Convegno |
Torino, 10-12-2010 |
Il paesaggio per la gestione urbana
Marcello Capucci
ingegnere, emiliano, responsabile del Servizio Trasformazione e Progetto urbano del Comune di Modena
Modena ha una lunga tradizione legata al proprio territorio, di attenzione all'urbanistica. E’ una tradizione consolidata da una grande continuità politica, da un progetto condiviso di città, da una collettività che ha sposato una visione del proprio futuro e dello sviluppo a partire dal secondo dopoguerra.
Modena è una città operosa, una città del lavoro, che ha costruito la propria ricchezza sul villaggio artigiano, sulla piccola e media impresa, spesso tradotta in situazioni di eccellenza a livello italiano ed internazionale. Modena è una città equa, città dei diritti, incorporati nel tempo nei suoi strumenti urbanistici, nei PIP e nei PEEP, città dei servizi, dove la collettività si fa carico di alcuni bisogni primari, città della quotidianità, della qualità urbana diffusa e percepibile.
Oggi, tuttavia, bisogna porsi alcune domande: la collettività di allora, che ha posto le basi normative della città di oggi esiste ancora? Probabilmente da collettività fondata sul lavoro e sulla famiglia si è evoluta in forme diverse e molteplici. E' ancora un modello sostenibile quello su cui si è basata la città sino ad ora?
Una volta la città si espandeva, la popolazione cresceva, mentre oggi questo modello non è più sostenibile. La città dei servizi può mantenere le sue qualità nel tempo? Certamente è difficile mantenere le aspettative sempre crescenti dei propri cittadini, che si abituano in fretta a ciò che è stato loro garantito e chiedono nuovi servizi e una loro sempre maggiore efficienza.
I piani regolatori stessi hanno incorporato la progressiva mancanza di una visione condivisa sul futuro della città, tramutandosi in macchie di colore difficilmente leggibili ed interpretabili. Le norme urbanistiche, che fino agli anni '80 erano un libricino, sono oggi spesso contraddittorie e hanno il volume di un librone di molte centinaia di pagine, che incute timore agli addetti ai lavori.
La riqualificazione urbana una dozzina di anni fa e la spinta dei programmi complessi, hanno tuttavia fornito una nuova occasione alla città di riflettere su sé stessa, di rivedere il proprio disegno complessivo, di mettere insieme comparti urbanistici vicini, di rendere la trasformazione della città parte di un cambiamento organico.
Si è ricominciato ad esplorare la città esistente, le sue potenzialità, la città latente, i modi per aumentare il senso di appartenenza delle persone, strutturandola intorno agli spazi pubblici, messi in comunicazione tra di loro, resi luoghi forti, di erogazione dei servizi e di localizzazione delle attrezzature collettive, di aggregazione.
Nel 2005 sono state coinvolte sette università per renderle partecipi di un progetto urbano alla scala dell'intero territorio comunale, partendo dalla volontà di costruire una conoscenza del territorio, per capire di cosa la città aveva ed ha bisogno, con l'intenzione di ricomporre un disegno complessivo attraverso un approccio transcalare.
Oggi si sta lavorando in particolar modo sul riuso di alcune parti della città, occasione offerta soprattutto dallo smantellamento di un tratto ferroviario, prima cesoia del centro urbano ed ora opportunità di ridisegno, di ricomposizione, attraverso la progettazione di un percorso che dà forza al sistema della città pubblica, alla riconnessione dei suoi elementi strutturali e ai trasporti collettivi.
La costruzione progressiva e la gestione del progetto è affidata al Laboratorio della città, strumento della pubblica amministrazione per spostare la logica dai retini al disegno urbano, dove l’intero processo prende forma, si integra in un paesaggio che consente a tutti di discutere e di darsi una visione chiara e condivisa del proprio futuro.
Il progetto urbano infatti ha bisogno di tempi lunghi e di uno strumento di gestione, deve essere basato su poche regole forti ed in un elevato grado di adattabilità e flessibilità rispetto all'evolvere delle condizioni esterne. Il Laboratorio della città si propone come un luogo di formazione, di discussione, di revisione e di gestione dei progetti, di partecipazione alle scelte strutturali per il futuro della città. La disciplina urbanistica deve riuscire a rimettere al centro il paesaggio urbano, perché il paesaggio è un esito complesso che costringe a ragionare in termini organici, complessivi e non settoriali, ma anche perché ragionare di paesaggio consente di far emergere i temi nevralgici attorno ai quali concentrare il dibattito, la partecipazione, sui quali puntare per la sempre migliore qualificazione della città.