaiono per lo più inserite a forza in una situazione complessiva prevalentemente segnata dalla natura e dall'insediamento rurale, e configurano così strutture segniche complesse, determinate dal rapporto con l'insediamento agricolo o con la natura.

Si sono riconosciute strutture segniche propriamente urbane solo nell'area di Aosta, che comunque comportano anche al loro interno un continuo rapporto almeno visivo con segni importanti della natura, presenti come sfondo di tutte le visuali maggiori della città.

La più importante caratteristica della struttura segnica urbana è data dalla sovrabbondanza e complessità di segni della produzione umana, con supporti significanti non casualmente eletti ad un valore segnico da chi guarda, ma progettati già nella loro produzione con una certa attenzione al ruolo comunicativo e in alcuni casi realizzati appositamente per svolgere unicamente una funzione segnica.

Tale carattere distintivo della struttura urbana è raro nella regione e anche in Aosta si riconosce solo parzialmente: infatti da una parte il centro della città presenta notevoli discontinuità, con alcune superfici a ordito fitto dato dall'edificato denso e strutturato e alcune superfici a trama o uniformi, date da zone residuali  a prati,  quasi celate per il fruitore interno alla città ma evidenti per chi guarda Aosta in un panorama dall'alto dei versanti circostanti.

La stessa discontinuità si presenta ai bordi, che non sono quasi mai univocamente segnati da un contrasto netto con l'intorno complesso del misto agricoltura/periferia urbana.  Tale effetto di confine definito si riscontra paradossalmente nelle fasce meno urbane della città (confine sud con la Cogne, le nuove infrastrutture autostradali, la Dora incanalata, i cavalcaferrovia e le fasce a capannoni della regione Amerique o Tzamberlet etc.) ed è molto meno sensibile negli ingressi alla città da est e da ovest, nonché dal versante adret, della "Collina".

Inoltre ad Aosta si verifica una situazione paradossale nel modo di fruizione dell'ambiente urbano:l' 'invisibilità' della struttura urbana della città per chi proviene da fuori, che ne percorre un margine totalmente diverso dal sistema segnico che invece è presente nella città, con segni urbani che entrano in contrapposizione diretta con segni dell'agricoltura residuale (la circonvallazione, la strada lungo la ferrovia, i cavalcaferrovia all'inizio e alla fine della città).

Quindi dall'esterno la struttura segnica di Aosta si fruisce piuttosto come i paesaggi con segni contrapposti (tra urbano, agricolo e naturale, sullo sfondo) che non come un paesaggio completamente urbano.

 

SSP - Paesaggi a struttura complessa: relazione tra agricoltura e urbanizzato

 

La totalità del fondovalle della Doire, salvo le strettoie rocciose (gorges), è stato fino a pochi anni fa coltivato intensamente.  Su quello stesso territorio si è sviluppato con intensità un processo di sviluppo urbanizzativo che ha fatto esplodere i bourgs e ha rotto la regola secolare che proporzionava lo sviluppo edilizio alla dimensione dell'area agricola.

Ne risulta un paesaggio misto, che in alcuni casi si è ormai consolidato e che forma una forte struttura segnica, fondata sul rapporto tra segnali dell'urbano (strade, edificati multipiano o capannoni diffusi, aree splateate e segni residui dell'agricoltura intensiva (trame di vigna o di frutteto, terrazzamenti (terrasses), meurdzëre ordinate).

Da un punto di vista segnico la lettura della struttura interrelata è possibile in virtù della forza delle singole componenti superficiali o lineari: la relazione è tanto più forte quanto più i segni dell'agricoltura sono ancora leggibili e gli elementi emergenti del loro reticolo originario non sono sottomessi rispetto al crescere degli elementi urbanizzativi.

In molti casi i segni dell'agricoltura e dell'urbano hanno una tale compresenza che non permettono il formarsi di una dialettica tra le parti, con distinte identità: formano un nuovo tipo di segni, dell'ambiguità del senso tra urbano e rurale.    In una tale situazione il risultato in termini di senso complessivo raramente fa emergere i segni di una conflittualità tra codici diversi e inconciliabili, come ci si potrebbe aspettare: gli impatti trasformativi sono meglio assorbiti nella pluralità dei segnali e non dominano con la loro contrapposizione la struttura segnica, che invece presenta un sistema di convivenza tra segni con basso valore identitario. Pare che diminuendo il valore emergente dei segni "puri", e quindi diminuendo l'identità dei luoghi si ottenga un sistema segnico "debole", in cui si attenuano le gerarchie dei messaggi e la loro inconciliabilità: cresce il "rumore" semantico e si attenuano le differenze, come in un mélange segnico che attenua il valore dei propri messaggi.

Da un punto di vista storico si può considerare questa condizione come una fase intermedia della trasformazione tra un assetto prevalentemente agricolo e uno più definitivamente urbano, ma la struttura segnica può in alcuni casi comunicare una senso di equilibrio, una situazione di "periferia" che potrebbe consolidarsi nella memoria degli abitanti come un paesaggio stabile e confermato.

Entro questa considerazione generale si possono riscontrare nella periferia di Aosta (in cui la tipologia di paesaggio ha le sue manifestazioni più esemplari) differenze notevoli: dove si è stabilito un equilibrio tra edificato e agricoltura specializzata, i segni emergenti dell'edificato e del frutteto collaborano a costituire un sistema di compresenze. Dove invece la presenza del prato (con minore autonomia segnica del frutteto) è ridotta ad un vuoto tra edificati, o la strada è troppo continuamente marginata da capannoni, il sistema segnico diventa latente, non trova conferme continue e tende a degradare la fruizione in una percezione confusa, disordinata, che non trova identità e non si imprime nella memoria.

Uno degli elementi che giocano a favore della comprensione della struttura è la sua percezione per parti, per singoli pezzi di paesaggio, in cui hanno un ruolo paritario elementi urbani ed elementi di agricoltura.

Ciò avviene in molti casi per la particolare morfologia che caratterizza questi luoghi: si tratta di conoidi molto dolci, di territori a vallette o a piccole conche, di raccolte situazioni di piana e versante. Sono quasi sempre luoghi con caratteristiche di specificità  sufficienti a distinguersi e a collocarsi come individui nel più grande contenitore che li ospita (quasi sempre la valle centrale), ma con un costante frazionamento delle visuali in prospettive ridotte, compresse quasi sempre tra un  primo piano e uno sfondo lontanissimo.

 

SSC - Paesaggi a struttura complessa: relazione tra natura, agricoltura e urbanizzato

 

La situazione di complessità maggiore, data dalla interrelazione completa tra le categorie di segni più importanti, caratterizza le strutture segniche più significative della Valle d'Aosta, a partire da quelle che sono in prima fila nella memoria del turista, quelle che generano le immagini che ci rimandano i mass media, riferite alle stazioni turistiche di testata di valle o alla collana di piccoli poli urbani nella valle della Dora.

