Si propone ai territori (dalle “aree interne” alle Città metropolitane) di dare spazio ad una strategia di pubblico interesse: mettere in rete e organizzare le iniziative diffuse riguardanti modi innovativi e sperimentali per migliorare la qualità della vita nei trasporti e nei servizi per i nuovi bisogni del territorio.
L’occasione è fornita dal risalto assunto in questi mesi dalle tematiche SmartCity, sinora declinate
prevalentemente in termini tecnologici ed ingegneristici, ma, nelle dichiarazioni, articolate anche per aspetti di interesse sociale e culturale: gli assi Living, People, e Governance, sinora poco più che enunciati, dovrebbero accompagnare e fare da supporto sociopolitico agli aspetti Economy, Environment e Mobility .
I corposi fondi europei, e i pur notevoli fondi italiani per la ricerca sono prevalentemente concentrati sugli aspetti Hi-tech di Smart-city, ma comunque promuovono con investimenti anche significativi l’innovazione
al servizio delle problematiche degli anziani, del welfare, della scuola, della partecipazione, dell’inclusione, della gestione del patrimonio culturale.
L’interesse pubblico per la strategia si poggia su due ipotesi “politiche”:
– che la crisi imponga l’adozione di forti innovazioni nella governance delle città e nei servizi per la qualità della vita dei cittadini, e che certamente le innovazioni più adatte alla crisi riducono i centri di spesa pubblici e si affidano alla gestione diffusa, condivisa e volontaristica dei beni e dei servizi.
– che in Europa la governance di beni e servizi assegnata ai cittadini organizzati è pratica diffusa da almeno due decenni, le buone pratiche non si contano ed emerge il ruolo fondamentale della capacità organizzativa, di integrazione intersettoriale e di circolazione dell’informazione tra soggetti interessati.
Perciò si delinea una forte caratterizzazione dell’attività e delle candidature ai bandi con progetti:
– a gestione partecipata, assegnando responsabilità sulla valorizzazione dei beni comuni e della qualità della vita a gruppi volontari di cittadini e di imprese, per lo più aggregati in associazioni del III settore no profit e no spending , con un’azione supportata dal Comune, a costo minimo iniziale e 0 a regime.
– integrati tra aspetti ambientali e quelli culturali, usando le risorse sociali disponibili per un’offerta di accessibilità e ospitalità che migliori la qualità della vita, con bilanci in attivo (dopo lo startup),
– coinvolgenti l’area metropolitana, attuando una reale perequazione territoriale tra capacità di
investimento e consumo dei centri e risorse di qualità ambientale e abitativa delle periferie.
Di seguito si specifica la proposta che:
– si fonda su alcune considerazioni innovative per arricchire il concetto di city e di smart (1 e 2);
– prospetta come “ricetta” operativa un metodo “smart” di coinvolgimento di soggetti e risorse (per lo non monetarie) sinora ai margini dei progetti high-tech per energia, rifiuti, mobilità, delineando i requisiti di un’ infrastruttura web per la sostenibilità qualificata e socialmente condivisa (3);
– traccia i riferimenti e propone servizi innovativi, smart e low-cost per una rete sperimentale di attività aggreganti e responsabilizzanti e i raccordi con strategie di razionalizzazione della res publica e politiche territoriali o settoriali in corso o in programma (4).
- Tre attributi della city adatta ad un progetto smart
a. la città è la risorsa produttiva della nuova qualità, che necessita di reti intelligenti per essere
messa a frutto. E’ possibile considerare la città come risorsa in un bilancio strategico sia per il patrimonio (la città come deposito di beni comuni da utilizzare) sia per la capacità sottoutilizzata di investimento e di energie dei suoi partecipanti (dall’ “offerta di domanda intelligente” di servizi per la qualità dell’abitare, alla quantità di tempo libero e di risorse monetarie per il suo uso).
Se da una parte si adottano per i comportamenti urbani criteri di sostenibilità e valori di riferimento (sobri nei consumi ma esigenti nella qualità degli spazi, dei rapporti interpersonali, della salute psicofisica, della stimolazione culturale), dall’altra si riescono anche a mettere a frutto le capacità di investimento non remunerato (in tempo libero, competenze e consumi) dei cittadini e le capacità di ospitalità e funzionalità, qualificate ma sotto utilizzate, dei patrimoni pubblici (di immobili, reti e competenze).
