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Martedì, 07 Dicembre 2010 00:00

Il Valore del paesaggio

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Stupore (o serendipity)

 

Quando il termine serendipity si è affacciato agli orizzonti delle nostre discipline [1] ci è parso significativo considerarlo una qualità del paesaggio più che della città in sé, proprio per la struttura comunicazionale complessa e interattiva che il paesaggio comporta, struttura che sembrava contenere nelle sue pieghe la possibilità dell'evento inaspettato, della trasfigurazione tra intenzioni e conseguenze che è propria della serendipity.

Oggi riteniamo che questa scintilla possa essere il sale del progetto di paesaggio, l'accensione di quella consapevolezza e di quella terzità che andiamo cercando per l'impresa di valorizzazione.

Forse, se a questo punto è ancora ammessa una breve parentesi, andrebbe studiato il mondo arabo che vede nel commercio l'unica occupazione degna dell'uomo colto, mentre alla pastorizia e all'agricoltura (per non parlare dell'artigianato) attendono solo i poveretti(che al massimo sono furbi o saggi ma non sapienti) e al potere stanno soggetti per i quali non ci si chiede perché siano in quelle condizioni(ed è quindi casuale che siano stolti, saggi o sapienti).

Nel commercio antico c'è il motore di ogni cultura, che è la rete attiva di rapporti interpersonali e della circolazione delle informazioni: attiva in quanto cresce da sola, con poca energia inserita dai suoi membri, alimentata dall'unica regola secondo la quale ciascuno aggiunge la sua curiosità e la sua  convenienza ad essere curiosato.

Ma non è solo questo (che di fatto diventa ben presto un processo specializzato del sapere, dato dalla scuola e dal confronto di sapienti, senza alcunchè di concreto da commerciare): nel commercio si trova quello straordinario processo creativo che è la formazione del valore. Il mercato ipnotizza le menti creative nel momento in cui si forma (quando poi è attivo gestisce le produzioni in modo tendenzialmente entropico), e nel mondo nomadico archetipico, senza luoghi e senza paesaggi, ogni mercato si forma sulla base dei prodotti nuovi che vengono portati: è esplorazione e testimonianza di "altro" da lì: è Marco Polo, è la nave di spezie di Magellano, è lo zingaro di Macondo con il pezzo di ghiaccio: è insomma l'ipotesi stupefacente che esistano luoghi altri.

Ma il valore non si forma solo portando nella storia la geografia, si forma anche suscitando lo stupore da ciò che di più normale ci circonda: è il processo creativo artistico, è l'invenzione, è la scoperta: tutto ciò anima e suscita sensi di potenza e di benessere diffuso che vanno molto al di là del semplice consumo degli oggetti o dall'altra parte, del semplice guadagno marginale ottenuto dalla loro distribuzione.

La formazione del valore diventa poi un'attività in sé, in un terzo versante che è metafisico e solo psicologico, mestiere attrattivo le menti più raffinate, ed è la suscitazione pura del valore nell'altro, la formazione della curiosità e dello stupore: è Ulisse alla corte di Nausicaa, è Sheerazade nella notte, è musica e danza.

E' insomma il saper raccontare (con la parola, il suono o il corpo) che c'è ciò che nessun altro ha visto, che per un gioco di prestigio quella persona o quel luogo che credevamo di conoscere è un altro. E il paesaggio? Il paesaggio, con il cuore umano è da sempre il deposito di tutti gli stupori, di tutte le creatività più immediate (le altre creatività, appoggiate alla riflessione scientifica percorrono linguaggi molto meno comunicativi attraverso i quali non si potranno mai connettere meraviglie personali a quelle collettive).

Nella Firenze di Luzi, nella Liguria di Montale e di Sbarbaro:[2] , solo per fare degli esempi di casa c'è la testimonianza della sconfinata potenzialità della meraviglia a spiegare e contemporaneamente valorizzare il paesaggio.

Il lavoro che si potrebbe condurre è certamente quello che Massimo Quaini  ed altri hanno già iniziato, di scavo nell'accumulo di descrizioni e di sguardi meravigliati e meraviglianti dei professionisti dello stupore. Ma accanto ad esso potremmo tentare, per paesaggi precisi, una ricognizione sull'incanto ordinario, sulla poesia diffusa nelle esperienze quotidiane, sui motivi segreti dei piaceri del paesaggio e sulle avventure paesistiche che ciascuno ha nel proprio curriculum di curioso o semplicemente di osservante.


Letto 92950 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Settembre 2014 13:47