Pur costituendo meno dell'8% del loro totale e investendo meno del 3,5% del territorio regionale, queste strutture sono certamente tra le più importanti nel sistema segnico generale, quello che costituisce le immagini simboliche, i macrosegni testimoni dell'intero territorio.

A tale ruolo di immagine generale concorrono certamente alcuni segni "protagonisti": i fondali di alte vette e ghiacciai che marcano i paesaggi delle stazioni turistiche di testata, oppure le emergenze dei castelli che polarizzano i paesaggi del fondovalle urbanizzato.

In questi paesaggi l'agricoltura, anche ridotta ad attività residuale nelle sue funzioni produttive, ha sempre un notevole ruolo, in quanto luogo segnico di mediazione tra segni dell'urbano e segni della natura.  La sua funzione è complementare, prevalentemente come cornice degli edificati e dei percorsi ma è quasi sempre presente nelle visuali più frequentate.

Anche la caratterizzazione del segno urbano non è quasi mai forte ad autonoma, ed è piuttosto affidata alla relazione "per contrasto" con l'intorno: le nuove edificazioni mescolate all'insediamento tradizionale, che in questi luoghi testimoniano la presenza di un modello di vita e di comportamento estraneo al tradizionale assetto agricolo, in un tessuto veramente urbano assumerebbero un significato inverso: indicherebbero la permanenza di un residuo di segni dell'abitare rurale, presente spesso nelle periferie delle città di pianura.

A conferma di questa relatività dei singoli segni rispetto alla complessa struttura segnica sta l'elezione dell'antico nucleo rurale a segno del centro della vita associata della nuova 'città', processo di significazione frequente ma paradossale, per la povertà delle emergenze edificate e per la discontinuità del messaggio portato dai nuovi segni: avviene che il campanile o la piazzetta di un paese di poche decine di famiglie continuano ad essere il simbolo della vita sociale più significativo dell'intero ambito urbanizzato, costituito talvolta da camere per decine di migliaia di turisti.

Ciò accade anche se si riscontrano nuove attrezzature emergenti per dimensione: condomini o piazzali per parcheggi non assumono alcun ruolo nella struttura segnica, proprio per la mancanza di connessione con il resto del paesaggio; il campanile invece fa parte di una immagine precostituita, attesa e desiderata, e lo si cerca nella realtà e nella memoria a costituire il polo segnico di un paesaggio complesso già prima di essere segnato dallo sviluppo turistico.

Dunque ciò che fa parte di una struttura segnica forte prevale sui segnali, pur ingombranti ma destrutturati, privi di relazioni consolidate con il resto del paesaggio; questi ultimi allora vengono letti come elementi disturbatori della struttura consolidata, impatti, fino a quando non raggiungono una potenza tale da costituire, nelle abitudini percettive dei fruitori, la nuova struttura segnica di quel paesaggio.

Questo processo, di elezione di elementi ad un ruolo simbolico, di polo segnico, è comune a qualsiasi percezione di un testo complesso e diventa fondamentale nei paesaggi ad alta interrelazione. Quando questi paesaggi sono molto conosciuti per processi di affluenza turistica la polarizzazione, già tipica della interpretazione della complessità, tende a produrre immagini stereotipe della memoria e quindi a generare modi di interpretazione rigidi da parte dei fruitori: non si percepisce più l'evolvere storico di un paesaggio, cioè il bilancio complesso di una struttura segnica sempre in cambiamento, ma solo ciò che corrisponde alla sua immagine stereotipa, anche se talvolta questa non esiste più nel suo insieme e continua ad esistere  solo nei segni eletti come polarizzazione: Courmayeur continua ad essere la Courmayeur di cinquanta o cento anni fa sinchè si vede il Dente del Gigante sullo sfondo e si riconosce la sagoma della parrocchiale nel profilo urbano.

La complessità del paesaggio è quasi sempre incentivata dalla morfologia del contenitore, dello spazio che obbliga la compresenza di molti segni disparati. Della trentina di paesaggi di questo tipo, circa la metà sono situati in spazi di confluenza o di largo fondovalle glaciale, cioè in spazi marginati ma estremamente aperti, con fondali importanti e multipli, con versanti molto differenti dalla base, con piane fertili in cui sono comunque leggibili  le tracce di un'agricoltura rigogliosa e rispettata.

La eccezionale simmetria tra morfologia del contenitore spaziale e insediamento (oltre la metà delle confluenze -cioè tutte quelle con una piana di qualche rilievo- sono oggi occupate da insediamenti importanti e hanno almeno un fondale di montagna innevata che le caratterizza) e la rigorosa monotonia dell'agricoltura di mezza montagna, a prato sulla parte piana e a seminativi -oggi abbandonati- sulla parte di versante terrazzato, comporta una somiglianza strutturale tra quasi tutti i paesaggi complessi degli insediamenti turistici delle diverse valli laterali, pur differenti per numerose varietà del luogo specifico o dei segni dell'insediamento e per emergenza o residualità dell'agricoltura.

Un secondo sottotipo di struttura segnica ad alta interrelazione caratterizza i segmenti della valle della Doire che sono polarizzati dai centri maggiori: Pont St.Martin, Hône, Arnad, Verrès, Châtillon, Aymavilles/St.Pierre, Villeneuve, Morgex. Anche qui la valle, nel punto di confluenza delle maggiori valli laterali costituisce la morfologia del supporto spaziale ricorrente. Ma se ciò è vero in una lettura della situazione geomorfologica, dal punto di vista della fruizione i contenitori si presentano come molto diversificati: si va da siti che si presentano prevalentemente come sezioni di valle glaciale (Morgex, Verrès), in cui i segno degli affluenti è riducibile a segni lineari nel fianco della valle, a vere confluenze con importanti incisioni delle valli laterali (Hône, Aymavilles, Arnad), a morfologie complesse, in cui il contenitore è quasi conca di versante (St.Pierre,Châtillon/St.Vincent, Pont St Martin/Donnas).

La specificità dei contenitori è confermata dalla diversificazione dei segni urbani, sempre piuttosto importanti, mentre una certa omogeneità del sottotipo si riscontra nella individualità della agricoltura, sempre presente e separata dall'insediamento urbanizzato: si tratta di contesti con ridotti effetti di "periferia", quali invece sono dominanti nella piana di Aosta. In questi casi invece il segno dell'agricoltura, ben distinto, si propone come elemento di rappresentatività di una tipologia di paesaggio, tutta alpina, che fa convivere la città con il prato, con il versante di vigneto, con la conoide a frutteti, in un rapporto di rispetto reciproco, oggi in via di alterazione ma che fino a pochi anni fa costituiva l'immagine più significativa della valle della Dora, per chi percorreva l'autostrada.