Ma le disponibilità da parte di ciascun cittadino (tutte da verificare) non sono comunque utilizzabili
mancando un quadro organizzato delle potenzialità a cui applicarsi, cioè:
– un inventario, una messa in disponibilità e un monitoraggio delle risorse in termini delle loro stesse capacità operative e degli spazi ed attrezzature (in primo luogo pubblici) sotto o male utilizzati,
– una serie di modelli associativi privati, diversamente finalizzati ma coordinati da un soggetto pubblico
– una rete di relazioni, dirette e web, che renda evidenti e colleghi le proposte e le buone pratiche, e faccia trasparenza delle situazioni critiche, attraverso costanti monitoraggi
b. la città smart è una conurbazione vasta, che contiene nel proprio territorio le risorse primarie per tentare una certo equilibrio ambientale sostenibile.
Questa dimensione metropolitana e intersettoriale coinvolge sin dalla definizione le responsabilità di chi amministra anche le parti esterne, necessarie per ottenere processi di riequilibrio.
Quindi un requisito tecnico (interessare il territorio necessario a sostenere la città) comporta un requisito politico: è necessaria una convergenza interistituzionale tra gli enti responsabili del territorio (le circoscrizioni, i comuni vicini, la provincia, i parchi etc…).
Il Comune capoluogo è il soggetto propulsore “naturale” della diffusione dell’innovazione, ma deve promuovere nuovi modelli nella consapevolezza che il territorio più esterno della conurbazione è quello che ha ancora riserve di spazi per l’innovazione integrata del costruito, per una relazione positiva della città e dei cittadini con l’ambiente non costruito, anche per ospitare nuove centralità legate al tempo libero.
c. la città coincide con la volontà dei cittadini di qualificare il senso di abitare: il soggetto smart è il cittadino attivo, che si organizza ed investe energie per una migliore qualità di lunga durata dell’abitare:
- disposto a responsabilizzarsi su programmi strategici
- consapevole degli scenari di lungo periodo
- interessato alla qualità del sociale e della sostenibilità.
Il progetto ottimale è quello che polarizza l’attenzione di questo tipo di soggetti e che li pone al centro degli investimenti smart più avanzati, aggregandoli in associazioni responsabilizzate, spostando progressivamente il quadro degli obiettivi dalla razionalizzazione dei consumi individuali a quelli di qualità dell’abitare sociale, ponendo in gioco il tempo libero (e il tempo del lavoro liberato) e i temi dello spazio pubblico, dei beni comuni, della responsabilità per azioni a costo 0 in solidarietà, sostenibilità, ospitalità.
2. Tre requisiti degli strumenti smart per la city partecipata
a. la sfida: rendere possibile la città come bene comune responsabilmente gestito e sostenibile laproduzione della qualità dell’abitare. E’ un obiettivo epocale che si attua per fasi ma che fin da subito si deveintravedere nella sua complessità, fatta non solo di doveri ma anche di piaceri. Se nella prima fase gli strumenti smart servono l’obiettivo immediato che riguarda il dovere della riduzione drastica dei costi e delle impronte complessive, le modalità e le utilities che si metteranno a punto in questa fase sono già quelle che vorremo utilizzare anche nelle fasi di maggiore progettualità e piacere. Per evitare l’orizzonte tecnocratico che incombe sulle iniziative smart di settore, sin da subito si deve puntare su una sinergia che unisca la parte tecno, per l’efficienza funzionale e la sostenibilità della macchina urbana, con la parte culturale e politica, per potenziare la capacità diffusa d’uso responsabile delle risorse (per lo più umane)sottoutilizzate
b il campo di azione di nuovo su due versanti. Per il dovere: l’uso rispettoso delle risorse non
rinnovabili (non solo energia ma natura e soprattutto tempo); per il piacere: la gestione godibile delle risorse sottoutilizzate. Tra le risorse sottoutilizzate da esplorare: in primis il tempo libero “progettante”, la cultura diffusa del paesaggio ritenuto “proprio” da ciascuno, i luoghi qualificati ma trascurati (pubblici o privati), le rendite di know-how e investimenti accumulate a scala urbana (relazioni produzioni-consumo, spazi tempi e competenze per l’assistenza e la cultura, buone pratiche del public government e dei civic entrepreneurs),
c. lo strumento per soddisfare la domanda responsabile di piacere di abitare: un’integrazione dinamica e progressiva tra l’efficienza delle reti immateriali e l’efficacia delle relazioni sociali e spaziali di prossimità.
3. Gestire lo startup: stabilire reti primarie e focus point a lenta combustione
a Sul territorio sono già presenti iniziative di enti locali o di associazioni che,autonomamente, coordinano piccoli gruppi per obiettivi simili a quelli sopra elencati, spesso inducendo tentativi virtuosi di gestione (spesso privata ma comunque di interesse pubblico) delle risorse comuni.