La erosione progressiva di questa impressione di autonomia dei due sistemi di immagini -agricola e urbana-, nel senso di un effetto ibrido, di prato sporcato da qualche infrastruttura o qualche capannone (che non riesce neppure ad essere assunto come segno del mélange della periferia) è uno dei processi più negativi, che alterano la percezione complessiva della regione, determinandone non una diversa e più completa fisionomia, ma una immagine più povera, meno caratterizzata, meno memorizzabile da un passante e meno capace di far identificare ad un abitante il proprio territorio.

 

SSS - Paesaggi a struttura complessa: relazione tra natura e urbanizzato

 

Sono stati identificati in questa tipologia 'anomala' solo tre casi esemplari di formazione di un paesaggio inconsueto nella regione: quello della giustapposizione senza mediazioni tra segni dell'urbano e segni della natura. I casi, ben precisi (le conche in cui sono più incisive le attrezzature per gli sport invernali di Pilaz, Checrouit e Breuil), sono stati distinti dalle altre più consistenti categorie di interrelazione tra diversi paesaggi 'semplici' proprio per la loro esemplarità, anche se in termini dimensionali costituiscono una delle categorie meno significative, (non raggiungono l'1% del territorio regionale, inferiori solo ai segni 'puri' dell'urbano, riconoscibili unicamente in Aosta).

Pur configurandosi in modi molto diversi, i tre casi rappresentano bene un tipo di testi segnici complessi, che comportano comunque in ogni fruizione l'apprezzamento del contrasto tra elementi segnicamente opposti: quelli dell'urbano, costituiti prevalentemente da emergenze molto forti per geometria e per materiale, ma non per dimensione (gli edifici, gli impianti) e quelli della natura, poveri di emergenze ma diffusi, avvolgenti, costituenti palcoscenico, quinta  e fondale a se stessi e agli altri.

Più ancora che per il contrasto dimensionale dei supporti significanti la anomalia di queste strutture segniche si rivela proprio nel diretto contrasto dei significati dei diversi tipi di segni, non mediato dai segni della agricoltura.

La caratteristica dei segni dell'agricoltura è di costituire, per loro strutturazione, il tono minore di ciascuno dei segni estremi (urbano e natura): geometria presente ma labile, emergenza discontinua e minore dell'edificato, bassa densità di segni 'forti' e primo sfondo dell'edificato, a sua volta inglobato nello sfondo naturale: si tratta quindi di un sistema segnico che svolge fondamentalmente il ruolo di 'cuscinetto' tra urbano e natura.

La assenza dei segni della agricoltura provoca il contrasto diretto tra edificato e naturale e distingue nettamente questi rari casi dal resto del paesaggio valdostano.

Le differenze tra i casi sono poi tali che si può distinguere ulteriormente tra un unico caso di vera e propria 'città' completa, che segna il deserto naturale (Breuil), e la natura 'urbanizzata' che emerge per parti dal paesaggio dell'alto pascolo (Checrouit), che è ancora diverso dalla urbanità coatta in un solo complesso edificato isolato (Pilaz), caso limite di un unico segno urbano nel territorio naturale.

 


 

Valutazioni della qualità segnica e delle condizioni del paesaggio

 

"La comprensione-valutazione della realta' ambientale e' legata al progetto da un circolo interattivo assai stretto, che tuttavia non autorizza ne' a negarne la reciproca autonomia ne' a stabilire aprioristiche sequenze: il progetto interroga e sollecita la conoscenza e la comprensione, non meno di quanto queste stimolino ed orientino il progetto". [17]

Nelle indagini ambientali, l'importanza assegnata alle valutazioni  si accompagna da sempre alla discussione sulla loro incommensurabilità e relatività, e questa porta comunque ad una sola conclusione operativa: la contiguità tra l'operazione valutativa e quella progettuale deve essere denunciata e resa "trasparente" sin dalla impostazione metodologica dell'indagine.

Nel piano paesistico valdostano le valutazioni hanno assunto un rilievo particolare per il loro carattere "fondativo": è stata la prima ricognizione estesa a tutto il territorio regionale che rendesse conto della qualità delle risorse, delle loro condizioni, della potenza delle interazioni ambientali e culturali più importanti, della prevedibile dinamica che tali interazioni attivano.

Questo ruolo di impostazione generale delle indagini valutative corrisponde nel progetto al primo Piano d'aménagement a scala regionale e al primo tentativo di coniugare positivamente problematiche dello sviluppo con problematiche della valorizzazione ambientale-paesistica.

Per l'indagine sul paesaggio si è trattato di una doppia fatica iniziale: non solo assicurare un sistema di valutazioni estese all'intera regione e sovrapponibili alle valutazioni derivanti da altri settori di indagine, ma anche "inventare" un sistema che rendesse conto degli aspetti "governabili" del paesaggio, delle specifiche relazioni costitutive del valore paesistico, per potere considerare gli specifici effetti dell'azione di tutela o di trasformazione prevista dal progetto, situazione per situazione.

Infatti si è tentato di superare la tradizionale distanza che separa le indagini sul paesaggio dalle altre tecniche di conoscenza per il progetto, motivata dalla difficile applicabilità dei risultati delle indagini. La ridotta funzionalità dei valori esperiti nelle indagini paesistiche di altri piani, rispetto alla formazione delle norme o delle decisioni di Piano, dipende per lo più dalla necessaria considerazione strutturale del paesaggio nel suo insieme, il che ha sino ad ora limitato i tentativi di valutazione di singoli aspetti; per la Valle d'Aosta si è provata una scomposizione delle valutazioni olistiche, comprensive di intere strutture segniche in specifiche categorie qualitative che compongono quelle valutazioni generali.

Quindi il processo valutativo per il paesaggio, pur nella sua dimensione assolutamente sperimentale, è stato indirizzato ad una nuova funzionalità rispetto al Piano, innovativa rispetto alle tradizionali indagini sin qui condotte su vasta scala, tutte limitate a valutazioni generali, ma anche innovativa rispetto alle indagini svolte alla scala degli interventi, in cui le valutazioni sono per lo più limitate a considerare gli effetti di impatto e le condizioni di compatibilità della trasformazione rispetto ad un paesaggio preesistente, sempre considerato come un bene patrimoniale in sè.

Con la scomposizione dei criteri di valutazione si è giunti ad individuare le specifiche relazioni attive nella struttura segnica per generare gli specifici effetti di qualità, e in alcuni casi anche le specifiche componenti coinvolte da tali relazioni.

In questo modo si sono ottenuti 14 criteri di valutazione riferiti a qualità specifiche che, diversamente aggregati hanno contribuito a formare le quattro grandi categorie valutative "uguali per tutti", in cui cioè hanno raccolto le proprie valutazioni ciascuno dei settori di indagine del Piano (culturale, naturalistico, formale-semiotico): la qualità, la vulnerabilità, l'importanza e la criticità.

Gli specifici criteri di qualità sono stati individuati con riferimento ad alcuni obbiettivi strategici del Piano, che qui si traducono nelle azioni che interessano il paesaggio, desumendoli da una relazione programmatica generale degli indirizzi del Piano, redatta nel 1991.

- tutela e valorizzazione delle immagini di più interessante identità formale del paesaggio valdostano, in quanto aspetti riconosciuti come significativi del proprio territorio da parte degli abitanti ed emblematici per i visitatori;

- identificazione delle strutture segniche con più alta intensità di informazione, o con più forte identità che, connesse con le valutazioni degli aspetti naturali e culturali degli stessi oggetti, permettono la definizione delle relazioni percettive e delle pertinenze visuali di ogni elemento, dei limiti e dei vincoli che il mantenimento del loro equilibrio impone;

- definizione delle relazioni che costituiscono l'importanza della struttura segnica di specifici luoghi, valutazione della loro vulnerabilità (rispetto alle relazioni percettive che ne permettono la comprensione, per definire le attenzioni necessarie a minimizzare gli impatti e a non ledere gli equilibri formali più importanti: rottura di omogeneità delle superfici, modificazione dei bordi e degli intervalli significativi, alterazione delle emergenze di oggetti importanti;

- recupero e minimizzazione delle trasformazioni che hanno già recato impatti alteranti l'aspetto di luoghi o visuali di valore, definizione delle regole di attenzione o di gestione per diminuire l'intensità trasformativa dell'aspetto del paesaggio consolidato da parte di singoli interventi (edilizia isolata, strade minori, usi impropri di aree residuali (, ingressi agli insediamenti);

- valorizzazione di luoghi di importante fruizione visiva di grandi panorami, utilizzabili come risorsa per diminuire l'intensità di pressione su poli già assestati o per diversificare flussi turistici.

Le valutazioni analitiche (riferite ad un solo valore) sono raccolte in valutazioni sintetiche, che in alcuni casi aggregano diversamente le stesse valutazioni analitiche:

riguardano  le condizioni che determinano la qualità formale i valori di:

- identità

- omogeneità

- varietà morfogenetica di paesaggi minori

- presenza di impatti alteranti;

- significatività;

riguardano le condizioni che determinano la vulnerabilità i valori di :

- fragilità del ruolo formale

- fragilità dell'identità;

riguardano le condizioni che determinano l'importanza i valori di:

-  specificità

-  rappresentatività;

riguardano le condizioni che determinano la criticità i valori di:

- presenza di impatti alteranti

- livello di vulnerabilità

- presenza di elementi di varietà morfogenetica di paesaggi minori

- livello di leggibilità.


[17] in R.Gambino, Innovare e conservare,cit, frase conclusiva di un complessivo sguardo sulle problematiche della valutazione nella pianificazione amnientale, a cui si rimanda per i riferimenti più generali .

 


 

Le unità di paesaggio e il sistema del paesaggio regionale

 

Le valutazioni sono state lo strumento principale per connotare la strutturazione elementare delle componenti segniche, appoggiata a morfologie diverse di contenitore spaziale.  In questo modo si è costruito il microscopio che ci permette di distinguere le "molecole di paesaggio", quelle che in linguistica corrispondono alle "frasi": elementi testuali dotati di senso, già pienamente rispondenti a tutti i paradigmi dell'indagine semiologica, ma che non rendono ancora conto di un livello più complesso: quello che in linguistica è studiato con l'analisi strutturale del discorso (e, ad un livello ancora più complesso con l'analisi del racconto , come la chiama Barthes)  [18]

Il senso complessivo del paesaggio, come quello di un discorso o di un racconto, è sicuramente generato non dalla semplice sommatoria delle diverse strutture segniche (frasi) che si sono interpretate, ma da un lavorio di integrazione che configura un livello di significazione ulteriore e completo, con le sue funzioni interne e i suoi processi di fruizione.      Se il modulo di riferimento identificato in semantica al livello più complesso è il "discorso", nella nostra metodologia abbiamo identificato il modulo di riferimento a quel livello con il termine, già utilizzato in molti altri contesti, di "unità di paesaggio".

Barthes notava come i livelli superiori di articolazione del testo siano stati prevalentemente postulati anzichè esplorati dai linguisti, e come le analisi sino ad allora svolte tendessero a riprodurre, con un sistema di omologie, le regole funzionali individuate al livello della frase, introducendo semmai una serie di innovazioni metodologiche e spostando i paradigmi di riferimento da quelli linguistici a quelli della semantica. [19]

Ugualmente nel nostro caso, con le unità di paesaggio si individua solamente un livello di significazione del paesaggio più complesso , normalmente non comprensibile in un unico atto percettivo, che si può sempre articolare in strutture segniche più semplici. Dell'unità di paesaggio possiamo sino ad ora dire solo che ci interessa perchè pensiamo costituisca il modulo del deposito culturale, il punto di condensazione al quale il paesaggio si stabilizza nella memoria e codifica le eccezionalità e le ricorrenze di specifiche strutture segniche in immagini che simboleggiano l'intero territorio.

E' chiaro a questo punto che al termine "unità di paesaggio" è stato attribuito nel Piano valdostano un senso molto diverso da quello utilizzato in molte altre ricerche, nelle quali il paesaggio è stato considerato solo nei suoi aspetti oggettuali, da indagare più con i paradigmi "scientifici" della geografia fisica o degli ecosistemi che non con quelli delle scienze umane [20]; al contrario nella metodologia qui utilizzata le unità di paesaggio sono moduli semantici, fondamentali per il ruolo che il paesaggio percepito, memorizzato e significato assume entro il più generale sistema culturale dei suoi fruitori, a partire dal senso di identità degli abitanti locali.

Insomma l'unità di paesaggio è l'ambito di riferimento del quale si può parlare, al quale si può far riferimento in una comunicazione, è quella che può essere evocata per significare in modo metonimico un luogo. Di metonimia (un tutto evocato da una sua parte) si tratta, perchè in ogni caso i nostri riferimenti in termini di immagine fanno ricorso alla memoria visiva, e quindi ad un percepito (diretto o da una riproduzione bidimensionale ha poca importanza) che smonta qualsiasi paesaggio in specifiche strutture segniche o addirittura in singole inquadrature che abbiamo immagazzinato come in un album di fotografie.     Ma, con un procedimento sintetico che sino ad ora ci sfugge, noi siamo in grado di far appartenere ciascuna delle immagini memorizzate, ciascuno dei significati attivati, ad un insieme dotato di senso "geografico", che trapassa dalla significazione del percepito a quella del luogo nel suo complesso, costituendo il fattore simbolico del nostro giudizio "olistico" su quella località, suscitando in noi il senso di quel toponimo che viene citato, di quell'area della carta topografica che consultiamo.[21]