Purtroppo la capacità di riproduzione, di durata e di raggiungimento degli obiettivi di queste esperienze è sempre limitata drasticamente dalla ridotta dimensione, dalla mancanza di coordinamento a scala metropolitana e dalla mancanza di processi di integrazione interistituzionale e intersettoriale nelle strategie e nella governance degli enti di riferimento. Quindi lo strumento principale di cui si sente la mancanza in questa fase è una infrastruttura di collegamento e di coordinamento, in grado di mobilitare tutte le energie verso un programma strategico, articolato in molte iniziative autonome, ma comune e informato.
In termini strumentali è necessaria una rete di cooperazione interistituzionale metropolitana ed è opportuna una rete di cooperazione tra le città metropolitane. Si tratta di iniziative fondanti quella Connecting Smart City che richiede uno sforzo politico straordinario per le reti di rapporti che devono essere attivate e mantenute, ma che può essere facilitata da un portale web interattivo, gestibile anche dagli attori comprimari (le associazioni, gli enti minori, le università) e coordinato ma separato rispetto agli attuali portali di informazione, secondo modelli top-down (regionali, provinciali, dei capoluoghi).
b, In ogni caso si dovrebbero attivare e mettere in rete contemporaneamente una pluralità di
progetti, di soggetti e di enti, scontando di non poter riscontrare immediatamente dei risultati complessivi.
Quindi per dare spazio alle attese è necessario agire per fasi successive e l’alleanza generale di cui si sente la necessità si attiva per parti, da interrelare a partire da occasioni di integrazione già in atto.
Infatti alcune iniziative del tenore sopra indicato sono già in corso, con tutti i limiti della settorialità e dello scarso impegno del contesto politico per sostenerle. Tali sforzi e capacità auto-organizzative vanno prese come esempio (nella loro estrema diversità) e come tappa per la costruzione della rete complessiva. Ad es. della multiformità da mettere in sinergia: le reti di solidarietà, le iniziative del tipo “voi la crisi noi la speranza”, con orti etc., il coordinamento delle utenze (biglietto unico con trasporti etc.), le reti GAS,…
c, Oltre alle sperimentazioni ad iniziativa collettiva e alla loro raccolta in un sito virtuale, è importante segnare la prima stagione delle iniziative Connecting Smart City con alcuni luoghi rappresentativi caratterizzanti il nuovo paesaggio urbano. Perciò è importante riuscire a caratterizzare alcuni cantieri di riqualificazione del bordo o di rigenerazione di aree dismesse come vere e proprie Smart City Factory.
Nelle Smart City Factory, sulla base di un accordo con gli operatori e i progettisti, si attua l’intero processo trasformativo del territorio in un ambiente “Connecting smart city”, ad alta partecipazione e comunicazione sin dalle fasi progettuali, promuovendo soluzioni hi-tech e di green design ma accompagnate da un monitoraggio attento delle fasi post-operam, dei costi, delle reazioni dei fruitori e del mercato.
Nella fase iniziale si tratta di concentrare in siti specifici dell’hinterland le condizioni politiche, culturali ed economiche per attivare il processo, scegliendoli tra quelli in cui sono già disponibili accordi tra enti ed
operatori per importanti interventi di riqualificazione o di completamento.
Si tratterà di iniziative oggi ferme per la crisi e che possono trovare una maggiore visibilità e credibilità (anche agli effetti dei fondi da reperire e del target di utenti) non più sulle quantità ma sulle qualità offerte. In altre situazioni, si sono formati gruppi di pressione per l’attuazione di interventi di questo tipo (invertendo finalmente la logica NIMBY, che si attiva solo in occasione dei “cartelli del NO”…).
Ugualmente possono coprire il ruolo di Smart City Factory collane di iniziative vicine (ad esempio in una circoscrizione), con il comune denominatore di gestione e uso di spazi pubblici e di attività sperimentali che caratterizzano un’area urbana per uno stile riscontrabile sistematicamente in alcuni luoghi pubblici (ad esempio il verde e le scuole, o il social housing e il recupero di aree degradate etc.).
In ogni caso è necessaria una cooperazione interistituzionale per creare le condizioni normative che favoriscano le prestazioni sperimentali delle Smart City Factory. Perciò è fondamentale la collaborazione tra tecnic, politici e le associazioni, che potrebbe trovare un luogo di sintesi ed interscambio in focus point da ospitare nel portale web (punto a), per adottare versioni esigenziali dei regolamenti, per ridurre la burocrazia, peresigere meno prestazioni per l’uso saltuario e volontario di spazi, con copertura assicurativa ai gestori non pubblici, con la responsabilizzazione dei fruitori e la verifica di standard di sicurezza minimi.