In ogni caso, in termini semantici, il sistema "funzionale" delle unità di paesaggio dovrebbe essere descrivibile come quello del discorso, ma, come per il discorso, ci interessa lavorare più che sulla funzionalità interna, sul ruolo che questo livello di testo assume nel più generale universo culturale di chi lo utilizza. In termini culturali e antropologici le unità di paesaggio hanno il ruolo di moduli del sistema di identità locale delle comunità insediate, quel sistema di significati e di sensi per il quale alcuni aspetti del disegno "formale" del territorio permettono a ciascuno di sentirsi "appartenente" a certi luoghi, o viceversa per il quale la fruizione complessa ed integrata delle unità di paesaggio permette di possederle come "proprietà culturale". [22]

Le unità di paesaggio sono quindi definite confrontando il prodotto, apparentemente incommensurabile, di indagini su due opposti versanti: da una parte si lavora sui segni a partire dall'insieme dei contenitori spaziali o di superficie che ospita fisicamente un "luogo", dall'altra si riconosce l'ambito territoriale "fatto proprio" da una comunità abitante (o di fruitori abituali) attraverso i simboli che di tale ambito sono stati eletti a rappresentare il senso dell'appartenenza e dell'identità.

Ciò non significa che non costituiscano pertinenza dell'unità di paesaggio relazioni tra elementi anche di ridotte dimensioni, ma solo che bastano pochissime di queste relazioni, elette ad un ruolo simbolico di rappresentatività, per rendere riconoscibile un luogo.

E' noto infatti che il procedimento di riconoscimento di un oggetto è descritto in semiotica come un processo di definizione di "pertinenze", cioè di elementi separati e delle loro relazioni che sono elette a fungere da codice di identità, spesso in modo del tutto indipendente dalla loro morfologia, dalla dimensione e dalla compresenza di altri elementi al contorno.[23]

Così come riconosciamo una persona nota attraverso tratti caratteristici che resistono al taglio dei capelli, all'adipe o all'invecchiamento, riconosciamo un paesaggio per una ristretta gamma di relazioni tra elementi, che non coprono l'intero sistema delle strutture segniche pur presenti, e ancor meno distinguono caratteri estensivi  o le  condizioni del territorio che fa da supporto.

Si spiega così intuitivamente la non linearità del processo di degrado della riconoscibilità dei luoghi sotto la pressione trasformativa di agenti come l'urbanizzazione: non c'è una proporzione diretta tra quantità di edifici che assediano un centro storico o occupano un'area prativa ai margini del bosco e riconoscibilità del luogo rispetto a quando era intatto. In alcuni casi bastano poche alterazioni per scardinare il valore identitario di un intera unità di paesaggio, o viceversa in altri casi si mostra una insospettabile resistenza dei valori di identità rispetto ad una oggettiva occupazione delle aree libere. Una difficoltà del lavoro del progettista sta proprio nel riconoscere i rapporti dinamici che si instaurano tra i valori di identità realmente riscontrabili in una comunità di valle o di fascia insediata e lo stato oggettivo dei loro territori, le cui strutture segniche sembrano connotate da condizioni critiche più o meno gravi proprio nei rapporti di riconoscibilità, di identità, di rappresentatività. [24]

Entrambi i sistemi di relazioni identificative dell'unità di paesaggio, sia quelli definiti con il criterio dei contenitori che quelli risultanti dalla memoria della comunità locale, interessano aree che per lo più hanno un "cuore" sovrapposto mentre talvolta risultano differentemente coperte lungo i bordi: ad esempio l'alta montagna è spesso "fatta propria" da più di una comunità (lo testimonia anche la memoria storica, ricca di battaglie per il possesso di porzioni di "alte terre", da sempre domaines contesi da diversi valligiani), o viceversa per gli abitanti esistono invisibili confini che segmentano territori apparentemente continui (uno è dato dalla Dora nel fondovalle centrale, che separa culturalmente e nel comportamento gli abitanti dell'envers da quelli dell'adret, anche se sono ormai unificati da frequenti collegamenti).

Per territori molto suddivisi e articolati in contenitori spaziali forti, come buona parte delle valli laterali della regione, si è accettata in molti casi la suddivisione delle unità di paesaggio lungo crinali che da sempre costituiscono il margine visivo degli insediamenti di fondovalle; in territori più aperti e continui, come gli altopiani in quota o il fondovalle e i grandi versanti della Dora, dove i margini fisici indiscussi scompaiono, le appartenenze culturali si fanno più complesse, sino a far disegnare unità di paesaggio largamente sovrapposte o con confini indefiniti.

Insomma una carta delle unità di paesaggio si dovrebbe rappresentare per colori che sfumano nelle parti estranee al sistema di relazioni segniche fondamentale.

Il maggiore approfondimento dell'indagine e delle valutazioni è stato dedicato al rapporto tra il livello delle unità di paesaggio e i livelli inferiori di articolazione (strutture segniche e materiali significanti): ciò dipende dalla preoccupazione di far emergere le componenti strutturanti l'identità locale, perchè ad esse potesse fare riferimento la parte del Piano che stabilisce indirizzi normativi differenziali luogo per luogo.  E' evidente infatti che la possibilità di definire una norma efficace è tanto maggiore quanto più preciso e definito è il suo ambito di applicazione: se per "capire" il rapporto tra abitanti, attività e paesaggio occorre sintetizzare il giudizio su intere unità, al contrario per rendere praticabile una norma sui rapporti tra interventi e paesaggio, è meglio scendere al livello di singole relazioni o addirittura di specifiche componenti oggettuali.

In un Piano paesistico che sostiene in egual misura il versante conoscitivo e quello normativo sono state costruite le indagini perchè rispondessero ad entrambe le funzioni: verso la ricostruzione di strutture complesse per arricchire l'aspetto conoscitivo e verso la loro disarticolazione in elementi semplici per consentire la pratica normativa.

Ma nella prospettiva dell'indagine conoscitiva le unità di paesaggio non sono ancora il livello di maggiore sintesi: occorre rendere conto della più generale organizzazione del paesaggio a grande scala, riferimento nell'immaginario collettivo generale del senso della montagna, o almeno delle Alpi, o almeno della identità regionale delle più importanti vallate.

Quindi, come le strutture segniche, anche le unità di paesaggio sono state riconosciute per svolgere un doppio ruolo: non solo di riferimento delle identità locali, attraverso la sintesi olistica del livello inferiore, ma anche di modulo da utilizzare per articolare i giudizi generali sulla categoria del paesaggio alpino, punto di massima sintesi e astrattezza di tutto il processo di semiosi qui considerato.

Comincia a questo punto a delinearsi compiutamente il modello organizzativo dell'indagine sul paesaggio, con una sequenza di passaggi simmetrici ben nota nella semiotica, in cui ogni elemento è strutturato ad un livello inferiore, e viceversa ogni struttura è elemento funzionale di una struttura a livello superiore. [25]

Scendendo dai livelli di maggiore sintesi la rappresentazione del paesaggio regionale si articola per unità di paesaggio in cui si riconoscono i tratti salienti dell'identità di quei luoghi e che sono per lo più classificate in base a componenti del livello inferiore, le strutture segniche polarizzanti; a loro volta, a livello ancora inferiore le strutture segniche si compongono di materiali significanti, elementi oggettuali descrivibili con le categorie della geometria mentre le loro relazioni semantiche elementari rinviano a descrizioni appartenenti ad altre discipline, come la geomorfologia, o le analisi degli usi del suolo, o del sistema insediativo.

In un ideogramma si può rappresentare lo schema dell'indagine nel riconoscimento (o nella costruzione?) di un sistema di strutture a loro volta organizzate per strutture: come nella lingua si passa dalle parole alle frasi al discorso e al testo complessivo del racconto, per il paesaggio valdostano si sono identificate le parole nelle relazioni tra elementi di significato elementari (della natura, dell'agricoltura dell'urbanizzato), le frasi nelle strutture segniche, il discorso nelle unità di paesaggio, il racconto nelle immagini generali delle regioni.

 

Tipi e metafore del paesaggio valdostano

Per descrivere il livello superiore, quello delle grandi sequenze del paesaggio regionale, le unità di paesaggio sono state considerate non più nei loro caratteri differenziali quanto in quelli che ne consentono una categorizzazione: a quel livello le unità svolgono il ruolo di elemento della struttura maggiore, e non possono mantenere una individualità tale da imporre una descrizione dettagliata, ma devono essere riconoscibili per la loro appartenenza a categorie tipologiche.

La tipizzazione degli elementi consente di semplificare la complessità del particolare, riportando le infinite sfaccettature individuanti ad alcuni insiemi differenziati di pertinenze, sistematici e ricorrenti, e quindi permette di distinguere il nuovo livello di complessità segnica costituito dalle diverse morfologie formate da composizioni di elementi semplici. Se si volesse descrivere contemporaneamente tutta la gamma di strutture segniche individue che caratterizzano ogni unità di paesaggio, senza semplificare, sarebbe impossibile far emergere il disegno più generale, come è impossibile leggere certi quadri standogli a pochi centimetri con la lente e senza indietreggiare per cogliere l'insieme in un solo colpo d'occhio.

Quindi, pur con sovrapposizioni e fasce di indeterminatezza anche rilevanti, il territorio intero è stato suddiviso in circa 250 unità di paesaggio, di cui si sono poste in evidenza, accanto alle componenti strutturali che le rendono uniche, quelle che invece ne consentono una categorizzazione per tipi, per ricorrenza di simili strutture segniche distintive e somiglianza delle caratteristiche del contenitore fisico, delle superfici dominanti o delle relazioni tra emergenze puntuali. [26]

 

Un primo gruppo comprende le unità di paesaggio con strutture segniche prevalentemente legate alla natura (SSW e SSN), in cui sono dominanti i differenziali comportati dalla geomorfologia. Esso si articola nei tipi:

AG,  paesaggi dei ghiacciai (11 unità, fra cui Mont-Blanc, Grandes-Jorasses, Mont-Grand-Paradis, Mont-Cervin, Monte Rosa), dominati dalle alte vette e dai grandi ghiacciai;

AL,  paesaggi lacustri d'alta quota (23 unità, fra cui la testata della Val Veny, i lacs de Nivolet, il lac Miserin, il Gabietsee), generalmente di piccola dimensione, definiti dal territorio convergente sui bacini;

AC,  paesaggi di conche d'alta quota (36 unità, fra cui il vallon des Orgères, i vallon de Malatra, de Grand-Nomenon, du Loson, la comba Vessonaz e de Cunéaz), determinati da grandi contenitori  connotati da soglie glaciali e dalle praterie alpine sopra i m 2.000;

VG,  paesaggi di valloni a gradoni (17 unità, fra cui il vallon des Chavannes, vallon de Planaval, vallon de Vertosan, vallon de Valeille, vallon de Valnontey,i vallon de Clavalité e de Saint-Marcel, vallon de Chavacour), caratterizzati da un processo di siti in sequenza entro il contenitore geomorfologico, in cui si distinguono tipicamente boschi, pascoli e praterie alpine;

VF,  paesaggi di valloni in forte pendenza (17 unità, fra cui il vallon de la Youlaz, vallon de Licony, vallon de Citrin, vallon des Laures), dominati dal contenitore geomorfologico solo da una parte, e dall'altra aperti su panorami lontani;

VC,  paesaggi di valle minore a morfologia complessa (15 unità, vallon de Brevaz, vallon de Fert, vallon de Tchasten, vallon de Niel) valli minori caratterizzate da alta varietà di siti specifici (circhi, conche e soglie glaciali con piane pascolive, praterie, zone umide);

PC,  paesaggi di conche a pascolo (3 unità, By, Dondena, Sécheron, Chaligne) nettamente caratterizzati dall'ambiente pastorale entro contenitori avvolgenti ad alta naturalità;

PS,  paesaggi di convergenza di sistemi di pascoli (n. 6 unità, quali Pont di Valsavarenche e Estoul), caratterizzati dalla confluenza di valloni minori modellati dalle attività pastorali;

 

Un secondo gruppo comprende le unità dominate dal rapporto tra bosco e insediamento (con prevalenti strutture segniche del tipo SSV), e si articola nei tipi:

BC,  paesaggi di cornici boscate ( 5 unità) formati da aree prevalentemente boscate dell'adret, che costituiscono bordo a ridotti paesaggi insediati, con ampie aperture su panorami lontani;

BI,  paesaggi dell'insediamento diffuso nei boschi ( 8 unità, fra cui Arpy, Combes, Pilaz) caratterizzati da superfici con grandi varietà e formazione di micropaesaggi ( "isole" a prato o pascolo nel bosco);

BV,  paesaggi di versanti boscati (11 unità, quale Ozein), in cui la dominante è la superficie boscata omogenea;

GS,  paesaggi di gole e strettoie (4 unità, Avise - Villeneuve, Pont-d'Ael, Pontboset, Tour-d'Hérères), con ruolo di intervallo tra paesaggi segnati dalla geomorfologie a contenitore, "terre di nessuno" e fascia di confine per lo più tra ambiti tradizionalmente insediati e differentemente caratterizzati.

 

Un terzo gruppo comprende le unità variamente insediate con un ruolo dialettico più o meno intenso tra le componenti segniche della natura, dell'agricoltura e dell'urbanizzazione, che si articolano in funzione dei caratteri dominanti dei vari tipi:

TV,  paesaggi di terrazzo lungo versanti (15 unità, fra cui Petosan, Charvensod, Courtil), caratterizzati da ridotti insediamenti dominati dal rapporto tra il sito e il più vasto contenitore (per lo più versanti di valle importante), esposti verso panorami lontani.

VD,  paesaggi di vallata a sviluppo discontinuo (14 unità, quali Antey-Saint-André - Valtournenche, Oyace - Bionaz), caratterizzati da una collana di siti insediati in brevi piane in sequenza entro il contenitore a sezione variabile, intervallati da tratti boscati;

VP,  paesaggi di valle con piana (18 unità, fra cui Ollomont, Antey-Saint-André, Gaby, Gressoney-Saint-Jean, Lillaz, Rhêmes-Notre-Dame) caratterizzati dal rapporto tra contenitore (tratto di valle laterale a U aperto sui fondali lontani) e insediamento sul fondovalle;

DP,  paesaggi di piana della valle centrale (2 unità, Montjovet - Arnad, Pont-Saint-Martin) caratterizzati dalla alternanza di insediamenti, infrastrutture, fascia della Doire e piane agricole, che svolgono il ruolo di "pause" caratterizzanti (fino ad ora) il paesaggio della Grande Vallée;

FD,  paesaggi dominati da uno o più fulcri (5 unità, fra cui Montjovet - Saint-Germain, Bard - Arnad, Aymavilles - Villeneuve), in cui è essenziale il ruolo di alcune emergenze quali torri, castelli, dossi, speroni rocciosi, ecc.;

IC,  paesaggi dei conoidi insediati (5 unità, fra cui La Salle, Saint-Pierre - Sarre, Jovençan - Brissogne), strutturati dalle textures agricole sui conoidi e dall'elemento linearte della Doire;

IP,  paesaggi di pendio insediato dell'envers (n. 5 unità, fra cui Brissogne, Fénis - Pontey, Challand) caratterizzate dal contrasto tra segni dei sistemi urbanizzati diffusi a diretto contatto con i margini boscati ;

IV, paesaggi di versante a fasce (5 unità, fra cui Bosses, Etroubles, Champorcher) caratterizzati dalla texture di superficie con i segni dell'insediamento tradizionale agricolo per fasce a quota costante, contrapposti asimmetricamente a versanti boscati;

IT,  paesaggi di terrazzi con conche insediate (n. 14 unità, fra cui Ozein, Saint-Barthélemy, Torgnon) caratterizzati dalla posizione degli insediamenti rispetto al versante e dall'esposizione verso panorami lontani;

IK,  paesaggi di insediamenti su confluenze (4 unità, Cogne, La Thuile, Pré-Saint-Didier, Valpelline) segnati dall'insediamento trasformato dall'urbanizzazione bilanciato in molti casi da con tratti di piana non urbanizzata confinata dalle fasce fluviali;

UU,  paesaggi urbani (2 unità, Aosta e Morgex) caratterizzati, sia pure in modo diverso, dall'espansione dell'urbanizzazione e delle infrastrutture, che coinvolgono orami tutte le strutture segniche precedenti;

UN,  paesaggi urbani dominati da monumenti naturali (2 unità, Courmayeur e Breuil) caratterizzati dall'aspro contrasto tra segni delle espansioni insediative recenti ed ambienti naturali di eccezionale rilevanza.

 

Al livello di massima sintesi la struttura formale del paesaggio si organizza secondo regole topologiche, che definiscono le configurazioni derivanti dalle posizioni relative di diverse unità di paesaggio, tra di loro e rispetto all'universo circostante.[27] La lettura prioritaria degli aspetti topologici avviene spontaneamente quando l'obbiettivo dell'indagine è quello della descrizione generale, e si svolge ordinata lungo gli itinerari della fruizione di diversi tipi di unità di paesaggio giustapposte, suscitando un senso del paesaggio generale come ad un giocatore si suscita una strategia di gioco guardando i pezzi distribuiti sulla scacchiera.

Poco importa che gli itinerari siano quelli veramente percorsi o che vengano solo evocati da sequenze di immagini proiettate dalla memoria o da un visore di diapositive: nel nostro giudizio il paesaggio della Valdigne (o quello della Val d'Ayas o dell'intera regione valdostana) si rappresenta attraverso una sequenza di giustapposizioni e di relazioni posizionali di diverse unità di paesaggio: salendo, dopo la strettoia dell'Equilivaz (udp) si apre sulla destra il conoide e il versante insediato di La Salle (udp) e a sinistra il gran bosco di Arpy (udp), sull'asse della valle si staglia il fondale della Catena del Monte Bianco (udp).....

Secondo questo schema viene descritto ogni paesaggio generale, e ad esso ricorriamo quando dobbiamo comunicare con estranei al territorio: così chi stende una guida turistica, chi deve spiegare un itinerario per giungere alla meta, o chi presenta ad un acquirente un alloggio:

La descrizione topologica delle unità di paesaggio corrisponde, nel senso della memoria collettiva, all'idea stessa di montagna o di regione alpina. Tale idea si configura per immagini stereotipe in panorami complessi, che vedono compresenti una serie di elementi caratterizzanti più unità di paesaggio, o al limite una sola capace, con i suoi panorami, di sintetizzare l'insieme di molti caratteri della montagna valdostana.

Se la figura retorica che agevola la significazione del livello delle unità di paesaggio (e quindi il riconoscimento del testo e il senso dell'identità) è la metonimia, al livello superiore, del paesaggio generale, la figura retorica a cui si ricorre più facilmente per rappresentare la complessità dei significati del paesaggio è la metafora.

La metafora sta alla base di ogni descrizione generale, in geografia [28] come in tutte le discipline che si misurano con entità di significazione astratta: i semiologi stessi pongono al centro del processo connotativo il riferimento metaforico [29].

La scelta della organizzazione topologica di alcuni paesaggi tipici (o simbolici, per utilizzare il termine di Cosgrove) per la rappresentazione in un'opera d'arte è un processo di significazione metaforico, così come ogni discorso sul paesaggio che si svolge ingenuamente durante una passeggiata: ciascuno fa riferimento a ciò che percepisce parlando d'altro, richiamato da ciò che si sta percependo per somiglianza o per "rimbalzo" concettuale (seguendo un criterio di connessioni logiche, della sostanza del contenuto semantico, che da Hijelmslev in poi si chiama catena paradigmatica).

Ma soprattutto la metafora applicata al paesaggio facilita la comunicazione delle immagini più generali e archetipiche, e ciò aiuta a rendere comprensibili i valori fondamentali del territorio superando le particolarità delle culture locali, sino a raggiungere un alto potenziale di comunicazione di senso transculturale, che supera i codici ristretti a cui si appoggia l'identità locale e il particolarismo della fruizione dell'insider. [30]

D'altra parte il problema dell'utente finale non è solo un problema di comunicazione, ma anche di strategia del Piano.   Infatti si rivolgono ad un utente esterno non solo tutta la geografia e in genere le discipline descrittive del territorio (comprese l'antropologia e quella particolare applicazione che è la semiotica), ma anche una parte rilevante delle azioni previste da parte del piano territoriale paesistico di una regione a spiccata vocazione turistica come la Valle d'Aosta.

Quindi è indispensabile considerare le differenti modalità di lettura, di significazione e di rappresentazione che i diversi tipi di utenti applicano al paesaggio, a partire dalla radicale differenza tra insider "radicato" e "competente" e outsider "viaggiatore ingenuo", per tutelarne e valorizzarne le peculiarità e il ruolo in un programma di sviluppo culturale più generale.

La descrizione delle più importanti metafore suscitate dai paesaggi generali della regione diventa quindi uno dei compiti dell'indagine per il Piano, complementare alla ricognizione delle strutture poste alla base delle unità di paesaggio.[31] Ad esse fanno riferimento, nel piano valdostano, molte delle strategie attive (cioè non di tutela ma di intervento valorizzante) proposte nel piano, soprattutto per qualificare l'utilizzo turistico del territorio (ad es. i programmi di itinerari e sistemi di percorsi come la strada dell'adret, la strada dell'envers, il territorio Walser, etc.)

In conclusione si può definire il quadro complessivo dei diversi livelli in cui si è articolata l'indagine, mutuati dal processo semiotico riconosciuto in modo consolidato nel linguaggio e nella letteratura, e riferiti ad azioni e ad obbiettivi riconoscibili nella pratica della fruizione paesistica.

livelli di indagine

attività semica

obbiettivi dell'operazione

componenti significanti

(fonemi)

percezione di elementi geometrici

distinzione per contenitori ed emergenze

componenti semantiche

(parole)

riconoscimento di oggetti

(da categorie disciplinari altre)

dotazione di senso per singoli elementi

strutture segniche

(frasi)

individuazione di relazioni

(connotate da valutazioni)

dotazione di senso per insiemi: comprensione

unità di paesaggio (discorsi)

metonimie

(str.segniche elette a ruolo simbolico)

attribuzione di

identità locale

paesaggi generali (racconti)

metafore

(associazioni concettuali)

comunicazione transculturale

 


[18] Vedi R.Barthes -L'analyse structurale du récit -  in 'Communications' n.8 1981 (tr.it. in -L'avventura semiologica- Einaudi, Torino, 1991) e A.J.Greimas cit.

[19] V. Barthes, in 'Communictations' cit,

[20] Il termine è stato utilizzato per rappresentare i risultati di  numerose indagini principalmente sul'assetto geomorfologico o ecosistemico del territorio (Piano territoriale paesistico della valle del Coghinas, Sardegna settentrionale: Maciocco 1995), Piano paesistico Regione Lazio); similmente la Regione Toscana utilizza il termine 'sistemi di paesaggio' in una pubblicazione interna a cura di R.Rossi, G. Merendi e A.Vinci, 1995. In tutti i casi con le unità di paesaggio si intende restituire una sorta di organicità all'unità base di riferimento, per lo più distinguibile con tipologie date dalla più o meno articolata composizione di parti omogenee, ma comunque strutturalmente differente dalle zonizzazioni provenienti dalle indagini che distinguono unicamente le omogeneità del territorio.

[21] sulla differenza tra segno e simbolo e sulla necessità dei simboli per i processi di senso di maggiore complessità vedi, oltre a U. Eco cit., P.Castelnovi, La città istruzioni per l'uso, Torino, Einaudi, 1980

[22] Sul telma della"proprietà culturale" dei luoghi vedi P.Castelnovi e M.De Marco - Le proprietà culturali nel tessuto urbano: progetti d'uso - Uniedit, Firenze,1978

[23] Sul concetto di "pertinenza" vedi L.Prieto, Lineamenti di semiologia, Bari, Laterza,1971

[24] Sul problema dell'identità locale e del rapporto con il paesaggio si sta sviluppando un importante dibattito proprio a partire dalle indagini sulle comunità alpine. Vedi   ad es. il seminario interuniversitario di St.Oyen, con i contributi di Marengo, Gaido, Castelnovi, pubblicazione interna IGA  Grenoble, 1997.

[25] Il dibattito sui diversi livelli di indagine e di lettura ha investito spesso le radici epistemologiche della gnoseologia moderna. Per l'indagine semiotica sono interessanti le riflessioni di Prieto (ad es. in Pertinenza e pratica - ed. de Minuit, Paris - 1975 - ed.it. Feltrinelli,Milano  1976) e di Barthes (ad es. in L'analyse ... cit.); per l'indagine applicata allo spazio vissuto vedi anche Castelnovi - La città: istruzioni per l'uso - Einaudi, Torino, 1980.         In tutti i casi viene denunciato lo sfumarsi inevitabile del rigore analitico dell'indagine, crescente con il crescere del livello di aggregazione dei segni, con l'olismo progressivamente dominante nel giudizio, che impone sintesi fortemente ideologiche e il ricorso a brutali metonimie per comunicare il senso di sistemi segnici troppo complessi.

[26] In appendice si riportano due esempi di schede, in cui si leggono gli esiti progettuali per il Piano territoriale paesistico regionale dell'indagine sulle unità di paesaggio: ricomposte in Unità locali di maggior dimensioni, ospitano gli indirizzi del PTP per la disciplina delle relazioni morfologiche derivanti dalle trasformazioni territtoriali.

[27] Sulla topologia come descrittore di strutture morfologiche complesse,vedi per tutti R.Thom, Stabilità strutturale e morfogenesi, Torino, Einaudi , 1980

[28] vedi G.Dematteis, Le metafore della terra, Feltrinelli, Milano,1985,  D. Cosgrove,.Social Formation and Symbolic Landscape, Croom & Helm, London, 1984 (trad. it: Realta' sociali e paesaggio simbolico, a cura di  C.Copeta, Unicopli, Milano, 1990).

[29] vedi Barthes... cit. ;         Prieto.... cit.;

[30] sul ruolo innovativo della dialettica tra fruizione del paesaggio dell'insider e dell'outsider vedi Castelnovi - Lo svilupo sostenibile e il paesaggio che lo sostiene - contributo al seminario di Otranto 1996: Sostenibilità ambientale: approcci urbani e regionali)

[31] a livello regionale non è stato quasi mai approfondito questo aspetto dell'indagine sul paesaggio. In contesti più ridotti, per piani più dettagliati, vedi ad es. Piano ambientale del parco regionale dei Colli Euganei (a cura P.Castelnovi, R.Gambino, F.Thomasset e altri).

Informazioni aggiuntive

  • Riferimenti: Piano territoriale paesistico della Valle d’Aosta
  • Periodo: dal 1996 al 2000
  • Luogo: Valle d'Aosta